mercoledì 31 marzo 2010

Rosso Bianco Verde o Viola, alla fine sempre neri dalla rabbia


Una “ditta” in Puglia licenzia 27 dipendenti con contratto a tempo indeterminato e subito dopo ne crea una nuova, riassumendo due terzi dei vecchi dipendenti con contratti da precari e, naturalmente, una notevole diminuzione degli stipendi. Il sospetto di una porcata sarebbe più che legittimo pensarlo, ora mi chiederete e dove è la notizia? È la solita azienda privata che fa il solito vecchio gioco,perché non si rivolgono ai sindacati i dipendenti? La Cgil per esempio? Sicuro!

Certamente sarebbe la prima a indignarsi promettendo fuoco e fiamme scendendo in piazza. Tra l'altro è proprio di questi giorni la notizia del tentativo di modificare l’articolo 18 da parte del governo. Allora tiriamo fuori le bandiere cappellini e fischietti e ….ma che succede il sindacato è rimasto tranquillo, muto, immobile. Niente strepiti, niente proteste. Per una ragione semplice e sorprendente: quel datore di lavoro è la stessa Cgil Puglia. Se questo non è abbastanza c’è anche la storia di un sindacalista di Lecce accusato di essersi appropriato indebitamente di 40 mila euro. Si giustifica: Se sei un dirigente della Cgil puoi prendere i soldi dalla cassa tranquillamente, non parliamo di prestito, con interessi, qui ti servi semplicemente. Un take away praticamente. Infatti dopo una denuncia ammette il prelievo delle cifre, ma dimostra che contestualmente aveva disposto un prelievo rateale sul proprio conto per ripianare il debito. Nella denuncia scrive che: «il trasferimento di quelle somme di denaro sul mio conto assecondava una prassi da sempre diffusa in Cgil, in base alla quale i dirigenti del sindacato o di strutture ad esso collegate, possono prendere in prestito del denaro per l’acquisto di beni strumentali quali l’automobile (come nel mio caso)». E vogliamo omettere anche il caso della dipendente di Castrovillari, in Calabria? Che ha lavorato per anni in nero nella Cgil, sottopagata e infine allontanata.

Concludo con una chicca per i tesserati ossia tutti coloro che lasciano una quota nella busta paga ai sindacati : i bilanci della Cgil continuano a salire. Il 2006 e il 2007 terminano in attivo, sebbene, esaminando i bilanci, emergano costi non proprio congruenti, come i 5mila euro per le brochure e i 3840 euro per 192 coperti al ristorante del Grand hotel Tiziano, in occasione del 15° Congresso Cgil. Adesso vi state chiedendo: “Ma il sindacato non è quella “cosa” che deve o dovrebbe difendere i lavoratori che subiscono soprusi da parte dei datori di lavoro. E quando assume dei dipendenti non dovrebbe …?". Carissimi anche questa è una realtà tipica del nostro bel Paese, dove si è corretti e portabandiera dei diritti degli altri nelle chiacchiere. Quando riguarda i propri interessi però sono molto meno credibili e onesti di quelle aziende che vi fanno contestare in piazza continuamente. Oggi con bandiere rosse, domani verdi, poi viola e… a fine manifestazione con i vostri soldi… al Grand hotel Tiziano.

Antonino Cimino

mercoledì 17 marzo 2010

Articolo 18: da diritti a privilegi



I lavoratori “pesanti”, con alle spalle venti , trent’anni di attività sono diventati un peso morto per l’economia per cui vanno cacciati con tutti i loro diritti acquisiti e sostituiti con i giovani precari da schiavizzare e pagare di meno, perché colti in un momento di assoluta debolezza.

Resi ricattabili e inseriti all’interno di una guerra tra poveri, i precari rimangono privi di quelle tutele che garantiscono i lavoratori già occupati, ma il vero inganno è dato sia dalla trasformazione dei rapporti di lavoro, che diventano di tipo privatistico, che dal venire “affidati” alla simbolica autorità dei giudici in caso di controversie.

Dopo anni di lotte e di sangue, il mondo del lavoro si trova indebolito e diviso perché tradito dai sindacati che, al servizio dei padronati e della Confindustria , hanno firmato accordi capestro con i governi o sono rimasti inerti di fronte a rinnovi contrattuali, dimostratisi attacchi alle condizioni di vita dei lavoratori e dei settori popolari.
L’inazione si è rivelata ancora più pericolosa di qualsiasi firma o accordo esplicito, perché nel tempo ha logorato la certezza del diritto, alimentando il senso di insicurezza che ha bloccando nei lavoratori la capacità di difendere se stessi.

Mentre la legge 1167 bis viene approvata con il tacito assenso di un’opposizione inerte, siamo tutti, più o meno colpevolmente, distratti dai guazzabugli prodotti da una legge elettorale bipartisan che nega la nostra volontà e i nostri diritti di elettori e non dà più alcuna rappresentanza alle minoranze , ma ,soprattutto, siamo colpevoli di esserci accontentati nel tempo delle briciole, mentre ai nostri danni si sta consumando la controriforma del Lavoro e del Contratto nazionale, che segue puntualmente quella della scuola, la quale nei fatti è andata a regime senza troppi ostacoli, poiché i movimenti spontanei sono stati fagocitati dai partiti e dalla burocrazia sindacale, smorzando qualunque reattività residua.

Oggi, a quasi 10 anni dal primo tentativo di emanazione di una legge che attacca nella sua essenza la Costituzione, la si ripropone aggirandola, ma, sostanzialmente, si riproduce identico il tentativo di smantellamento dell’art 18, obbligando i lavoratori a rinunciare al contratto collettivo e trasformando i sindacati in “erogatori di servizi non più agenti contrattuali” (Sergio Cofferati intervista al Secolo XIX del 4 marzo 2010).

Alla luce anche delle parole di Cofferati è stupefacente il silenzio o le tiepide risposte del più importante sindacato italiano, la CGIL che, schiava del PD, risponde con toni blandi alla legge 1167-B limitandosi a proporre un eventuale ricorso alla Corte Costituzionale; Epifani, senza dare la dovuta importanza al’attacco all’art.18, ha dichiarato che con parteciperà alla raccolta di firme per chiedere un referendum e lo sciopero del 12 diluisce la questione tra la rivendicazione di quell’elemosina dei 500 euro di sgravio fiscale e altri temi fondamentali quali la scuola, le pensioni ecc.

Un’assuefazione alle novità, di fronte al processo demolitorio dei diritti? O ancora una volta la CGIL si mostra subalterna a un PD disinteressato sulle questioni del lavoro come testimonia il fragoroso silenzio di Bersani e la supponenza di Ichino, quando afferma che ci sono cose più importanti di cui discutere della legge del 3 marzo?

Adele Dentice

Ztl a Bari Vecchia: così non va

Nel giugno 2008 a Bari Vecchia è entrata in vigore la Zona a Traffico Limitato (Ztl), in fase sperimentale. Nel senso che, l'assessore De Caro aveva rassicurato residenti e commercianti che a distanza di sei mesi, sarebbe stata indetta un'assemblea popolare sulla questione, con l'obiettivo di modificare il provvedimento in base alle reali esigenze della popolazione.

Ad oggi, è rimasto quel condizionale; non c'è stata alcuna assemblea e i problemi chiaramente sono diventati sempre più numerosi e di varia natura.

I commercianti, per esempio, si lamentano di un calo delle vendite generale. Ne è conferma la chiusura molti esercizi commerciali nella sola piazza Odegitria, comunemente chiamata piazza Cattedrale si sono chiuse una profumeria, un'edicola e un negozio di abbigliamento. A parere dell'assessore, il declino delle attività commerciali non è stato determinato dalla Ztl ma è direttamente collegato alla “crisi economica” che sta investendo la nazione; lo testimonierebbe il giro di consultazioni tra i negozi della città vecchia, da lui realizzato in una mattinata di circa un anno fa, che ha rilevato, a suo dire, pochi problemi, smentendo decisamente la tesi che il crollo delle attività commerciali di Bari vecchia fosse originato dalla chiusura al traffico del centro storico, senza essere supportato da un adeguato piano a tutela delle esigenze degli esercenti e degli abitanti; per esempio spingendo il flusso del turismo anche nelle aree non toccate dai visitatori.

Beh, se l'assessore il suo giro lo ha fatto tra i pochi negozi storici e fiorenti del quartiere, è normale che non si registrino problemi; e forse l'assessore non è nemmeno a conoscenza che lo scarico e carico delle merci è diventato ormai un incubo continuo. Non meno bene va ai residenti soprattutto a chi (specialmente anziani) non ha la patente di guida, e per le loro commissioni devono rivolgersi ai parenti stretti, come per esempio un figlio che abita in un altro quartiere e che, tra l’altro, è impossibilitato a far visita frequentemente ai propri genitori nel centro storico. Anche il pranzo domenicale che vede riunita la famiglia, valore indiscusso nella nostra tradizione, sta crollando mese dopo mese...perchè?

Semplicemente perché non si ha il pass e si rischia un mare di multe...multe che hanno gonfiato di gran lunga le casse del comune!!! E gli anziani che hanno bisogno di assistenza e di cure mediche? Pass speciali? Macchè! Queste restrizioni sono diventate solo una trafila burocratica e ore di attesa agli uffici pubblici per risolversi poi in una grande bolla di sapone, oltre a favorire una forma di business speciale che vede arricchirsi notai e assicurazioni: il passaggio di proprietà dell'auto! L'unica soluzione che il comune dispone per assegnare il pass.

Da alcuni giorni poi stanno installando le telecamere che monitoreranno i passaggi di tutte le auto per verificare che tutte siano dotate del tagliando e che non ci siano violazioni di alcun tipo, come i divieti di sosta e di circolazione per gli stessi residenti. Si favorirà così la collocazione dei vigili in altro impiego che da piantoni diventeranno ancora una volta soltanto esecutori di multe anziché garanti di sicurezza pubblica.
Bene anzi male, la lista potrebbe ancora continuare per non so quante pagine. E' importante dire però e in questo mi collego alle mie prime parole che l'installazione in corso delle telecamere è un modo per dirci che la Ztl è oramai definitiva, disattendendo le promesse fatte agli abitanti e apporre quelle modifiche promesse. Certo, se voglio guardare un po' di positività, ritengo che si può circolare meglio senza il rischio di essere investiti...la stessa piazza è (quasi) sgombra di macchine, ma è vuota di persone, di sorrisi, di vita.

Angelo Cassano

venerdì 12 marzo 2010

Una sconfitta improbabile...ma auspicabile



Come sanno bene i suoi fans accaniti in Puglia e nel resto d'Italia, il personaggio politico e prodotto pubblicitario Nichi Vendola deve assolutamente vincere per una seconda volta le elezioni regionali in Puglia, possibilmente con un margine di vantaggio più netto sugli avversari rispetto al risultato del 2005 (allora, 14000 voti in più di Fitto). Soprattutto... per allontanare il fantasma di una sconfitta che si ripercuoterebbe in negativo sulla forza politica che il governatore uscente della Regione Puglia guida a livello nazionale, Sinistra Ecologia e Libertà.

I suoi supporters di tutt'Italia, senza che nessuno li contraddica, parlano di 5 anni di governo regionale modello e "progressista" da ogni punto di vista, esportabile in altre regioni e buono per il governo nazionale. Logico quindi un indiretto successo del progetto di Sinistra e Libertà in tutta Italia con la vittoria del suo leader in Puglia. E la vittoria pare più che probabile: intanto grazie ai centristi che sembra proprio abbiano candidato la Poli Bortone apposta per favorire il demagogo di Terlizzi togliendo voti a Rocco Palese del PDL. Inoltre Vendola, che l'UDC lo corteggia da prima delle primarie con Boccia, può contare sul sostegno del PRC ferreriano: il suo ex-partito che gli ha lanciato anatemi per un biennio e ora come previsto lo appoggia alle regionali, non mostrando alcuna credibilità agli occhi della potenziale base al di là di estremismi solo verbali. Certo bisogna tener conto del PD e dell'avversione del suo 'apparato' verso il governatore uscente (contrapposizione dal sapore fittizio/di superficie e a carattere contingente), motivo di vanto per i vendoliani. Ma davvero gli eventuali voti disgiunti dei dalemiani (per la Poli Bortone) sarebbero così incidenti sul risultato?

Il punto di forza di Vendola è l'enorme visibilità propagandistica sui canali di comunicazione di massa, frutto del suo leaderismo ipertrofico e dei suoi discorsi ricolmi di affabulazioni retoriche e melense, fatte passare per poetici slanci di passione politica. Assi nella manica sono anche l'invasione delle città con la cartellonistica (quella delle filastrocche demenziali), le elefantiache kermesse pseudoculturali a nome e coi fondi della Regione (festival del cinema e primavere dei diritti), l'uso massiccio del web. L'effetto è il formarsi spontaneo di adunate di fans deliranti spinti alla fede religiosa per "Nichi", di ogni età e specie giovani: la generazione Facebook-dipendente che inonda la rete dei bollettini coi presunti successi della giunta (bollenti spiriti, energia eolica, acqua pubblica, no al nucleare...) e si ritrova nelle "fabbriche di Nichi", versioni odierne dei comitati elettorali americanoidi del 2005 che il presidente promise di lasciare aperti perchè la sua gente non lo "lasciasse solo" durante il mandato...e furono subito chiusi.

Durante questa competizione elettorale (a cui non partecipiamo) non solo vogliamo sfatare il mito di una "rivoluzione gentile" nella nostra regione, e la realtà dei fatti in questo ci è amica, ma rendere noto che il progetto di cui Vendola si fa promotore a livello nazionale è una rischiosa trappola di sistema per tanti cittadini ed elettori - e perciò ha il beneplacito di tutti i poteri forti del nostro paese, che le riservano crescente attenzione mediatica.

Il modo di fare politica dei vendoliani non è nato ieri e non solo in Puglia. E' riconoscibilissimo da più di un decennio, anzi ha radici più risalenti. Nichi Vendola ha formato il nucleo principale di Sinistra e Libertà con quella che è stata per 16 anni la maggioranza dirigente di Rifondazione Comunista, ereditandola quasi in blocco dal suo padrino e mentore Fausto Bertinotti.
Questo "nuovo che avanza" ha alle spalle una storia di alleanza quasi ininterrotta col centrosinistra, cioè con coloro che al governo si sono dimostrati i peggiori guerrafondai, privatizzatori e liberisti, cioè i rappresentanti degli interessi delle grandi imprese e delle banche (ricordarlo che fatica!) oltre che puntello dell'influenza americana nella politica interna.
Salvo due sole rotture di rilievo e comunque di breve durata, il PRC bertinottiano (Vendola compreso) ha sempre appoggiato in modo diretto o indiretto quello schieramento, dando in dote i voti degli elettori traditi e dei propri parlamentari. Ed ha fatto lo stesso a livello locale ottenendo incarichi e privilegi in cambio dell'entrata in giunte di centrosinistra.

Tale strategia andava legittimata per accreditarsi una volta per tutte nelle stanze del potere senza scontentare la base. La cricca di Bertinotti ha così normalizzato il PRC, già nato con l'enorme difetto di essere stato concepito da esponenti provenienti quasi tutti dal PCI, partito i cui grandi meriti sono i "compromessi storici" eterni, il controllo e soffocamento dei conflitti sociali, la persecuzione contro i critici della linea (matrice del menopeggismo sinistrese odierno), l'aver partorito "mostri" come D'Alema, Bersani, Veltroni.

La genesi del vendolismo sta nel processo di mutazione neocraxiana con cui si è cancellato quel poco che il PRC aveva di incompatibile con il sistema, soprattutto dal punto di vista della cultura politica.
E' stato bonificato il linguaggio con espressioni grottesche: riduzione del danno, contaminazione feconda, o "connessione sentimentale con il popolo di sinistra". Si è predicato il "partito di lotta e di governo", definendo "errori" le nefandezze dei "governi amici" votate dai parlamentari PRC e incorraggiando l'odio maniacale della base contro Berlusconi, per votare tutti uniti il "meno peggio" salvando la mistica "unità della sinistra" contro il "ritorno delle destre". In politica estera i popoli resistenti armati sono stati ridotti a "terroristi" con pretesti non-violenti, o demonizzati i paesi estranei od ostili all'orbita americana (Serbia, Cuba, Russia e oggi Venezuela, Iran...) aderendo alle veline dei mass-media.
Si è cercato quindi di attrarre il più possibile persone del ceto medio snob agiato, tanto rancorose verso la gente semplice (ritenuta ignorante e berlusconiana) quanto amanti di smielati discorsi buonisti e desiderosi di un partito leggero, d'opinione. Nei congressi si sono tesserati in massa i "cammelli" portavoti per la maggioranza bertinottiana che acquisiva i posti chiave negli organismi centrali, nelle realtà locali, tra le liste di candidati, nei centri culturali e nella stampa di partito, arrivando a calare le scelte e le iniziative dall'alto senza consultare gli iscritti e umiliando le correnti di minoranza. E diversi movimenti popolari e apartitici sono stati incanalati in dinamiche elettoraliste e fatti oggetto di cooptazioni nella gerarchia organizzativa, minandone l'indipendenza e la genuinità delle battaglie.
Così le sezioni diventavano club di ritrovo per radical-chic e ragazzetti "alternativi" di famiglie bene, con i dissenzienti pressati e costretti ad allontanarsi, con interi circoli in rotta con la linea governista/revisionista abbandonati a se stessi e fatti chiudere. Per tacere della militanza politica ridotta alla difesa dei "diritti civili" e rimpiazzata dalle comparsate in tv di qualche guitto (es. Vladimir Luxuria).
Risultato: il PRC ovunque servo fedelissimo del centrosinistra mentre Bertinotti interpretava nei talk-show il ruolo farsa di integerrimo Robin Hood. Un 6-7% di italiani ci ha anche creduto...ma non per sempre.

Solo due anni fa la "sinistra radicale", tanto serva da espellere due senatori contrari al rifinanziamento della guerra in Afghanistan (caso Turigliatto-Rossi, 2007) e tanto sciocca da non capire che a breve il menopeggismo e il votoutilismo le si sarebbero ritorti contro, si è quasi suicidata elettoralmente per entrambe le ragioni (elezioni politiche 2008).
Ora siamo nel 2010 e fanno tutto come prima. Vendola è protagonista indiscusso della politica della realtà virtuale, quella di Youtube e delle convention all'americana, lasciato nel frattempo ad altri il "cerino in mano" della rappresentanza testimoniale comunista per nostalgici. E' papabile per un futuro ruolo di leader del centrosinistra, un "Obama italiano" che rimpiazzi i grigi burocrati delle coop rosse tutti segretari e tutti rivali, al grido orwelliano di "Io Sogno. Io Amo. Io non ho Paura".
E' sostenuto sempre dai soliti ex-parlamentari, assessori, consiglieri, intellettuali chacchierati, professori universitari, giornalisti, nani e ballerine, tutti responsabili o compromessi e tutti ancora sulla cresta dell'onda, senza la minima autocritica o presa di distanza.

Ma il suo vero complice è il "popolo di sinistra", la middle class benestante, conformista e aristocratica dal linguaggio politically correct, che vomita meschinità sugli italiani "geneticamente di destra" spacciandosi per parte sana del paese e poi si stupisce perchè non vince le elezioni, propugnatrice dell'americanizzazione della politica (primarie+talk show+facebook), totalmente ostile a un analisi critica del reale che è invece il presupposto base di una forza antisistema. Ecco a chi piacerebbe un bel fantoccio mediatico con la parlantina poetica, che guidi l'agognata ricostruzione della sinistra, ossia riaggregazione di cocci di ceto politico disoccupato e disposto a sostenere sempre e comunque loschi figuri e venditori di fumo spacciati per "male minore" (come il razzista e inquisito De Luca in Campania).
Sia chiaro, per ora rimane un progetto con percentuali irrisorie, un affare di piccoli borghesi in minoranza in Italia (vedi "popolo viola"), ma è molto forte il pericolo che facciano presa sui lavoratori e i ceti produttivi impoveriti grazie ai mass-media e con la retorica demagogica. A tutto vantaggio di un centrosinistra che vuole ricomporsi per non scomparire.

Bisogna proprio sperare nella memoria e nell'incorreggibile materialismo dei pugliesi, oltre che nei tanti disillusi che ricordano bene le vicende eclatanti (scandalo della sanità, cacciata di Petrella dall'AQP) per vedere questo abominio incepparsi, punito dagli elettori. Come si può pensare oggi che Vendola sia così "estremista" e diverso da Palese o dalla Poli Bortone? Come è possibile una "primavera pugliese" in coalizione con gli ex-DS e Margherita che opereranno di nuovo le scelte fondamentali della giunta assecondando gli affari del Tedesco o Frisullo di turno, sempre con l'appoggio sottobanco del centrodestra?

Bisogna smascherare e contrastare, per liberarsene, tutte le forze fintoradicali e portatrici d'acqua, sia come ceti politici che come apparati ideologici di fiancheggiamento. Il crollo di Vendola e di SEL sarebbe un obiettivo in tal senso, sempre meno probabile ma ben più che auspicabile.

Andrea Russo

lunedì 1 marzo 2010

Scuola e università: la svendita bipartisan



Lo snaturamento del carattere pubblico della scuole e dell’Università non passa solo attraverso l’assunzione di modelli organizzativi e dal coinvolgimento dei privati nelle scelte strategiche; la logica della privatizzazione attraversa tutto ciò che riguarda il “diritto alla studio" (sostegno dei meritevoli privi di mezzi, art.34 della Costituzione). La negazione del diritto è inequivocabile nel nuovo assetto dell’Università quando si annuncia che il merito è determinato solo dal sacrificio individuale (DDL 10/ 2009); non si parla più quindi di diritto ma di “promozione dell’eccellenza” che si può realizzare attraverso il “mero” prestito (art 4 c.7) amministrato dalla CONSAP (art 4 c.4), una SpA controllata dal Ministero dell’economia che si occupa di servizi assicurativi e del fondo Vittime della Strada.

La trasformazione delle Scuole e delle Università in fondazioni di Diritto Privato, favorita dal PD che ha proposto di incentivare i privati nel Governo delle Università e già pensata dagli anni '90 da Berlinguer e successivamente da Bersani, è stata definita dall’associazione dei Rettori CRUI come una occasione unica e irripetibile, così come importate è la presenza nei CdA della presenza di soggetti esterni legati all’Industria (il 40% 19-febbraio 2009); l’unico limite è determinato dalla scarsità dei fondi, ma saranno i privati a compensare il deficit economico e le Università saranno pronte alla loro Svendita, così come le Scuole Secondarie Superiori, ormai già trasformate in comunità aperte in concorrenza tra loro e piegate al mercato.

Il processo riformistico, che si è abbattuto sulla scuola e sull’Università, ha travalicato lo stretto contingente politico accomunando governi e partiti di diverso orientamento politico, pensiamo alla madre di tutte le riforme, la legge Bassanini, a quella sull’autonomia, alla legge sulla parità scolastica, alla riforma del Titolo V della Costituzione. In questo senso la Gelmini oggi non può vantarsi di una riforma epocale della scuola, perché la Storia è cambiata diversi anni fa, nel periodo in cui la rossa Emilia Romagna introdusse per la prima volta i finanziamenti pubblici alle scuole private (con la Legge regionale Rivola, poi riconfermata e peggiorata dalla Legge regionale Bastico). Esempio subito seguito dalle amministrazioni periferiche comunali e provinciali , che iniziarono ad erogare finanziamenti alle scuole private . Tutti atti preparatori alla famigerata legge sulla parità scolastica del governo D’Alema che ha liberato finanziamenti dello Stato alle scuole paritarie, dando il via alla destrutturazione della scuola pubblica e trasferendo la responsabilità politica della formazione e dell’istruzione dallo Stato al privato con il colpevole silenzio assenso delle rappresentane sindacali. Questo è stato il vero cambiamento epocale!

E oggi quale futuro si prospetta per la scuola e i suoi lavoratori? I tagli hanno indebolito scuole prestigiose, mentre le scuole di periferia o meno importanti sono state messe in seria difficoltà, senza soldi non si possono fare più corsi di recupero, né provvedere adeguatamente alla manutenzione e alla pulizia dei locali (con tagli del 25% si possono pulire a giorni alterni!), per gli operatori poi si aprono scenari di precarietà, licenziamenti, nel migliore dei casi mobilità, e per gli studenti? Per loro rimane la scuola di eccellenza ovviamente privata, inaccessibile alla maggior parte delle famiglie, la fascia intermedia si dirigerà verso i licei mentre le scuole professionali destinate ai proletari e stranieri, impoverite tra l’altro di ore e discipline perchè «il numero delle ore di lezione si riduce in tutti gli indirizzi per rendere più sostenibile il carico orario delle lezioni per gli studenti»; intanto, già dai 16 anni, gli studenti potranno usufruire di contratti di apprendistato nelle aziende, così queste ultime saranno libere di licenziare e attingere manovalanza a costo zero.

Una scuola scadente, sporca e razzista, già perché c’è il capitolo del tetto massimo del 30% di studenti stranieri per lo più con un basso tasso di alfabetizzazione a causa dell’assenza di servizi rivolti a questi ragazzi, quindi con un aumento dell’emarginazione e dell’esclusione sociale; altro che integrazione!

Di fronte a questo disastro e vicini ad uno sciopero a ridosso delle elezioni, che non scongiurerà le migliaia di licenziamenti, ci si chiede dov’è andato a finire il popolo della scuola, gli studenti, i genitori e quella volontà di lotta emersa dallo sciopero del 30 ottobre 2008; dove sono andate a finire quelle risposte forti che dovevano far indietreggiare il Governo; tutto si è andato disperdendo nella burocrazia dei sindacati sia di quelli filogovernativi, sia della CGIL che ha alimentato, colpevolmente, le illusioni dei lavoratori dando per certo interventi della magistratura che avrebbero “bloccato le riforme”. Così il movimento si è lasciato ingoiare da settarismi e dalla resistenza individuale, mentre tutto veniva celermente approvato e messo a regime, approfittando dell’immobilismo della categoria che si è lasciata ingannevolente guidare dall’opposizione di facciata, su cui si è collocato quel mondo politico e sindacale responsabile di aver gettato acqua sulla protesta raccogliendo poche briciole buone solo a dividere.

Adele Dentice