domenica 28 novembre 2010

Idoli e idoletti - parte 3: le fabbriche del dissenso e la violenza televisiva




Il dissenso è un’isola circondata e controllata dal Potere, quello vero non quello delle auto blu, se non esistesse sarebbe facile creare un movimento di massa globale, il vero reale antagonista al Potere forte quello che decide della nostra vita dei nostri pensieri della nostra morte se per cancro , di fame o in guerra. Se non ci fossero le fabbriche dove convogliare e disperdere il pensiero critico e indipendente , forse questo immane mostro che sta divorando la terra potrebbe essere fermato, distrutto in breve tempo, poiché l’osservanza dei diritti umani è incompatibile rispetto al potere attuale. per questo viene favorita la costruzione delle fabbriche della dissidenza, piccoli nuclei gestiti da leader (sempre ricchissimi) che fingono di essere dalla parte dei deboli, degli operai come dei cassaintegrati, magari degli emigranti, dell’ambiente. Per essere credibili e convogliare le “poche” menti libere i leaders, sempre molto carismatici, interpretano, nell’ampio ventaglio delle diverse tipologie, il pensiero dell’uomo medio alla ricerca di un Idolo che sostenga il peso della propria vita . Questi capi del finto dissenso, apparentemente diversi, ma identici nella sostanza , hanno la funzione di bloccare l’indipendenza del pensiero critico espulso violentemente da qualsiasi spazio televisivo, ormai governato dal conformismo mass mediatico piegato al volere della classe dirigente, a sua volta prona ai poteri forti.

Sono loro questi personaggi gli unici portavoci delle denunce sociali, delle esigenze espresse dagli operai o comunque dai dominati , ricchissimi troneggiano nei vari talk show o in trasmissioni disgustose pseudo intellettuali , che con grande “generosità” i media offrono, informano distorcendo la notizia soffocandola nel chiacchiericcio o dalla violenza verbale. Sparano raffiche di parole, utilizzano la volgarità e la prevaricazione o lo sbeffeggiamento e hanno creato un nuovo modello di confronto, non più dialettico, ma scontro senza esclusioni di colpi che al di là della verità deve distruggere l’avversario, una modalità che si è andata moltiplicando nel tessuto sociale riproponendo nella quo tidianeità la violenza televisiva. Siamo così circondati da replicanti “fans” del Grande Fratello come dell’idoletto – falso dissidente di turno e loro, i replicanti, come i loro idoli sono irrazionalmente suscettibili e si scagliano animalescamente contro chiunque abbia il coraggio “di mettere in dubbio la buona fede dei loro totem di riferimento.Siamo ormai Indottrinati da egregie signore del bel mondo o da personaggi dello spettacolo, o da signori esibizionisti e velleitari che nello spazio della menzogna saranno ricordati come coloro che hanno annientato la cultura dei contenuti, ancora difesa da poche voci dissonanti che pagano questo privilegio con il doppio rischio della propria incolumità e dell’isolamento , per questo prolificano le fabbriche che alimentano la tifoseria politica, priva di retroterra critico, denunciando senza andare in profondità. Sono il clero del nuovo medioevo capitalistico i portatori dell’informazione menzognera i responsabili prezzolati della compartimentalizzazione del dissenso , che hanno promosso la nascita di movimenti orientati su questioni separate, bloccando la nascita di un movimento coesivo di massa e ancora più pericolosi sono i dissidenti pacifici, per lo più personaggi noti che guadagnando milioni di euro e fanno proseliti tra i giovani isterilendo le loro proteste sono i complici di quelle stesse autorità che massacrano si presentano poi tranquillamente ai popoli parlando di alti valori umani e di democrazia.

Adele Dentice

giovedì 25 novembre 2010

Taranto: cronaca di un inquinamento annunciato



Taranto: disastro sanitario occulto, il dramma sociale degli abitanti di Taranto, colpiti da patologie sconosciute prodotte dall'inquinamento industriale, abbandonati dalle istituzioni e dalla stato e da tutte le parti sociali.

È lo scandalo di cui la sinistra vendoliana non "sa" parlare: le persone continuano a morire colpite da mali oscuri prodotti dai disastri ambientali e l'amministrazione regionale spende 120 milioni di euro per un ospedale privato, il San Raffaele di Don Verzè amico di Berlusconi.

Intanto le voci indipendenti , quelle fuori dal coro del conformismo massmediatico piegato ai poteri forti, sono "inspiegabilmente"eclissate.

A seguito la registrazione dell'intervista a Saverio Di Florio, presidente dell'Associazione tarantina "Malati infiammatori cronici e immunitari", e a Roberto L'Imperio della FIAB di Taranto.

Federalismo scolastico


(documento di Adele Dentice per l'assemblea di PBC del 27/28 novembre a Ferrara)

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Federalismo scolastico

È UNA DEFINIZIONE IMPROPRIA, generata dall’attuazione del titolo V della Costituzione art 117 modificato dalla legge costituzionale n.3/2001 che attribuisce facoltà di legiferare in materia di istruzione alla “competenza legislativa concorrente” tra Stato e Regione.
E’impropria per due ragioni sostanziali, perché non trova fondamento legislativo e non è descrittiva della situazione che si realizzerebbe se fosse attuato quanto previsto dalla Costituzione e, secondariamente, è una soluzione che tende ad esasperare le differenze , basti pensare alla formazione professionale , affidata alle Regioni , con 21 sistemi diversi per livelli di efficacia ed efficienza.

L’evocazione del federalismo nasce dall’equivoco ingenerato da quella egemonia culturale che propone la risoluzione delle criticità, legate alla costruzione di un “moderno” efficace ed efficiente sistema educativo adeguato al nuovo scenario introdotto dall’attuazione del Titolo V, che serve a creare la Repubblica delle Autonomie.

ISTRUZIONE E COSTITUZIONE
Art. 34 della Costituzione

"La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso

L’istruzione quindi cessa di essere privilegio, ma diritto di tutti, non più appannaggio esclusivo delle categorie più in alto nella scala sociale. L’istruzione è gratuita e obbligatoria: diritto-dovere che prefigura e sottende l’obbligo dell’alunno all’istruzione e il dovere dello Stato a predisporre i mezzi per raggiungere lo scopo.
Il diritto allo studio indica il diritto a raggiungere i gradi più alti in base alle proprie capacità, merito e “appartenenza a famiglie in condizioni disagiate”, per i quali la Repubblica è obbligata a PROVVEDERE.

Con la riforma del Titolo V le competenze in materia d’istruzione sono ripartite in maniera differente, poiché aumenta la responsabilità delle istituzioni locali con il grave rischio che “il diritto allo studio” sia garantito in maniera diversa tra le diverse regioni in base al loro peso economico, in tal modo le disuguaglianze si accentuerebbero maggiormente e andremmo incontro alla balcanizzazione del sistema scolastico

I CAMBIAMENTI DOPO L’ATTUAZIONE DEL TITOLO V

Conflitto Stato - Regione

La scarsa chiarezza della legge costituzionale del 2001 ha alimentato, più che dirimere, lo scontro tra Stato e Regioni e le polemiche tra i vari schieramenti , il centro sinistra ha accusato il centro destra di aver ostacolato l’attuazione del dettato costituzionale, mentre il centro sinistra è rimasto totalmente inattivo.
L’unico punto di chiarezza è il capovolgimento del principio distributivo delle competenze tra Stato e Regione, aumentando quelle della Regione nell’ottica della semplificazione, ma aprendo numerose occasioni di conflittualità; ragion essenziale per cui la Corte Costituzionale è stata chiamata in causa spesso e sono state le numerose sentenze e le linee interpretative della complessa materia, che hanno ridefinito la confusione legislativa in merito alla necessità della conciliazione tra le esigenze di uniformità su tutto il territorio nazionale e le esigenze autonomiste sul piano locale, facendo riferimento ai criteri di discrezionalità ,diretta a garantire la presenza delle Regioni nel disciplinare il servizio scolastico sul territorio, e di programmazione e gestione “rilevante”. Nella fattispecie è stata la sentenza n. 13/04 della Corte Costituzionale che finalmente ha chiarito in 13 punti quelle che sono le Funzioni delle Regioni in materia di istruzione direzionate a gestire le disposizioni dello Stato.

Le Funzioni delle Province rimangono inalterate nella programmazione e gestione dei servizi scolastici (edilizia, politiche dell’impiego, scuola secondaria di secondo grado) così come per i Comuni, fino all’istruzione secondaria di I grado.
Rimane, comunque, ancora deficitario il serio coinvolgimento delle parti sociali in questo quadro, come del tutto assente un governo unitario della Ricerca pubblica, un assetto a maglie larghe pericoloso che rischia di degenerare in una ulteriore frammentazione, essendo completamente assente l’individuazione di obiettivi e priorità.

Il Federalismo

Si contestualizza in un quadro legislativo e politico contrassegnato dalla politica dei tagli soprattutto nel sistema pubblico dell’istruzione, dalla manovra Tremonti-Gelmini 2008 (alleggerimento del comparto scuola di 130 mila unità) alla Tremonti 2010 (impoverimento di 2 miliardi delle retribuzioni del personale e un altro taglio lineare al Ministero dell'Istruzione), facendo dipendere la sopravvivenza della scuola pubblica (così come noi la conosciamo) dagli andamenti economici del sistema Italia. A questo si aggiunge l’assenza di una visione strategica e la definizione di un piano di cooperazione inter-istituzionale oltre l’esclusione dei sindacati e delle comunità scolastiche in quel processo decisionale operato da pochi esperti. Tutti elementi questi che hanno paradossalmente fatto arretrare il disegno costituzionale, tra l’altro mai attuato.
Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione fortemente contraddittoria, da un lato si parla di federalismo e dall’altro, vedi i provvedimenti di Brunetta, abbiamo leggi che accentrano le competenze e irrigidiscono la disciplina dei rapporti di lavoro pubblico riducendo drasticamente gli spazi della partecipazione democratica.

Altro aspetto fondamentale e critico è costituito dal finanziamento. In uno stato centrale esiste prevalentemente un solo bilancio dello Stato e, per ogni territorio, la spesa è determinata dagli esecutivi locali, più facilmente controllabili dai cittadini, mentre le risorse sono ricavate dalla imposizione locale o da fondi perequativi di varia natura. In questo scenario la scuola pubblica risulta essere più curata e più dotata di risorse economiche. Si rivela, quindi, fondamentale, prima di parlare di riforma della scuola in senso federalista, capire e stabilire il tipo di federalismo fiscale che assicurerà risorse certe alle varie sovranità. Il pericolo reale a cui si va incontro è che l’avanzare del federalismo, architettato a uso e consumo leghista, produca un’inevitabile “regionalizzazione” che avrà come primo effetto quello di accentuare gli squilibri fra le diverse aree del paese. Questo è il limite della attuale riforma, che in effetti più che federalismo è regionalismo, poiché affida ruoli parziali di sovranità alle Regioni, mentre mantiene la funzione amministrativa per Comuni e Province. In questo scenario una scuola affidata a un livello di governo sbagliato o inefficiente ricadrà sugli utenti, fondamentale per arginare questa deriva sarà garantire l’unitarietà del sistema a fronte di una situazione che si sta pericolosamente deteriorando e differenziando.

La garanzia dei diritti di uguaglianza e cittadinanza sanciti dalla Costituzione, il diritto universale all’istruzione è tutta nell’unitarietà dei sistema nazionale dell’istruzione, così come il percorso per la ricomposizione del conflitto Stato-Regione sta nel rafforzamento unitario del sistema superando l’esasperato centrismo statale e la tendenza pericolosa alla regionalizzazione e alla frammentazione del settore della conoscenza.

domenica 21 novembre 2010

I giovani



Sono i potenti sogni di emancipazione e trasformazione; i partigiani che nella seconda guerra mondiale contribuirono a riscattare una nazione che altri giovani avevano trasformata in dittatura. Ora è un dato ineludibile che i giovani provino un sempre maggiore allontanamento dalla politica, che percepiscono non come “il servizio per il bene comune”, ma uno spazio inessenziale confinati come sono nel limbo consumistico, considerati al più interlocutori solo dai pubblicitari che devono vendere canzoni, videogiochi o scarpe alla moda. La conseguenza è che l i luoghi tradizionali della partecipazione si svuotano le assemblee studentesche sono presenziate solo dai soliti accoliti dei vari partiti.

Sempre con meno idee e più spinelli.

Di fronte a questo quadro, che può apparirci desolante, le scelte che il mondo della scuola può operare sono due: arrendersi, e lasciare che tutto continui ad esistere cosi com’è, oppure impegnarsi per rilanciare la partecipazione e l’impegno politico e civile, fuori e dentro le mura della scuola Ma per questo I giovani hanno bisogno di testimoni coraggiosi.

E chi sarebbero questi testimoni i professori? Il "PROFESSORE", che ormai primeggia solo fra le professioni in declino scivolato lungo la scala della mobilità sociale figura sbiadita e lamentosa che ripropone stancamente la consueta difficoltà a relazionarsi con questi giovani bulletti, i cui padri sicuramente sono più ricchi, importanti, belli ed eleganti di loro, che sono ai limiti storici del salario di fame, ma comunque almeno i più fortunati possono contare su quei 1200 euro. Questi giovani che non riconoscono l’autorità paterna , stritolati dalle promozioni di massa e dalla sparizione definitiva della serietà degli studi eredi della mistificazione del pensiero di Don Milani che al contrario proponeva una scuola seria e difficile.

Come unico strumento di rivoluzione sociale, una scuola seria. Oggi più di ieri basterebbe solo una scuola seria, non nuova o antica o moderna o severa, semplicemente seria, dedicata alla trasmissione della conoscenza e dei saperi e non anticamera della disoccupazione.
Ma la scuola nell'attuale periodo dominato dal neoliberismo, è percepita dagli enormi poteri economici intollerabile per la dilagante legge del profitto, in particolare La scuola pubblica, roccaforte di conoscenza e di cultura critica, va disarticolata e ridimensionata; ma d’altro canto sarebbe un errore imputare alla riforma Tremonti-Gelmini la perdita di centralità e di autorevolezza dei docenti e dell’istituzione, bisogna piuttosto pensare alla responsabilità di una sinistra italiana che non ha saputo resistere alla pressione mondiale dell’ultra-capitalismo. Ripensiamo al fatale quinquennio di Luigi Berlinguer e di Tullio De Mauro (1996-2001) rappresentativi solo dell’atto finale di un processo di smantellamento avviato con precisione dopo che era stato raggiunto il punto più alto della democratizzazione della scuola il 1964 , anno in cui viene eliminata la classista odiosa scuola media d’avviamento professionale. Ma la sinistra italiana non ha saputo nemmeno arginare il triviale monopolio dei linguaggi della televisione contagiata anch’essa da turpiloquio generalizzato Bersani il 22maggio del 2010 in un comizio pubblico è scivolato su un bel “la Gelmini gli rompe i coglioni” . ma questo è gossip e sarebbe divertente se non ci fosse la drammatica realtà di una generazione di nuovi schiavi troppo occupati a sopravvivere per pensare a qualcosa di utile, per sè come per la comunità.

Adele Dentice

mercoledì 17 novembre 2010

Idoli e idoletti - parte 2: l'orgoglio dell'ignorante



La peggiore celebrazione dell’ignoranza si recita con l’orgoglio di esserlo, Le televisioni in primo luogo, tra le più disdicevoli del mondo, che veicolano contenuti inessenziali recepiti passivamente con la sola leggera pressione di un tasto, creando l’illusione delirante di poter saltare da un mondo all’altro, da un’epoca all’altra.

Segno tangibile della perdita del patrimonio culturale costruito anche dalla proliferazione dell’ alto numero di gruppi e movimenti che, nella loro fase iniziale, erano stati spirito di rivolta nell’ambito di un processo di crescita collettiva, poi fatti precipitare, ridicolizzati e travolti dalla globalizzazione e dalle sue derive populiste e demagogiche.

Uno tzunami che ha annientato la massa critica oscurando le menti più brillanti incapsuladole nei miraggi della necessità dell’istituzionalizzazione per combattere il nemico dall’interno, in realtà una manipolazione del sistema capitalistico che è penetrato nel DNA dei nuclei fondativi dei movimenti trascinandoli in una deriva qualunquista. In questo clima di ripiegamento individualista la società è attraversata, indifferente, dai deliri dei vari Borghezio e Calderoli, il cui fondamentalismo alimenta le potenzialità reazionarie trovando humus idoneo nell’aumento dell’insicurezza della gente.

Indifferente è passata la distruzione della scuola dove , e gli insegnanti lo sanno, i giovani non imparano più nulla, perché nulla c’è da imparare , quello che si deve sapere viene veicolato dai mezzi di comunicazione di massa responsabili dello sdoganamento dell’ignoranza “colta” che alleggerisce le menti dagli sforzi di apprendimento e di interpretazione. La conoscenza , quella che “deve” essere diffusa, viene fornita attraverso le trasmissioni politiche e il variegato mondo dei telegiornali, E in questo paradosso rimane più innocuo il telegiornale di Emilio Fede mentre pericolose si manifestano le ambigue e contorte trasmissioni radical-chic dove il mercimonio della conoscenza viene affidato a compagni attori o cantautori o comici , che ormai non riempiono più i botteghini ma si ergono a giudici inappellabili del malcostume dilagante.

Servi dei servi, passano per i portatori di conoscenza , utilizzano la cultura per la criminalizzazione del dissenso e per l’integrazione di tutti coloro che si oppongono al sistema economico e politico capitalistico e quel che resta del pensiero si posiziona nella servile acritica ignoranza diffusa. Pericoloso oggi diffondere e praticare la gramsciana visione della coscienza di classe, prima ancora che la conquista del potere politico, pericoloso perché gli Idoli non amano essere messi in discussione, perché la gente potrebbe scoprire che oltre le belle parole o i litigi o le derisioni dei diversi pensieri c’è l’inganno e la vittoria del capitalismo che ha conquistato le strutture stesse del sistema.
(continua)

giovedì 11 novembre 2010

Idoli e idoletti - parte 1

Impoveriti e confusi dai continui insulti, sterili polemiche o attacchi contro chi ha il coraggio di dire la verità, indottrinati da informazioni contorte e alimentati da battibecchi tra fazioni di destra e sinistra, questi sono i cittadini che rappresentano il bacino elettorale su cui progettare un futuro politico, dove le parole cambieranno, forse, ma di certo saranno costruiti personaggi che si dichareranno “a favore dei cittadini”, ma funzionali a creare uno scenario vario e ricco di finte contrapposizioni.

Intanto tra le persone si comincia a percepire che qualcosa non quadra, la crisi è pesante, i poveri aumentano e ormai la piccola borghesia si è definitivamente proletarizzata ,mentre la classe operaia è stata disintegrata ; eppure ancora non si riesce a leggere con attenzione la realtà distratti da una pletora infinita di personaggi mediatici “colti”, che fingono di essere al di fuori del sistema ma che guadagnano consensi dalla personalizzazione, dagli attacchi antiberlusconiani, sorretti da fans adoranti che non sopportano chi non ama allinearsi o chi esprime dubbi sui propri idoli In realtà sono idoletti che lamentano poco spazio mediatico che si definiscono paladini della libera informazione , che ambiscono a ad avere un peso politico , pur rimanendo funzionali al sistema capitalistico nell’opera di addomesticamento della dissidenza, quella vera.

E’difficile, per chi ambisce ad entrare nei luoghi che contano, non essere sostenuti dai banchieri-imprenditori, è difficile eliminare quei partiti che si piegano all’imperialismo statunitense e ancora più difficile è denunciare i crimini che si commettono nel terzo mondo o in Medio Oriente.

La gestione politica, consegnata nelle mani di ambiziosi burocrati mercenari privi di qualsiasi residuo di coscienza, si serve del circo mediatico per indebolire la politica e rafforzare l’economia, che non ha preferenze tra destra e sinistra i cui screzi sono considerati come pittoresche manifestazioni di scontri fra due blocchi storico-elettorali mentre il capitalismo appoggia ora l’uno ora l’altro.
(continua)

Adele Dentice

sabato 6 novembre 2010

Decidiamo di decidere

La legge 833 del 1978 prevede “la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro” e “la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro”, (e, prima del referendum del 1992, “la identificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti dell'atmosfera, delle acque e del suolo”, obiettivo che il sistema “ambientale” si è dimostrato completamente incapace di attuare).

Ci prefiggiamo di CONTRASTARE LE POLITICHE “PRO CANCER” ed i PARTITI CANCEROGENI responsabili di una normativa inadeguata a tutelare la salute, pensiamo ai valori limite delle diossine, ma soprattutto che ignora gli effetti biologici di molti inquinanti ambientali (microparticolato, metalli pesanti ecc.).

Si vanta, la nostra classe politica, di applicare correttamente le normative della Comunità Europea, il Principio di Precauzione, in merito alla riduzione della CO2, ma nulla si è fatto per gli altri inquinanti sicuramente cancerogeni e mutageni.

Va soprattutto CONTRASTATO il NEGAZIONISMO, E L’IDEOLOGIA DELL’INEVITABILITÀ DEL DANNO, fattori culturali responsabili della DOPPIA MISTIFICAZIONE ambientalista e climatica con: l'invenzione del “recupero energetico” dei rifiuti (nato negli anni '80 negli Usa per riconvertire il settore nucleare dopo l'incidente di Three Miles Island, ed importato in Italia da Legambiente) e la propaganda dei “termovalorizzatori” che, al pari delle centrali nucleari, sono ritenute salvaguardia contro la terribile CO2 (la peggior minaccia oggi esistente).

La manipolazione mediatica della disinformazione giornalistica enfatizza i risultati, anche molto parziali, delle ricerche finalizzate all’uso terapeutico, mentre quelli, già ottenuti negli stessi campi, della ricerca, relativi agli effetti degli inquinanti ambientali sono completamente ignorati (spesso anche a livello specialistico-professionale) battistrada per imporre l’ideologia dell’inevitabilità del danno come mostra lo “stato d’emergenza campano”; emergenza che è diventata una costituente di una governabilità biopolitica all’interno di un processo di controllo sulla popolazione.

L’opinione pubblica deve accettare l’incenerimento, deve essere convinta che il nucleare e il termovalorizzatore sono inevitabili, anche incrementando la diffusione di false informazioni, come quelle sugli effetti benefici della diossina: “Vorrei poter spiegare anche che la diossina a piccole dosi fa bene: magari un'altra volta“ (dott. Franco Battaglia, di professione chimico, con testi prefatti dal prof. Umberto Veronesi, membri entrambi della associazione “Galileo 2001 per la libertà e la dignità della Scienza”, “Il Giornale” 9 gennaio 2008).

Ai dubbiosi dell’incenerimento si magnificano i nuovi impianti, dotati di filtri più efficienti (da 3 micron a 0,8 micron), che lasciano passare particolato più fine, e quindi più pericoloso per la salute, le maggiori dimensioni, quindi flussi di massa maggiori e la maggiore altezza del camino, che è vero che assicura più diluizione, a livello locale, ma l’impatto complessivo per inquinanti persistenti nell’ambiente e rimane comunque inalterato.
Il risultato della proliferazione di questi impianti negli anni è stata l’elevata diffusione di malattie oncologiche e la dequalificazione del paesaggio agrario, eppure si continua a perseverare in politiche di immagine e di assoggettamento al libero mercato pur essendo sotto gli occhi di tutti che la soluzione ai problemi ambientali impone una radicalità dell’azione politica.

Adele Dentice