giovedì 25 novembre 2010

Federalismo scolastico


(documento di Adele Dentice per l'assemblea di PBC del 27/28 novembre a Ferrara)

- - -

Federalismo scolastico

È UNA DEFINIZIONE IMPROPRIA, generata dall’attuazione del titolo V della Costituzione art 117 modificato dalla legge costituzionale n.3/2001 che attribuisce facoltà di legiferare in materia di istruzione alla “competenza legislativa concorrente” tra Stato e Regione.
E’impropria per due ragioni sostanziali, perché non trova fondamento legislativo e non è descrittiva della situazione che si realizzerebbe se fosse attuato quanto previsto dalla Costituzione e, secondariamente, è una soluzione che tende ad esasperare le differenze , basti pensare alla formazione professionale , affidata alle Regioni , con 21 sistemi diversi per livelli di efficacia ed efficienza.

L’evocazione del federalismo nasce dall’equivoco ingenerato da quella egemonia culturale che propone la risoluzione delle criticità, legate alla costruzione di un “moderno” efficace ed efficiente sistema educativo adeguato al nuovo scenario introdotto dall’attuazione del Titolo V, che serve a creare la Repubblica delle Autonomie.

ISTRUZIONE E COSTITUZIONE
Art. 34 della Costituzione

"La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso

L’istruzione quindi cessa di essere privilegio, ma diritto di tutti, non più appannaggio esclusivo delle categorie più in alto nella scala sociale. L’istruzione è gratuita e obbligatoria: diritto-dovere che prefigura e sottende l’obbligo dell’alunno all’istruzione e il dovere dello Stato a predisporre i mezzi per raggiungere lo scopo.
Il diritto allo studio indica il diritto a raggiungere i gradi più alti in base alle proprie capacità, merito e “appartenenza a famiglie in condizioni disagiate”, per i quali la Repubblica è obbligata a PROVVEDERE.

Con la riforma del Titolo V le competenze in materia d’istruzione sono ripartite in maniera differente, poiché aumenta la responsabilità delle istituzioni locali con il grave rischio che “il diritto allo studio” sia garantito in maniera diversa tra le diverse regioni in base al loro peso economico, in tal modo le disuguaglianze si accentuerebbero maggiormente e andremmo incontro alla balcanizzazione del sistema scolastico

I CAMBIAMENTI DOPO L’ATTUAZIONE DEL TITOLO V

Conflitto Stato - Regione

La scarsa chiarezza della legge costituzionale del 2001 ha alimentato, più che dirimere, lo scontro tra Stato e Regioni e le polemiche tra i vari schieramenti , il centro sinistra ha accusato il centro destra di aver ostacolato l’attuazione del dettato costituzionale, mentre il centro sinistra è rimasto totalmente inattivo.
L’unico punto di chiarezza è il capovolgimento del principio distributivo delle competenze tra Stato e Regione, aumentando quelle della Regione nell’ottica della semplificazione, ma aprendo numerose occasioni di conflittualità; ragion essenziale per cui la Corte Costituzionale è stata chiamata in causa spesso e sono state le numerose sentenze e le linee interpretative della complessa materia, che hanno ridefinito la confusione legislativa in merito alla necessità della conciliazione tra le esigenze di uniformità su tutto il territorio nazionale e le esigenze autonomiste sul piano locale, facendo riferimento ai criteri di discrezionalità ,diretta a garantire la presenza delle Regioni nel disciplinare il servizio scolastico sul territorio, e di programmazione e gestione “rilevante”. Nella fattispecie è stata la sentenza n. 13/04 della Corte Costituzionale che finalmente ha chiarito in 13 punti quelle che sono le Funzioni delle Regioni in materia di istruzione direzionate a gestire le disposizioni dello Stato.

Le Funzioni delle Province rimangono inalterate nella programmazione e gestione dei servizi scolastici (edilizia, politiche dell’impiego, scuola secondaria di secondo grado) così come per i Comuni, fino all’istruzione secondaria di I grado.
Rimane, comunque, ancora deficitario il serio coinvolgimento delle parti sociali in questo quadro, come del tutto assente un governo unitario della Ricerca pubblica, un assetto a maglie larghe pericoloso che rischia di degenerare in una ulteriore frammentazione, essendo completamente assente l’individuazione di obiettivi e priorità.

Il Federalismo

Si contestualizza in un quadro legislativo e politico contrassegnato dalla politica dei tagli soprattutto nel sistema pubblico dell’istruzione, dalla manovra Tremonti-Gelmini 2008 (alleggerimento del comparto scuola di 130 mila unità) alla Tremonti 2010 (impoverimento di 2 miliardi delle retribuzioni del personale e un altro taglio lineare al Ministero dell'Istruzione), facendo dipendere la sopravvivenza della scuola pubblica (così come noi la conosciamo) dagli andamenti economici del sistema Italia. A questo si aggiunge l’assenza di una visione strategica e la definizione di un piano di cooperazione inter-istituzionale oltre l’esclusione dei sindacati e delle comunità scolastiche in quel processo decisionale operato da pochi esperti. Tutti elementi questi che hanno paradossalmente fatto arretrare il disegno costituzionale, tra l’altro mai attuato.
Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione fortemente contraddittoria, da un lato si parla di federalismo e dall’altro, vedi i provvedimenti di Brunetta, abbiamo leggi che accentrano le competenze e irrigidiscono la disciplina dei rapporti di lavoro pubblico riducendo drasticamente gli spazi della partecipazione democratica.

Altro aspetto fondamentale e critico è costituito dal finanziamento. In uno stato centrale esiste prevalentemente un solo bilancio dello Stato e, per ogni territorio, la spesa è determinata dagli esecutivi locali, più facilmente controllabili dai cittadini, mentre le risorse sono ricavate dalla imposizione locale o da fondi perequativi di varia natura. In questo scenario la scuola pubblica risulta essere più curata e più dotata di risorse economiche. Si rivela, quindi, fondamentale, prima di parlare di riforma della scuola in senso federalista, capire e stabilire il tipo di federalismo fiscale che assicurerà risorse certe alle varie sovranità. Il pericolo reale a cui si va incontro è che l’avanzare del federalismo, architettato a uso e consumo leghista, produca un’inevitabile “regionalizzazione” che avrà come primo effetto quello di accentuare gli squilibri fra le diverse aree del paese. Questo è il limite della attuale riforma, che in effetti più che federalismo è regionalismo, poiché affida ruoli parziali di sovranità alle Regioni, mentre mantiene la funzione amministrativa per Comuni e Province. In questo scenario una scuola affidata a un livello di governo sbagliato o inefficiente ricadrà sugli utenti, fondamentale per arginare questa deriva sarà garantire l’unitarietà del sistema a fronte di una situazione che si sta pericolosamente deteriorando e differenziando.

La garanzia dei diritti di uguaglianza e cittadinanza sanciti dalla Costituzione, il diritto universale all’istruzione è tutta nell’unitarietà dei sistema nazionale dell’istruzione, così come il percorso per la ricomposizione del conflitto Stato-Regione sta nel rafforzamento unitario del sistema superando l’esasperato centrismo statale e la tendenza pericolosa alla regionalizzazione e alla frammentazione del settore della conoscenza.

Nessun commento:

Posta un commento