sabato 28 luglio 2012

“Per il Bene Comune Puglia” invita la Regione a sospendere la proposta di legge bipartisan“Promozione del sistema golfistico regionale”


COMUNICATO STAMPA - LETTERA APERTA

APPELLO ALL’ASSESSORE ALL’ASSETTO DEL TERRITORIO DELLA REGIONE PUGLIA. ANGELA BARBANENTE

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONE PUGLIA, ONOFRIO INTRONA

AL PRESIDENTE IV COMMISSIONE

AI CAPI GRUPPO

P.C. AL PRESIDENTE REGIONE PUGLIA, NICOLA VENDOLA


Oggetto: sospensione proposta di Legge bipartisan “Promozione del sistema golfistico regionale”


Il Movimento “Per il Bene Comune Puglia” invita la Regione a sospendere la proposta di legge bipartisan “Promozione del sistema golfistico regionale” firmata da quattro consiglieri del Pdl (Marmo, Friolo, Palese e Iurlaro), dell'Udc (Negro), della Puglia prima di tutto (Caroppo), Pd (Donato Pentasuglia) e dell'Idv (Orazio Schiavone), che prevede procedure amministrative semplificate e "disposizioni speciali in materia di indici di edificabilità" per la realizzazione di ulteriori impianti golfistici, anche in aree protette e lì dove ci sono casali abbandonati, in nome del turismo da incrementare e destagionalizzare. "L'ente locale - …… - sentita la Regione e d'intesa con gli enti parco nazionali, e gli enti gestori nelle aree marine protette, favoriscono la realizzazione di impianti golfistici integrati da strutture di ricezione turistica e residenziale, con gestione connessa a titolo permanente all'esercizio dell'impianto". (art. 7) .

Gli undici articoli, di cui si compone la legge, ammettono agevolazioni per gli enti locali e le società sportive iscritte alla Federazione italiana golf e, anche, a società e consorzi a capitale misto o "interamente privato" (art. 6)

Si rileva, inoltre, nell’art.10 l’introduzione ambigua di un vincolo che sembra essere più un'opportunità per la speculazione edilizia “ E' fatto divieto ai soggetti privati che costruiscono le strutture ricettive, di vendere sia la totalità sia le singole parti delle stesse, almeno per i cinque anni successivi alla realizzazione del campo da golf, fatto salvo il caso in cui l'acquirente compartecipi finanziariamente alla gestione e al buon mantenimento del campo medesimo".

Il Movimento “Per il Bene Comune Puglia” oltre a denunciare quest’ulteriore indiscriminato consumo del territorio a beneficio di imprenditori del mattone e delle multinazionali, non certo dell’economia locale, vuole sottolineare gli effetti disastrosi che queste mega strutture provocheranno sui Beni Culturali, Ambientali e Paesaggistici del Territorio sfigurando i complessi storico-archeologici e paesaggistici stratificati , testimonianze preziose della civiltà contadina, con il rischio di stravolgimento irreversibile dell'habitat naturale.

In particolare ci allarmano le conseguenze che la realizzazione di questi mega progetti avrebbero sull’ecosistema della nostra Regione con particolare riferimento al problema acqua. E’ notorio il grande fabbisogno d’acqua necessaria per garantire la vita del prato verde e l’assetata Puglia comunque deve cederne una quantità che, sia pur ridotta, non può essere inferiore a 2.000 metri cubi d’acqua al giorno (vedi studio della Regione Puglia su Golf e Ambiente, pag.7-8, secondo il quale “È interessante rilevare che la quantità d’acqua che mediamente serve per irrigare un campo da golf in una giornata estiva rappresenta l’equivalente del fabbisogno di un paese di 8.000 abitanti, nonché l’equivalente per la produzione di due tonnellate di grano”.) , confliggendo con le attività economiche preesistenti (agricoltura e allevamento in particolare). Dunque un lusso che entra in conflitto con l’assicurazione dell’uso agricolo dopo quello umano come sancisce l'art.28 della Legge nazionale n.36 del 5 gennaio 1994, oltre a contribuire al processo di desertificazione. Infatti, l’abbattimento del manto vegetazionale esistente, l’eccessivo trattamento chimico del terreno di un campo da golf possono essere all’origine del processo di desertificazione”.( Conferenza delle Nazioni Unite svoltasi a Rio De Janeiro nel 1992)-

Altro rischio ambientale ancora più insidioso, soprattutto per noi pugliesi, è la salinizzazione delle falde acquifere che si determina quando non viene utilizzata l’acqua di acquedotti o dighe e si utilizzano pozzi, trascurando che le trivellazioni per pozzi sono causa diretta del fenomeno di salinizzazione in particolare nella falda nelle zone costiere. Un esempio, in Puglia,è il campo che sorge vicino al Parco Naturale delle Cesine (Acaya Golf Club) dove l’abbassamento della falda d’acqua dolce è all’origine della salinizzazione delle acque del Parco”(Regione Puglia, Golf e Ambiente).

Infine c’è da rilevare l’assenza della valutazione Costi/Benefici, alla sottrazione di terreno agricolo e forestale, distruzione del paesaggio naturale, bonifica di aree umide per creare campi da gioco, laghi artificiali, ecc rischio ambientale, non corrisponde una redditività immediata. Svolgendo una sommaria indagine sulla produttività dei golf club, ci si accorge che questi impianti si sono rivelati un fallimento Se infatti l’investimento necessario per la realizzazione di un nuovo campo da golf (18 buche) si aggira mediamente intorno ai 5 milioni di euro e la gestione può essere stimata in almeno 300.000 € l’anno, il lungo tempo di recupero del capitale costituisce un alto rischio per l’investimento, che in tempi di crisi come quella che stiamo attraversando è quanto meno inopportuno, ma l’arcano si svela se si legano i percorsi golfistici ad operazioni immobiliari, spesso legate a successive speculazioni edilizie, a ridosso dei centri abitati. A Toritto (Bari) per esempio fu presentato nel 2003 da un gruppo di imprenditori un progetto mediante lo strumento degli accordi di programma, che, assieme al golf, prevedeva 250 ville, torre panoramica, albergo da 300 posti, sala conferenze da 600 posti, ristorante, piscine, beauty farm, campi da calcio, tennis, ecc. Il tutto nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Sito d’Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale.

In base a queste motivazioni il Movimento “Per il Bene Comune - Puglia” chiede che venga sospesa e rigettata la proposta di legge in oggetto in difesa del territorio e del suo paesaggio e a beneficio delle economie tradizionali agricole e turistico-naturalistiche.

Adele Dentice

Coordinatrice Regionale del Movimento Politico di Liberazione Per il Bene Comune - Puglia

Strada Incuria, 1 – Bari - Cell. 3409130180


venerdì 27 luglio 2012

Unire nella lotta le due città


I fatti dell'Ilva di Taranto rappresentano la prova del fallimento dell'associazionismo ambientalista a Taranto, e non bisogna avere remore nel dirlo. Adesso gli operai stanno bloccando l’intera città, mobilitati in massa, per paura di una chiusura che faccia perdere il loro posto di lavoro, e non contro l'inquinamento alla salute.

Il potere economico è perfettamente riuscito nel suo intento di contrapporre lavoro e ambiente: da un lato 15.000 lavoratori con le loro famiglie e le loro esigenze economiche, del tutto legittime, anche se strumentalizzati dall’Ilva e dal potere politico-sindacale colluso con l’Ilva, dall’altro i gruppi ambientalisti disorientati, spaccati in due settori, l’uno di moderati più o meno filopartitici e compatibilisti, l’ altro di fautori della chiusura dello stabilimento – a cui vanno aggiunti certi filoapertura che hanno “cambiato bandiera” all’ultimo momento.

La soluzione migliore effettivamente sarebbe quella di chiudere lo stabilimento, che avvelena e avvelenerà un intero territorio e tutti quelli che ci vivono, lavoratori inclusi (altro che bonifiche, bonificucce, monitoraggi veri o fasulli: finchè quella fabbrica funzionerà diossina, benzoapirene e particolato continueranno a circolare nell’atmosfera e a provocare tumori, che siano al di sotto o al di sopra di qualsiasi soglia).
Ma allo stesso tempo bisogna reclamare, pretendere la riconversione dello stabilimento per garantire tutti i posti di lavoro.

La mobilitazione di queste ore dovrebbe far capire molte cose a chi invece auspicherebbe solo la chiusura e basta, anzi più in generale a chi in fin dei conti si è disinteressato dell’aspetto sociale ed economico della questione, cioè del fatto che gli operai devono continuare a portare il pane a casa. Entrambi i settori anti-inquinamento hanno messo sempre al primissimo posto l’aspetto ambientale, o perlomeno è così che il messaggio ambientalista è arrivato all’”opinione pubblica”, e dunque anche a chi lavora nella fabbrica. Allora non si capisce perché i lavoratori avrebbero dovuto mobilitarsi con entusiasmo insieme ai gruppi ambientalisti per una banale petizione di chiudere la fabbrica dopo la quale la questione lavoro sarebbe stata rinviata a data da destinarsi.

Si sono susseguite in questi anni manifestazioni, passerelle colorate, convegni, forum, dibattiti, ma nessuno di questi eventi ha mai minimamente scalfito le coscienze dei lavoratori, tra l’altro controllati e manipolati da sindacati compatibilisti. E questo non per colpa dei lavoratori, la cui esigenza di lavorare e di non perdere l’unica fonte di introiti è sacrosanta, ma evidentemente per colpa di chi doveva sensibilizzarli, però non ha mai tentato nemmeno una volta di coinvolgerli direttamente, con modestia, con pazienza e diciamolo anche con scaltrezza.
Ossia, i ristretti nuclei di “attivisti” che organizzavano tutti quegli eventi, molti di loro brava gente per carità, con vocazione sincera alla difesa della salute collettiva eccetera, ma rimasti perennemente separati dai tarantini impiegati nella fabbrica. Si è sempre preteso, implicitamente, che fossero i lavoratori a venir dietro a striscioni colorati e dibattiti ecologisti. E qualcun altro addirittura considerava (e considera) i lavoratori nemici dichiarati da mettere sullo stesso piano dell’azienda, senza soffermarsi su un fatto grande come una casa e cioè, lo ripetiamo, che c’è gente che deve campare, ricattata, costretta a un’oggettiva alleanza con l’azienda (certi operai intervistati chiedono la scarcerazione dei dirigenti indagati!), ma che non ha gli stessi interessi di quest’ultima; l’azienda difende i suoi privati profitti, scaricando i costi del risanamento del danno all’ambiente e alla salute sulla collettività, i contribuenti, e quindi anche sui salari degli operai.

C’è di più. Al di là della vicenda specifica e del luogo dove si svolge, la protesta dei lavoratori Ilva che bloccano la città è una grossa lezione per chi ripete come un disco rotto elucubrazioni dottrinarie e astratte petizioni di principio scollate dalla realtà, per chi si culla evocando nostalgicamente passati storici che non torneranno più, e soprattutto per tutti coloro che pensano di mettersi letteralmente a prendere in giro il popolo di questo paese e a giocare con i suoi problemi, chiamando questo “far politica”. Il riferimento è a chi gli elargisce definizioni, chi gli lancia maledizioni “perché non si ribella” (senza mai averci mai avuto un contatto per sensibilizzarlo quando ha torto o appoggiarlo quando ha ragione) o all’opposto chi si galvanizza inutilmente riponendo su di esso speranze esagerate e poi inevitabilmente si delude, e poi stufato butta via il giocattolo perchè non funziona come voleva lui.
Questo fa il piccolo e isolato mondo degli attivisti sociali e politici in Italia, a prescindere dal tipo di battaglie che si fanno e dalle distinzioni fra rossi, rosati, verdi, neri, blu, ed è veramente arrivato il momento di darci un taglio.
Il popolo non si mobilita mai per i concetti astratti, anche giustissimi e a suo vantaggio per il futuro, ma che non sono da subito alla sua portata. Il popolo si mobilita per difendere il lavoro e non impoverirsi, se può eccome se lo fa, ed allora si deve richiamare la sua attenzione partendo da questi problemi spicci – quelli che lo fanno muovere - se si vuole informarlo, renderlo consapevole e trasmettergli principi, concetti, teorie, proposte forti.

Allora, è il momento di far scoppiare tutte le contraddizioni a Taranto, dall’interno della protesta, che va appoggiata ma deve cambiare di segno: lavoratori, ammalati cronici, ambientalisti, insomma quanti più tarantini possibili vanno spinti a protestare tutti uniti, non per chiedere che resti tutto come prima, come vogliono governo, regione, sindacati, proprietà e gestione dell’azienda, ma lottando per ottenere sia la bonifica che la riconversione della fabbrica salvaguardando tutti i posti di lavoro.
Che si passi a un tipo di produzione non inquinante, e si finanzi sia l’equivalente del salario agli operai, per il tempo in cui lo stabilimento è fermo e ristrutturato, sia il loro aggiornamento professionale, o meglio lo finanzi a sue spese il gruppo Riva e anche il ceto politico sindacale strapagato che la sorregge; e la fabbrica deve tornare di proprietà pubblica e magari gestita da chi ci lavora, senza indennizzo all’impresa, perché qui l’unico indennizzo, anzi risarcimento da versare, è quello alla cittadinanza tarantina, per l’enorme danno ambientale, alla salute e al circuito economico che le è stato causato, costringendola a scegliere di che morte morire.

Taranto è stata spaccata in due metà “nemiche”, che i media e il sistema stanno aizzando l'una contro l'altra: ora devono essere ricongiunte e lottare insieme per tenersi stretti sia il lavoro che la salute.

Andrea Russo
Per il Bene Comune

lunedì 23 luglio 2012

Lettera al Presidente Introna sui gravi inadempimenti della Regione Puglia sugli Istituti di Democrazia Diretta

PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA DEI CITTADINI PUGLIESI


GRAVI INADEMPIENZE DELLA REGIONE

IL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE “PER IL BENE COMUNE” SCRIVE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE


Si è tenuta a Bari, giovedì 19 luglio 2012, presso la sede del Consiglio Regionale Pugliese, la conferenza stampa indetta dal Movimento di Liberazione “Per il Bene Comune”- Puglia.

Dopo aver firmato e protocollato una lettera di denuncia delle gravi inadempienze della Regione Puglia sugli Istituti di Partecipazione dei Cittadini Pugliesi, una folta delegazione del Movimento ha consegnato una copia del documento al Presidente del Consiglio Regionale della Puglia, dott. Onofrio Introna e al Consigliere dott. De Caro.

Adele Dentice, La Coordinatrice Regionale del Movimento, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“A cosa servono petizioni, leggi popolari e referendum scritti sugli Statuti se sono ignorati o aggirati?

In Puglia, nonostante nello Statuto della Regione siano previsti, come atto dovuto, questi strumenti, art 15, 16, 17, 18, 19, a tutt’oggi sono assenti i decreti attuativi che possano dare la possibilità ai cittadini di esercitare, concretamente, il proprio diritto alla partecipazione quale elemento fondamentale della democrazia.

La lettera consegnata dal Movimento di Liberazione Per il Bene Comune il 19 luglio 2012, al Presidente del Consiglio, ai Gruppi consiliari e alle Commissioni consiliari permanenti di indagine e di inchiesta segna l’esigenza di ottemperare a questa grave Inadempienza della Regione Puglia riguardante la partecipazione popolare dei cittadini pugliesi. Un’azione che vuole anche sensibilizzare i cittadini ignari e le amministrazioni inadempienti, riguardo alla Democrazia Diretta, forma complementare e indispensabile della Democrazia Rappresentativa, per ottenere la vera Democrazia o Sovranità Popolare, come recita l’art.1 della Costituzione italiana (legge fondamentale dello Stato).

La Democrazia è un traguardo che si può raggiungere solo se c’è una reale consapevolezza e volontà del popolo a ridurre la distanza tra la politica e il mondo reale dei lavoratori e delle fasce più deboli della popolazione e a eliminare il potere delle mafie e delle lobby sulla politica, che bypassano arrogantemente le istituzioni.

Il deficit dei meccanismi di democrazia partecipata blocca e paralizza le istituzioni ma soprattutto impedisce al cittadino di essere soggetto attivo nei processi decisionali facendo più danno della stessa crisi economica.

Sconcertante ruolo hanno i media e la disinformazione costante e sempre più capillare, beffando il diritto costituzionale alla libertà di parola e alla pluralità informativa testimoniando ancora una volta come nel nostro paese la libertà è una parola effimera e la sovranità del popolo un diritto negato”

Guarda i Video della conferenza stampa

parte prima








Leggi la lettera consegnata al Presidente Onofrio Introna





martedì 17 luglio 2012

CONFERENZA STAMPA : Gravi inadempienze Regione Puglia sugli Istituti di Partecipazione popolare

Il giorno 19 Luglio 2012 alle ore 11 , in concomitanza con la riunione della VI Commission e Regionale (Politiche Comunitarie, Lavoro e formazione Professionale, Istruzione, Cultura , Cooperazione, Emigrazione, Immigrazione) nei pressi della sede della Regione Puglia sita in via Capruzzi 212 Bari si svolgerà una Conferenza stampa organizzata dal movimento di liberazione Per il Bene Comune attinente le gravi inadempienze della Regione Puglia in merito agli Istituti di Partecipazione diretta dei cittadini. In tale occasione sarà consegnata alle autorità istituzionali delle Regione Puglia la lettera di denuncia di tale grave "dimenticanza", che di fatto impedisce al cittadino il libero esercizio di un suo diritto

giovedì 12 luglio 2012

lunedì 9 luglio 2012

domenica 8 luglio 2012

Religione di Stato ...tra privilegi e deficit di democrazia!

Ci sarebbe da chiedersi dove è andata a finire  la libertà individuale se, in una società multietnica come la nostra, di fatto una  religione è  religione di Stato.

Che  la scuola debba essere  laica e plurale, evitando le salottiere scorribande atee – sbeffeggiatrici, dovrebbe essere la mission di chi afferma di voler difendere la Costituzione in ordine alla pari dignità sociale di tutti i cittadini e l’eguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di religione (art. 3), il diritto di tutti di professare liberamente la propria fede religiosa (art. 19) e l’uguale libertà di tutte le confessioni religiose (art. 8): principi che non varrebbero nulla se non si tenesse ferma la distinzione tra gli ordini propri dello Stato e della Chiesa cattolica, secondo l’articolo 7  Oggi più che mai, dove ad atei, gnostici, laici e minoranze religiose, si aggiungono, in numero crescente, i seguaci delle religioni legate all'immigrazione dovrebbe essere naturale assicurare che la cultura dominante non soffochi le minoranze e dia ampio spazio all’ascolto delle alterità e al confronto con prospettive culturali diverse, ma non sembra sia così se i Principi forti della Costituzione, un tempo considerati irrinunciabili, ora sembrano slittati verso un sottoruolo perché pare non più adatti ai tempi che viviamo. Così la scuola della costruzione di una società di tutte e di tutti dove Cattolici e non cattolici difendono il principio di laicità della scuola pubblica, ripudiando l’idea che lo Stato possa imporre una determinata visione del bene , diventa fuori tempo, non moderna,  grazie, anche, ai  numerosi equivoci che hanno fatto identificare nell’opinione pubblica  il termine laico o come agnostico o ateo. E' nella sostanza un deficit di democrazia che la riduzione della libertà d’insegnamento, con i camuffamenti del’autonomia e la trasformazione dei presidi in tirannelli locali,  e la negazione della laicità della scuola hanno introdotto  ancor prima del trionfo capitalista della scuola delle tre I , informatica - inglese –impresa, promosso da Berlusconi , condiviso dallo schieramento destra-centro-sinistra e riproposto dall’”innovativo” programma di Grillo. Eppure la privatizzazione della scuola pubblica sembrerebbe il male minore, se si considera che  la violazione della cultura della laicità, disconosce il pieno diritto dell’altro ad essere diverso ed a pensare diversamente. La Scuola della Repubblica, che  a parole prepara le nuove generazioni a vivere in società pluraliste superando l’ipocrisia della tolleranza reciproca, questa si ammuffito retaggio della cultura finto buonista, avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle i Patti Lateranensi, ma  nel 1984,  a Villa Madama il “decisionista” Craxi e monsignor Casaroli in rappresentanza di Giovanni Paolo II, firmarono uno dei tanti compromessi della nostra politica  che modificava il Concordato lateranense, utilizzando  la stessa procedura usata tra Stato e Chiesa ai tempi di Mussolini, cioè senza alcuna possibilità di intervento da parte del parlamento, varando un nuovo Concordato tra Stato e Chiesa, votato da tutto l’arco costituzionale (con la sola astensione dei liberali e il voto contrario di radicali, Pdup e Sinistra indipendente).

Se in quella sede fu eliminato l’ anti-costituzionale richiamo al cattolicesimo come sola religione ufficiale e l’insegnamento della religione nelle scuole diventò facoltativo , lo Stato italiano dovette in cambio pagare un prezzo molto alto dovendo  retribuire insegnanti nominati da uno Stato straniero, oltre all’ introduzione nelle scuole materne dell’ora di religione. Inoltre, preparando il terreno alla legge sulla parità di D’Alema del 2000, fu stabilito  che le scuole private cattoliche avessero un trattamento scolastico uguale a quelle statali, per inciso va sottolineato che con questo accordo fu aperta la strada al sistema dell’8 per mille del gettito Irpef (con la lascito automatico alla Chiesa cattolica lì dove non ci fosse espressione di  scelta), fu stabilito l’obbligo per lo Stato di finanziare le attività, il personale e il funzionamento della Chiesa cattolica, con le sue decina di migliaia di istituti religiosi, parrocchie ed enti di varia natura, che avessero dichiarato di svolgere un “servizio sociale”, venne assicurata l’esenzione dall’Iva e dall’imposta su terreni e fabbricati e sulle successioni. e lo Stato, con la scusa della tutela artistica,  si sobbarcò il peso economico della costruzione e la manutenzione di edifici di culto.

Sono passati diversi anni ed oggi solo con l’8 per mille il Vaticano guadagna circa 1 miliardo di euro l’anno e nel 2011 la cifra ha raggiunto il record di 1.118 milioni, solo sulla base di una apparente volontà maggioritaria dei cittadini italiani (il 44% dei contribuenti indica a chi attribuirlo e di questi solo il 35% sceglie la Chiesa cattolica) A queste cifre  si aggiungono i 360 milioni per gli stipendi degli insegnanti dell’ora di religione, 460 milioni per esigenze di culto e pastorale, 235 milioni per interventi caritativi, altri 700 milioni circa versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Ma non è tutto, mentre i cittadini italiani vengono privati di diritti fondamentali con i tagli scellerati ai servizi fondamentali e al non più diritto al lavoro, il nuovo governo continua a privilegiare e accontentare lo Stato della Chiesa. Pochi giorni fa ha nella figura dl ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha rafforzato il concordato del 1985 firmando due nuove intese con  il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Angelo Bagnasco, che puntano a rendere sempre più organici i docenti di religione  cattolica nella scuola pubblica, oltre ad aumenta re i contributi di 200 milioni di euro alle scuole private. Tra l’altro gli insegnanti di religione cattolica già godono di alcuni straordinari privilegi  come l’attribuzione rigida per classe,  significa che nell’era degli accorpamenti e dei tagli, se in una classe solo uno studente dovesse optare per l’insegnamento della religione cattolica sarà comunque assegnato per quella classe un docente di religione.

Milioni e milioni pagati da tutti, incomprimibili e insindacabili di gran lunga superiori al costo della casta politica. Amen!

Adele Dentice

venerdì 6 luglio 2012

Religione di Stato... privilegi e deficit di democrazia


Ci sarebbe da chiedersi dove è andata a finire la libertà individuale se, in una società multietnica come la nostra, di fatto una religione è religione di Stato. 
Che  la scuola debba essere  laica e plurale, evitando le salottiere scorribande atee – sbeffeggiatrici, dovrebbe essere la mission di chi afferma di voler difendere la Costituzione in ordine alla pari dignità sociale di tutti i cittadini e l’eguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di religione (art. 3), il diritto di tutti di professare liberamente la propria fede religiosa (art. 19) e l’uguale libertà di tutte le confessioni religiose(art. 8): principi che non varrebbero nulla se non si tenesse ferma la distinzione tra gli ordini propri dello Stato e della Chiesa cattolica, secondo l’articolo 7  Oggi più che mai, dove ad atei, gnostici, laici e minoranze religiose, si aggiungono, in numero crescente, i seguaci delle religioni legate all'immigrazione dovrebbe essere naturale assicurare che la cultura dominante non soffochi le minoranze e dia ampio spazio all’ascolto delle alterità e al confronto con prospettive culturali diverse, ma non sembra sia così se i Principi forti della Costituzione, un tempo considerati irrinunciabili, ora sembrano slittati verso un sottoruolo perché pare non più adatti ai tempi che viviamo. Così la scuola della costruzione di una società di tutte e di tutti dove Cattolici e non cattolici difendono il principio di laicità della scuola pubblica, ripudiando l’idea che lo Stato possa imporre una determinata visione del bene , diventa fuori tempo, non moderna,  grazie, anche, ai  numerosi equivoci che hanno fatto identificare nell’opinione pubblica  il termine laico o come agnostico o ateo. E' nella sostanza un deficit di democrazia che la riduzione della libertà d’insegnamento, con i camuffamenti del’autonomia e la trasformazione dei presidi in tirannelli locali,  e la negazione della laicità della scuola hanno introdotto  ancor prima del trionfo capitalista della scuola delle tre I , informatica - inglese –impresa, promosso da Berlusconi , condiviso dallo schieramento destra-centro-sinistra e riproposto dall’”innovativo” programma di Grillo. Eppure la privatizzazione della scuola pubblica sembrerebbe il male minore, se si considera che  la violazione della cultura della laicità, disconosce il pieno diritto dell’altro ad essere diverso ed a pensare diversamente. La Scuola della Repubblica, che  a parole prepara le nuove generazioni a vivere in società pluraliste superando l’ipocrisia della tolleranza reciproca, questa si ammuffito retaggio della cultura finto buonista, avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle i Patti Lateranensi, ma  nel 1984,  a Villa Madama il “decisionista” Craxi e monsignor Casaroli in rappresentanza di Giovanni Paolo II, firmarono uno dei tanti compromessi della nostra politica  che modificava il Concordato lateranense, utilizzando  la stessa procedura usata tra Stato e Chiesa ai tempi di Mussolini, cioè senza alcuna possibilità di intervento da parte del parlamento, varando un nuovo Concordato tra Stato e Chiesa, votato da tutto l’arco costituzionale (con la sola astensione dei liberali e il voto contrario di radicali, Pdup e Sinistra indipendente). Se in quella sede fu eliminato l’ anti-costituzionale richiamo al cattolicesimo come sola religione ufficiale e l’insegnamento della religione nelle scuole diventò facoltativo , lo Stato italiano dovette in cambio pagare un prezzo molto alto dovendo  retribuire insegnanti nominati da uno Stato straniero, oltre all’ introduzione nelle scuole materne dell’ora di religione. Inoltre, preparando il terreno alla legge sulla parità di D’Alema del 2000, fu stabilito  che le scuole private cattoliche avessero un trattamento scolastico uguale a quelle statali, per inciso va sottolineato che con questo accordo fu aperta la strada al sistema dell’8 per mille del gettito Irpef (con la lascito automatico alla Chiesa cattolica lì dove non ci fosse espressione di  scelta), fu stabilito l’obbligo per lo Stato di finanziare le attività, il personale e il funzionamento della Chiesa cattolica, con le sue decina di migliaia di istituti religiosi, parrocchie ed enti di varia natura, che avessero dichiarato di svolgere un “servizio sociale”, venne assicurata l’esenzione dall’Iva e dall’imposta su terreni e fabbricati e sulle successioni. e lo Stato, con la scusa della tutela artistica,  si sobbarcò il peso economico della costruzione e la manutenzione di edifici di culto. Sono passati diversi anni ed oggi solo con l’8 per mille il Vaticano guadagna circa 1 miliardo di euro l’anno e nel 2011 la cifra ha raggiunto il record di 1.118 milioni, solo sulla base di una apparente volontà maggioritaria dei cittadini italiani (il 44% dei contribuenti indica a chi attribuirlo e di questi solo il 35% sceglie la Chiesa cattolica) A queste cifre  si aggiungono i 360 milioni per gli stipendi degli insegnanti dell’ora di religione, 460 milioni per esigenze di culto e pastorale, 235 milioni per interventi caritativi, altri 700 milioni circa versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Ma non è tutto, mentre i cittadini italiani vengono privati di diritti fondamentali con i tagli scellerati ai servizi fondamentali e  al non più diritto al lavoro, il nuovo governo continua a privilegiare e accontentare lo Stato della Chiesa. Pochi giorni fa ha nella figura dl ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo,ha rafforzato il concordato del 1985   firmando due nuove intese con  il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Angelo Bagnasco, che puntano a rendere sempre più organici i docenti di religione  cattolica nella scuola pubblica, oltre ad aumenta re i contributi di 200 milioni di euro alle scuole private . Tra l’altro gli insegnanti di religione cattolica già godono di alcuni straordinari privilegi  come l’attribuzione rigida per classe,  significa che nell’era degli accorpamenti e dei tagli , se in una classe solo uno studente dovesse optare per l’insegnamento della religione cattolica sarà comunque assegnato per quella classe un docente di religione.
Milioni e milioni pagati da tutti, incomprimibili e insindacabili di gran lunga superiori al costo della casta politica. Amen!

Adele Dentice