domenica 4 aprile 2010

Le leggi speciali...e i sindacati balbettanti



La privatizzazione della legge nell'arbitrato; il "collegato lavoro” L. 1163. Ovvero, l’inganno della “certificazione dei rapporti di lavoro” e della "espressione della propria volontà”.

E’ una legge che ci riporta al Medioevo, una legge in gestazione già da due anni e per due anni le opposizioni compiacenti e i sindacati, servi della Confindustria e del padronato, non hanno fatto nulla per ostacolarne
l’evoluzione. C’è da chiedersi, infatti, come mai durante i 4 passaggi al Parlamento i lavoratori non sono stati avvisati di ciò che si stava organizzando ai loro danni Sembra il dejà vu della Controriforma della Scuola con la finta ostilità anacronistica che facilita la realizzazione di un provvedimento di legge “condiviso da tutti”.
Così mentre si tolgono diritti ai lavoratori (maturati, questo val bene ricordarlo sempre, in più di 100 anni di lotta), ai sindacati vengono offerti poteri e funzioni normalmente erogate dallo Stato concretizzando finalmente il progetto della loro statalizzazione,come premio per aver firmato negli ultimi decenni contratti capestro o di aver parlato d’altro mentre procedeva indisturbato il cammino della legge 1167 bis.

A parte il tardivo e ormai inutile risveglio della CGIL, le forze politiche che si definiscono di sinistra, presenti o meno in Parlamento, in questa fase risultano “distratte” dalle manifestazioni di piazza o dalle campagne elettorali e le affermazioni scandalizzate (tra l’altro molto deboli) sembrano una strategia più per controllare le eventuali battaglie in difesa del posto di lavoro, che per volere veramente attivare una protesta costruttiva. Stesso copione visto nella scuola , i partiti entrano nei movimenti spontanei fagogitandoli e svilendone la forza e l’autonomia e, nel frattempo, si va avanti indisturbati verso la “modernizzazione dei servizi e dei rapporti di lavoro”!

Il “collegato lavoro” L. 1163 bis è una brutta legge che stabilisce la possibilità di deroghe alla applicazione di leggi e del contratto nazionale, autorizzando la stipula di contratti individuali peggiorativi rispetto alla normativa generale e ha l’obiettivo di rimediare alla lentezza dei giudizi delle cause di lavoro sostituendo la giustizia pubblica con quella privata (arbitrati). In realtà si impedisce l’autodifesa legale consentendo di “affidare” la legislazione del lavoro a quei sindacati che rispondono alle esigenze delle controparti aziendali.

Secondo questa normativa si potranno regolarizzare anche contratti individuali con retribuzioni e diritti diversi da quanto stabilito nei contratti nazionali di lavoro e il dipendente “potrà” anche rinunciare a priori al diritto di rivolgersi al magistrato in caso di controversie, per rivolgersi ad un arbitro. In teoria, ma solo in teoria, il lavoratore può liberamente discutere con il futuro datore di lavoro l'opportunità di deferire anticipatamente in arbitri anche le eventuali future questioni, compreso il licenziamento e le conseguenze della sua illegittimità; è un’ipotesi fantomatica in quanto presupporebbe da parte del futuro dipendente pari forza, mentre sappiamo tutti che in fase di assunzione si è in una posizione di debolezza e subalternità.
La verità è che si forniscono al datore di lavoro mezzi efficaci per contrastare qualunque ricorso giudiziario, facendo sparire nella sostanza il principio di “giusta causa” nel contratto individuale; inoltre, riducendo la funzione al solo controllo formale, si impedisce al giudice di valutare i provvedimenti del datore di lavoro non potendo più entrare nel merito delle decisioni aziendali; nel contempo all’azienda sarà garantita la possibilità di licenziare sulla base della situazione del mercato, dell’anzianità del lavoratore e delle sue condizioni di salute, in palese violazione del principio favor lavoratoris, L. 533/73. E questa sarebbe la “libera espressione della propria volontà”!!!

E i Sindacati, in caso di controversia e conciliazione che ruolo avranno? Basta leggere attentamente l’art.31 della suddetta legge da cui si evince che le commissioni di conciliazioni saranno composte da 4 rappresentanti dei datori di lavoro e 4 rappresentanti dei sindacati , non “eletti”, ma “scelti” dai sindacati "maggiormente rappresentativi a livello territoriale" (o meglio vicino alle aziende). Tutto in linea con l’accordo del 22 gennaio scorso tra Governo CISL, UIL, UGL e Confindustria, secondo cui il lavoratore licenziato senza giusta causa (non licenziabile), con la clausola sarà obbligato a rivolgersi all’arbitro, che non sarà tenuto ad applicare l’art.18 ma deciderà “secondo equità”...cioè come gli pare (al massimo un risarcimento o una multa al datore di lavoro da una a 12 mensilità).

Si delinea quindi uno scenario futuro in cui sempre di più si diffonderanno i contratti co.co.pro e sempre meno saranno riconosciuti i risarcimenti per contratti irregolari.
Contratti tra l’altro tipizzati da consulenti del lavoro, che avranno il compito di certificarli e di sciogliere i nodi di una procedura complessa e piena di trabocchetti per i lavoratori, i quali saranno costretti a rivolgersi a queste figure professionali non a caso in espansione soprattutto nel Sud Italia, come si evince dagli albi professionali il cui numero è aumentato in pochissimi anni da 17.000 a 25.000 (!).

Un’altra sorpresa, tra le tante, riguarda i dipendenti pubblici e l’80% delle lavoratrici; all’art. 16 , infatti, si legge che le amministrazioni “possono riesaminare i provvedimenti di trasformazione, dovendo in ogni caso prevalere il buon andamento delle amministrazioni”, in pratica si tratta della revoca senza preavviso del part-time provvedimento che non prevede alcuna possibilità di difesa e si fonda sulla “discrezionalità” del dirigente o della commissione deposta a decidere. Un provvedimento anacronistico che segue la riforma Brunetta con il quale si rende imputabile del fallimento delle P.A. i dipendenti e non il sistema politico-clientelare che ne ha caratterizzato l’impianto da decenni.
In quest’ottica vengono penalizzati anche i lavoratori che vivono in famiglia il dramma dell’handicap grave, infatti l’art. 24, appone una variazione riduttiva alla legge 104 del 1992 in merito alla regolamentazione dei permessi per assistenza; il diritto viene contratto sensibilmente poiché non potrà essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona e solo i genitori possono usufruirne congiuntamente, ma alternativamente.

Con queste riforme si retrocede al medioevo e al potere assoluto che aggredisce il diritto al lavoro nelle procedure, rese vere e proprie trappole, e nel trasferimento ai sindacati dei diritti dei lavoratori, quei sindacati che sono dalla parte dei padroni e ne tutelano gli interessi.

Adele Dentice

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