mercoledì 28 aprile 2010

Il futuro dell'acqua



Il 25 aprile è iniziata la raccolta di 500.000 firme per sostenere i tre quesiti referendari che mirano, sostanzialmente, ad abolire il recente art. 15 del D.L. 135 teso alla definitiva mercificazione dell’acqua bene essenziale alla vita, defraudando, così, il cittadino del diritto all’acqua come bene pubblico disponibile e di ottima qualità.

Dopo aver sonnecchiato, atteggiamento molto comune negli ultimi tempi quando non ci si vuole esporre più di tanto, o addirittura essersi mostrati favorevoli alla sua privatizzazione o a forme di gestione integrata società a gestione mista (mozione Maniglio 20 gennaio 2009), oggi , visto il gran successo di pubblico, si fa a gara per aderire alla raccolta firme. Un dato trascurabile, in virtù dell’importanza della questione, se non emergesse una contraddizione di fondo: quando si difende l’acqua dalla sua mercificazione, bisogna anche difenderne la qualità l’acqua deve essere disponibile ma soprattutto deve essere buona e non avvelenata.
La vocazione ecologica di molti partiti diventa dubbia quando sono essi stessi a sostenere prolificazione di certi impianti altamente inquinati, è stato lo stesso Governatore della Puglia, che nel gennaio del 2010 ha affermato l’improrogabile necessità di installare, per risolvere la questione rifiuti, 5 inceneritori nella nostra regione, “che ci fanno guardare con tranquillità al futuro”.

Ma gli inceneritori inquinano l'acqua subito.

L’esperienza ci insegna che il prelievo indiscriminato dell’acqua da parte delle SpA dei privati (cfr. inceneritori e centrali vari), ha consentito l’impoverimento progressivo delle acque di superficie e il deterioramento della qualità delle acque, e chi è un minimo informato sa benissimo che certi impianti hanno bisogno di acqua, molta acqua.

E allora che senso ha farci bere acqua pubblica e “poco costosa”, ma avvelenata, in una regione, tra l’altro, già martirizzata dal suo terribile inquinamento e dalle sue dolorose ripercussioni sui cittadini ?

Adele Dentice

mercoledì 21 aprile 2010

Soluzione finale



Finalmente ci siamo! La soluzione finale della scuola pubblica è una realtà , e il suo affossamento si porterà via anche gli antiquati principi anni ’50 di eguaglianza, parità sociale, libertà, su cui era stata fondata.

Ognuno si deve poter misurare "con le persone che sceglie, e deve poterle valutare e anche cambiare, se queste non funzionano".. affermava poco più di due anni fa il Ministro fantoccio Gelmini e ora il decreto è pronto e quella tanto agognata chiamata diretta dell’Aprea vedrà la luce con l’aiuto di Formigoni, che promuove un modello di scuola pubblica sempre più vicino a quello della scuola privata. Nella pratica saranno introdotti albi professionali regionali per i docenti cancellando le attuali Graduatorie ad Esaurimento e i presidi PESCHERANNO i docenti direttamente dagli albi. Così il vecchio sistema trasparente che garantiva lavoro sulla base di titoli ed esperienza viene sostituito da una scuola federale che valuterà i docenti sulla base di provvedimenti discriminatori e protezionistici. Un sistema che non farà che aumentare le molteplici contraddizioni in cui la scuola è già inserita. Contraddizioni che si articoleranno sempre di più su vari livelli: fra logiche politico-clientelari e diverse cordate d'interesse; fra il personale tecnico amministrativo e le dirigenze; fra le masse sempre più numerose di docenti esclusi dal mondo del lavoro, anche sulla base del luogo di nascita; di studenti rifiutati dai livelli della formazione per essere precocemente immessi nel mercato del lavoro; dell’ istituzione di meccanismi sempre più rigidi di selezione, repressione e controllo. L’ultimo passo sarà l’eliminazione del valore legale del titolo di studio e poi finalmente l’affossamento della scuola pubblica sarà completo.

Un indebolimento che viene da lontano se il ministro di “sinistra“ Berlinguer Il Distruttore concepì e avviò una scuola intesa come un laboratorio riservato esclusivamente a esperimenti affaristici e reazionari. Fu l’allora ministro della Pubblica Distruzione che, dimentico dei programmi elettorali del 1996, sostituì l’elevazione dell’obbligo scolastico a 18 anni con l’obbligo formativo, cioè una riedizione del caro, vecchio e reazionario avviamento professionale. Di cosa ci lamentiamo, quindi, se i rappresentanti di questa opposizione fasulla non spendono che poche parole di circostanza in merito ai vergognosi contratti di apprendistato legati all’abbassamento di un anno dell’obbligo scolastico? E sulle chiamate dirette, come si esprimeranno i nostri rappresentanti o meglio cosa faranno se non uno sciopero miserrimo e un’andata a Roma a protestare con poche centinaia di fedelissimi, e sul destino di decine di migliaia di persone vessate dai nuovi modelli contrattuale che hanno come obiettivo condiviso quello di impoverire i lavoratori sbattendoli fuori senza tanti complimenti, e sul feudalesimo scolastico e la configurazione di Presidi bulli che infesteranno le scuole protagonisti e gestori della vita dei lavoratori o di chi aspira ad esserlo, cosa verrà detto o fatto?

Sarò pessimista ma come al solito mi aspetto un dissenso che ha il sapore amaro dell’approvazione. Intanto il 25 aprile festeggeremo la sconfitta di quelle forze che lottarono per la libertà e l’uguaglianza, le stesse forze che proposero una Costituzione in cui la scuola si determinava come il più importante strumento di rivoluzione sociale.

Adele Dentice

lunedì 19 aprile 2010

Presentazione del libro di Gianni Lannes "NATO: COLPITO E AFFONDATO"



VENERDI 23 APRILE, ALLE ORE 18.00
PRESSO LA LIBRERIA LATERZA DI BARI
PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI GIANNI LANNES

"NATO: COLPITO E AFFONDATO. LA TRAGEDIA INSABBIATA DEL FRANCESCO PADRE"

LA CITTADINANZA È INVITATA A PARTECIPARE

domenica 4 aprile 2010

Le leggi speciali...e i sindacati balbettanti



La privatizzazione della legge nell'arbitrato; il "collegato lavoro” L. 1163. Ovvero, l’inganno della “certificazione dei rapporti di lavoro” e della "espressione della propria volontà”.

E’ una legge che ci riporta al Medioevo, una legge in gestazione già da due anni e per due anni le opposizioni compiacenti e i sindacati, servi della Confindustria e del padronato, non hanno fatto nulla per ostacolarne
l’evoluzione. C’è da chiedersi, infatti, come mai durante i 4 passaggi al Parlamento i lavoratori non sono stati avvisati di ciò che si stava organizzando ai loro danni Sembra il dejà vu della Controriforma della Scuola con la finta ostilità anacronistica che facilita la realizzazione di un provvedimento di legge “condiviso da tutti”.
Così mentre si tolgono diritti ai lavoratori (maturati, questo val bene ricordarlo sempre, in più di 100 anni di lotta), ai sindacati vengono offerti poteri e funzioni normalmente erogate dallo Stato concretizzando finalmente il progetto della loro statalizzazione,come premio per aver firmato negli ultimi decenni contratti capestro o di aver parlato d’altro mentre procedeva indisturbato il cammino della legge 1167 bis.

A parte il tardivo e ormai inutile risveglio della CGIL, le forze politiche che si definiscono di sinistra, presenti o meno in Parlamento, in questa fase risultano “distratte” dalle manifestazioni di piazza o dalle campagne elettorali e le affermazioni scandalizzate (tra l’altro molto deboli) sembrano una strategia più per controllare le eventuali battaglie in difesa del posto di lavoro, che per volere veramente attivare una protesta costruttiva. Stesso copione visto nella scuola , i partiti entrano nei movimenti spontanei fagogitandoli e svilendone la forza e l’autonomia e, nel frattempo, si va avanti indisturbati verso la “modernizzazione dei servizi e dei rapporti di lavoro”!

Il “collegato lavoro” L. 1163 bis è una brutta legge che stabilisce la possibilità di deroghe alla applicazione di leggi e del contratto nazionale, autorizzando la stipula di contratti individuali peggiorativi rispetto alla normativa generale e ha l’obiettivo di rimediare alla lentezza dei giudizi delle cause di lavoro sostituendo la giustizia pubblica con quella privata (arbitrati). In realtà si impedisce l’autodifesa legale consentendo di “affidare” la legislazione del lavoro a quei sindacati che rispondono alle esigenze delle controparti aziendali.

Secondo questa normativa si potranno regolarizzare anche contratti individuali con retribuzioni e diritti diversi da quanto stabilito nei contratti nazionali di lavoro e il dipendente “potrà” anche rinunciare a priori al diritto di rivolgersi al magistrato in caso di controversie, per rivolgersi ad un arbitro. In teoria, ma solo in teoria, il lavoratore può liberamente discutere con il futuro datore di lavoro l'opportunità di deferire anticipatamente in arbitri anche le eventuali future questioni, compreso il licenziamento e le conseguenze della sua illegittimità; è un’ipotesi fantomatica in quanto presupporebbe da parte del futuro dipendente pari forza, mentre sappiamo tutti che in fase di assunzione si è in una posizione di debolezza e subalternità.
La verità è che si forniscono al datore di lavoro mezzi efficaci per contrastare qualunque ricorso giudiziario, facendo sparire nella sostanza il principio di “giusta causa” nel contratto individuale; inoltre, riducendo la funzione al solo controllo formale, si impedisce al giudice di valutare i provvedimenti del datore di lavoro non potendo più entrare nel merito delle decisioni aziendali; nel contempo all’azienda sarà garantita la possibilità di licenziare sulla base della situazione del mercato, dell’anzianità del lavoratore e delle sue condizioni di salute, in palese violazione del principio favor lavoratoris, L. 533/73. E questa sarebbe la “libera espressione della propria volontà”!!!

E i Sindacati, in caso di controversia e conciliazione che ruolo avranno? Basta leggere attentamente l’art.31 della suddetta legge da cui si evince che le commissioni di conciliazioni saranno composte da 4 rappresentanti dei datori di lavoro e 4 rappresentanti dei sindacati , non “eletti”, ma “scelti” dai sindacati "maggiormente rappresentativi a livello territoriale" (o meglio vicino alle aziende). Tutto in linea con l’accordo del 22 gennaio scorso tra Governo CISL, UIL, UGL e Confindustria, secondo cui il lavoratore licenziato senza giusta causa (non licenziabile), con la clausola sarà obbligato a rivolgersi all’arbitro, che non sarà tenuto ad applicare l’art.18 ma deciderà “secondo equità”...cioè come gli pare (al massimo un risarcimento o una multa al datore di lavoro da una a 12 mensilità).

Si delinea quindi uno scenario futuro in cui sempre di più si diffonderanno i contratti co.co.pro e sempre meno saranno riconosciuti i risarcimenti per contratti irregolari.
Contratti tra l’altro tipizzati da consulenti del lavoro, che avranno il compito di certificarli e di sciogliere i nodi di una procedura complessa e piena di trabocchetti per i lavoratori, i quali saranno costretti a rivolgersi a queste figure professionali non a caso in espansione soprattutto nel Sud Italia, come si evince dagli albi professionali il cui numero è aumentato in pochissimi anni da 17.000 a 25.000 (!).

Un’altra sorpresa, tra le tante, riguarda i dipendenti pubblici e l’80% delle lavoratrici; all’art. 16 , infatti, si legge che le amministrazioni “possono riesaminare i provvedimenti di trasformazione, dovendo in ogni caso prevalere il buon andamento delle amministrazioni”, in pratica si tratta della revoca senza preavviso del part-time provvedimento che non prevede alcuna possibilità di difesa e si fonda sulla “discrezionalità” del dirigente o della commissione deposta a decidere. Un provvedimento anacronistico che segue la riforma Brunetta con il quale si rende imputabile del fallimento delle P.A. i dipendenti e non il sistema politico-clientelare che ne ha caratterizzato l’impianto da decenni.
In quest’ottica vengono penalizzati anche i lavoratori che vivono in famiglia il dramma dell’handicap grave, infatti l’art. 24, appone una variazione riduttiva alla legge 104 del 1992 in merito alla regolamentazione dei permessi per assistenza; il diritto viene contratto sensibilmente poiché non potrà essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona e solo i genitori possono usufruirne congiuntamente, ma alternativamente.

Con queste riforme si retrocede al medioevo e al potere assoluto che aggredisce il diritto al lavoro nelle procedure, rese vere e proprie trappole, e nel trasferimento ai sindacati dei diritti dei lavoratori, quei sindacati che sono dalla parte dei padroni e ne tutelano gli interessi.

Adele Dentice