lunedì 27 dicembre 2010

Ciò che resta del.......


Ciò che resta del giorno era un bel melanconico film che rifletteva sul senso della vita nella sua parte finale, si potrebbe adattare con uno svolazzo ardimentoso alla situazione del welfare in Italia e in Puglia dove quel che ne resta, ben poco direi, viene con perfezione chirurgica rimosso ed eliminato anche dalle coscienze collettive : Non mi stanco mai di stupirmi ancora del plauso , dei consensi e delle giustificazioni che la sinistra (la destra tace e lascia che tutto si compia) conferisce all’amministrazione pugliese che sta approvando una manovra che distrugge materialmente e ideologicamente ciò che resta dello stato sociale . La logica è la solita , la crisi retta dall’ideologia dell’emergenza , il cui tema varia a seconda delle contingenze dalla mondezza, al lavoro , agli islamici terroristi, ai cinesi a Berlusconi, che si è permesso di trattare con Putin senza il consenso degli USA per questo è diventato cattivo anche per i suoi alleati figliocci di destra, che ora flirtano con i nostri ex compagni filoamericani non più comunisti ma rigorosamente di sinistra . Soldi non ce ne sono, e compito collettivo è stringere la cinta per il bene di pochi e,in questa logica, si comprende perché invece di aumentare la tassazione sui ceti abbienti e l’Irpef sui redditi più alti si tagliano i trasporti , i fondi per gli affitti s reintroduce il ticket sulle pressioni specialistiche , tutti provvedimenti che ricadranno inevitabilmente sui deboli, dai pendolari a precari ai disoccupati , ai malati poveri: ma la beffa di Natale continua con l’ennesimo sforzo chiesto a tutti i cittadini pugliesi , ricchi e poveri , tutti insieme solo che, per chissà quale legge fisica incomprensibile i ricchi rimangono ricchi e i poveri diventano sempre più poveri, ma lasciamo spazio alle parole di Introna che ci regala e illustra la tanto per noi attesa tassa di scopo

“ La tassa di scopo sulla benzina di 2,5 centesimi - spiega Introna - serve ad integrare le magre risorse di un fondo per spese sociali svuotato dai mancati trasferimenti statali. Sarà destinata ad interventi per famiglie con un reddito al di sotto di 7.500 euro e con un non autosufficiente a carico. E' un impegno collettivo destinato alle fasce più svantaggiate della società pugliese, che resterebbero senza speranza se la Regione non decidesse di venire in soccorso degli ultimi, ma da sola non potrebbe farsi carico di un dovere di solidarietà, con le finanze rarefatte dalla politica di contenimento».

Le fasce svantaggiate sarebbero favorite da questo provvedimento , sembra piuttosto che come al solito la disuguaglianza fa sistema, rendere tutti uguali, quando tutti uguali non lo siamo affatto, e l’offensiva ipocrita demagogia utilizzata è funzionale al tornaconto della classe dirigente, poiché i poveri sono di più dei ricchi , anche chi ha un reddito di 8.000 o 10.000euro non può mangiare, ma mettere le mani nelle saccocce vuote dei cittadini “ordinari” è più vantaggioso che metterle in quelle dei riccastri che magari si potrebbero arrabbiare seriamente e, magari forse chissà, non offrire più la loro solidarietà politica(!!!!!!)





mercoledì 22 dicembre 2010

I despoti all'acqua di rose



In questi ultimi giorni, inchiodati davanti all’occhio scrutatore e manipolatore dei nostri pensieri, ci hanno mostrato cassonetti e macchine bruciate e ragazzi che aggredivano altri coetanei in divisa. Quasi sfiorata e distorta la ragione o le ragioni della rabbia , non che si voglia giustificare la violenza, soprattutto se fine a se stessa è inutile, perché non credo onestamente che questi episodi siano già il preludio di un futuro sanguinoso e insurrezionale; perchè la rivolta nasce da uno stato di necessità che i nostri ragazzi non conoscono, ma questo non vuol dire che le ragioni della rivendicazione non abbiano sostanza, al contrario la riforma Gelmini , mette il punto su un processo distruttivo dei principi costituzionali di Libertà e Democrazia colpendo al cuore il diritto all’istruzione e allo studio. Diritti che ci parlano di egualitarismo ,non nel senso di appiattimento verso il basso ma di Merito, quello decantato da chi immeritatamente si trova a coprire cariche istituzionali, che nella declinazione del dettato costituzionale prevede aiuti agli studenti “meritevoli” privi di  mezzi, un ascensore ,dicono,ma soprattutto l’unico strumento di rivoluzione sociale  che permette a chi appartiene a classi sociali deboli il riscatto sociale.

Ma  già il lontano 1997, anno della famigerata autonomia scolastica varata dal Distruttore Berlinguer, e da una sinistra prona ai voleri del capitalismo, rappresenta la parola fine della scuola pubblica, avremmo dovuto essere più solleciti e attenti , invece di vendere la nostra professionalità alle lusinghe di poche lire, e sempre di soldi si parla quando la parità scolastica ha profuso incentivi alle scuole private togliendoli alle pubbliche servendosi dell’ambiguità terminologica  dell’equipollenza, in barba all’art 33 della Costituzione: Ormai è tutto passato si dice, i giovani contestano, gli operai si arrampicano sui tetti e sulle gru, manifestazioni spontanee ma inoffensive che non scalfiscono di un millimetro il potere delle classi dominanti, la coscienza civile è spezzata e Il Capitalismo ha stravinto, favorito da un clima indotto da intellettuali prezzolati, portatori del pentitismo sessantottesco diffusori dell’ideologia del negazionismo e dell’emergenza.

Oggi ciò che mi spaventa  profondamente è questa  dittatura dalla faccia smielata, sostenuta dall’indifferenza della gente attenta più al profumo dell’acqua di rose  delle escort che a leggi che hanno demolito  gli ultimi residui dei  diritti dei lavoratori, come quella medievale sul Collegato Lavoro , passata inosservata , senza parlare poi della  sicurezza nei luoghi di lavoro o nelle scuole, poste all’attenzione della pubblica opinione  solo in caso di tragedie, rimaniamo silenziosi e passivi di fronte  alla distruzione della sanità e del welfare  tanto i minori , come i malati, i vecchi, i pensionati, i diversamente abili sono gli  invisibili , non sono produttivi , quindi inutili, per la manovalanza ci si serve degli schiavi extracomunitari e dei precari, che tanto pur di mangiare pane e acqua (ho sbagliato l’acqua è un bene destinato alle classi abbienti) sono disposti a tutto.

E’ una dittatura soft, forse, ma per me, sia  se indossa una camicia nera o si presenta con il volto bonario da pater familias ringalluzzito o da monaco eremita o da cosiddetti mezzi di lotta democratica  non cambia nella sostanza, è sempre prevaricazione , imposizione del pensiero unico che mostra la sua ferocia contro  chiunque prova a non allinearsi, oscurato, ridicolizzato o fatto passare per folle e, se proprio non riesce a farlo rientrare nei ranghi, lo si fa passare per   fuori legge.

Hanno contorto il nostro cervello e quei pochi pensieri autonomi rimasti, inducendoci a sentirci in colpa  se pensiamo di volerci curare gratis nelle strutture pubbliche, eppure paghiamo un botto di tasse per servizi che non ci danno, far studiare i nostri figli poi è un lusso, e se avremo l’ardire di pensare ad una formazione decorosa ci sono le scuole private che offrono prodotti adeguati alle rette, nonostante i finanziamenti statali e nonostante gli stipendiucoli(quando li danno) a quei poveri morti di fame di docenti - schiavi , che non avranno nemmeno la pensione a dispetto delle  trattenute e delle pensioni compensative.

Intanto, sempre da quello schermo parlante, quotidianamente ci parlano della patria, degli atti di eroismo dei nostri giovani in luoghi di guerra, loro i portatori di  PACE armati fino ai denti, mentre qui in Italia i morti sul campo del lavoro non si contano, ma non ha importanza è necessario sostenere le guerre statunitensi e filo-sioniste di cui noi siamo i migliori amici , aumentare i finanziamenti per la difesa (armi e guerra ), togliendoli alla formazione e alla ricerca  , tanto non serve a niente le ricerche le fanno altrove e le Università rimarranno sempre in mano ai baroni , poi se proprio  si vuol  tenere buona qualche anima pseudo-libera e riempire i giornali di qualche notiziola,  si possono permettere lievi occupazioni, anche queste profumate di acqua di rosa. Si occupano le facoltà e i giovani contestatori hanno le facce dei loro padri, per lo più baroni universitari o giornalisti o imprenditori, sono ragazzi   che comunque hanno un futuro certo , magari in qualche dipartimento , al contrario degli altri, quei poveracci che vengono penalizzati dalle occupazioni concordate , che  perdono soldi se escono fuori corso, questi figli del popolo che hanno visto il proprio padre rivolgersi alle finanziarie , per coronare il sogno del proprio riscatto  e un anno in più all’Università costa e questi si ribellano e se la prendono con quegli altri , che li chiamano fascisti …e ancora stravince il capitalismo.

Ma i giovani non dovrebbero essere lasciati soli, come quelli criminalizzati per aver accolto estremisti violenti , quelli che l’opposizione condanna , mentre passa il voto di fiducia alla Camera , sono stati lasciati soli in balia di  violenze  improvvise di giovani senza volto armati, soli con le violenze che legittimano il ripristino delle leggi speciali, facendo, così,  apparire il vero volto del dispotismo,  perché  il potere ha iniziato forse a percepire una presa di coscienza incontrollabile, un pericolo serio per gli interessi delle classi dominanti, meglio giocare in anticipo,  attaccando alla radice la rabbia sociale, prima che diventi protesta civile organizzata.

Adele Dentice

mercoledì 8 dicembre 2010

Ti Aiuterò! Però...


L’emergenza è diventata la normalità. Rifiuti, criminalità, traffico, scioperi, trasporti, scuole, università, acqua, epidemie, I cittadini tranquilli e rassegnati, ACCETTANO TUTTO, tranne piccoli gruppi di esasperati, a volte autentici, altre volte semplicemente dei facinorosi che manifestano “a prescindere”.

Intanto i leghisti, hanno intrapreso la strada della non solidarietà, rifiutandosi, di accogliere i rifiuti campani.

Diversamente la pensa Vendola, che ha precisato di essere disponibile, ma a patto che si attuai il trasferimento dei 5 milioni di euro, mai arrivati nelle casse della ragioneria della Regione, problema risolto con il si della Puglia che nel’accogliere la monnezza determina anche la favorevole intesa tra il Governo e la Regione Puglia per il piano di rientro e, finalmente , la sanità e tutte le sue controversie verrà anch’essa dimenticata. Diventerà invisibile , come la spazzatura e la sua emergenza inesistente in Puglia come stigmatizza l’assessore Nicastro mentre sollecita la maggioranza a non paragonare l’emergenza campana ad una fantomatica emergenza pugliese.

Sempre nell’ottica del rasserenamento degli animi veniamo tranquillizzati quando ci confermano che, nel nuovo caso Emergenza Campania, saranno smaltiti solo rifiuti speciali perche quelli solidi sono rifiuti inorganici non biodegradabili e contaminano l'ambiente irreversibilmente, ma l’assessore crede nella nostra totale disinformazione e negligenza , e, soprattutto, non sa che molti pugliesi conoscono il l decreto 91/689/EEC dell'Unione Europea secondo cui molti materiali speciali per le costruzioni sono tossici.

Nell’ ansia, poi, di volere rendere più fulgente nel mondo l’immagine di bontà e accoglienza dell’amministrazione della Regione Puglia si trascura il piccolo dettaglio dei criteri di controllo severissimi che dovrebbero effettuare le asl e l’ARPA di Taranto e Bari non solo sulla stabilizzazione, nocività e mancanza di odori, quanto sulla non radioattività dei rifiuti campani.

Non è che non vogliamo essere solidali, riprendendo ciò che hanno detto il 1 dicembre a Statte i sindaci dei comuni interessati all’”accoglienza” dei rifiuti campani, ma a fronte delle rassicurazioni del CITE (Il consorzio partenopeo Consorzio interprovinciale trasporti ecoambientali, che già nel 2008 si assicurò 8 milioni di euro promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Protezione Civile per lo smaltimento nelle discariche del tarantino dei rifiuti dell’emergenza campana), che ci parla di un terriccio inodore e stabilizzato , quindi inerme, val la pena riportare alla memoria qualche nota storica rispetto alla monnezza radioattiva campana.

Si tratta del giugno 2008 e febbraio 2010 quando il giornale spagnolo El Pais e La Repubblica-Napoli ci informarono che La Germania ha scoperto tassi di radioattività superiori al consentito nella spazzatura già stabilizzata inviata da Napoli e destinata all’inceneritore di Amburgo si trattava nello specifico di iodio 131,(  trattamento oncologico dei tumori delle ossa e della tiroide).

Oggi, che si delinea drammaticamente la nuova i emergenza campana 2010 Nicastro si limita a rincuorare la popolazione ma ancora nonci è chiaro il istema di controlli. L'unica certezza è data dalla ribellione delle città coinvolte e scelte a prescindere dalla volontà popolare.

La Puglia è fuori dell’emergenza rifiuti ci continuano a dire, ma il numero enorme di discariche di rifiuti industriali disseminate su tutto il territorio, non sempre rilasciate secondo i criteri della trasparenza, non sono forse anch’esse emergenza? Ci convincono che per non arrivare al collasso Campania meglio subito prevenire approfittare dalla filosofia dell’emergenza su cui si costruisce il businnes della politica e delle pubbliche amministrazioni e subito istallare tanti inceneritori e convincere la cittadinanza che non c’è alternativa se no ci ritroveremo sommersi come Napoli, Terzigno dove ora stanno approntando i tanto desiderati Termovalorizzatori o fabbriche di cancro. E i partiti pro cancer celebrano il patto del nuovo oro che accomuna le organizzazioni criminali e le nuove mafie quelle degli imprenditori del Nord e del Sud e in questo accordo, davvero, l’unità d’Italia è fatta.

Adele Dentice

domenica 28 novembre 2010

Idoli e idoletti - parte 3: le fabbriche del dissenso e la violenza televisiva




Il dissenso è un’isola circondata e controllata dal Potere, quello vero non quello delle auto blu, se non esistesse sarebbe facile creare un movimento di massa globale, il vero reale antagonista al Potere forte quello che decide della nostra vita dei nostri pensieri della nostra morte se per cancro , di fame o in guerra. Se non ci fossero le fabbriche dove convogliare e disperdere il pensiero critico e indipendente , forse questo immane mostro che sta divorando la terra potrebbe essere fermato, distrutto in breve tempo, poiché l’osservanza dei diritti umani è incompatibile rispetto al potere attuale. per questo viene favorita la costruzione delle fabbriche della dissidenza, piccoli nuclei gestiti da leader (sempre ricchissimi) che fingono di essere dalla parte dei deboli, degli operai come dei cassaintegrati, magari degli emigranti, dell’ambiente. Per essere credibili e convogliare le “poche” menti libere i leaders, sempre molto carismatici, interpretano, nell’ampio ventaglio delle diverse tipologie, il pensiero dell’uomo medio alla ricerca di un Idolo che sostenga il peso della propria vita . Questi capi del finto dissenso, apparentemente diversi, ma identici nella sostanza , hanno la funzione di bloccare l’indipendenza del pensiero critico espulso violentemente da qualsiasi spazio televisivo, ormai governato dal conformismo mass mediatico piegato al volere della classe dirigente, a sua volta prona ai poteri forti.

Sono loro questi personaggi gli unici portavoci delle denunce sociali, delle esigenze espresse dagli operai o comunque dai dominati , ricchissimi troneggiano nei vari talk show o in trasmissioni disgustose pseudo intellettuali , che con grande “generosità” i media offrono, informano distorcendo la notizia soffocandola nel chiacchiericcio o dalla violenza verbale. Sparano raffiche di parole, utilizzano la volgarità e la prevaricazione o lo sbeffeggiamento e hanno creato un nuovo modello di confronto, non più dialettico, ma scontro senza esclusioni di colpi che al di là della verità deve distruggere l’avversario, una modalità che si è andata moltiplicando nel tessuto sociale riproponendo nella quo tidianeità la violenza televisiva. Siamo così circondati da replicanti “fans” del Grande Fratello come dell’idoletto – falso dissidente di turno e loro, i replicanti, come i loro idoli sono irrazionalmente suscettibili e si scagliano animalescamente contro chiunque abbia il coraggio “di mettere in dubbio la buona fede dei loro totem di riferimento.Siamo ormai Indottrinati da egregie signore del bel mondo o da personaggi dello spettacolo, o da signori esibizionisti e velleitari che nello spazio della menzogna saranno ricordati come coloro che hanno annientato la cultura dei contenuti, ancora difesa da poche voci dissonanti che pagano questo privilegio con il doppio rischio della propria incolumità e dell’isolamento , per questo prolificano le fabbriche che alimentano la tifoseria politica, priva di retroterra critico, denunciando senza andare in profondità. Sono il clero del nuovo medioevo capitalistico i portatori dell’informazione menzognera i responsabili prezzolati della compartimentalizzazione del dissenso , che hanno promosso la nascita di movimenti orientati su questioni separate, bloccando la nascita di un movimento coesivo di massa e ancora più pericolosi sono i dissidenti pacifici, per lo più personaggi noti che guadagnando milioni di euro e fanno proseliti tra i giovani isterilendo le loro proteste sono i complici di quelle stesse autorità che massacrano si presentano poi tranquillamente ai popoli parlando di alti valori umani e di democrazia.

Adele Dentice

giovedì 25 novembre 2010

Taranto: cronaca di un inquinamento annunciato



Taranto: disastro sanitario occulto, il dramma sociale degli abitanti di Taranto, colpiti da patologie sconosciute prodotte dall'inquinamento industriale, abbandonati dalle istituzioni e dalla stato e da tutte le parti sociali.

È lo scandalo di cui la sinistra vendoliana non "sa" parlare: le persone continuano a morire colpite da mali oscuri prodotti dai disastri ambientali e l'amministrazione regionale spende 120 milioni di euro per un ospedale privato, il San Raffaele di Don Verzè amico di Berlusconi.

Intanto le voci indipendenti , quelle fuori dal coro del conformismo massmediatico piegato ai poteri forti, sono "inspiegabilmente"eclissate.

A seguito la registrazione dell'intervista a Saverio Di Florio, presidente dell'Associazione tarantina "Malati infiammatori cronici e immunitari", e a Roberto L'Imperio della FIAB di Taranto.

Federalismo scolastico


(documento di Adele Dentice per l'assemblea di PBC del 27/28 novembre a Ferrara)

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Federalismo scolastico

È UNA DEFINIZIONE IMPROPRIA, generata dall’attuazione del titolo V della Costituzione art 117 modificato dalla legge costituzionale n.3/2001 che attribuisce facoltà di legiferare in materia di istruzione alla “competenza legislativa concorrente” tra Stato e Regione.
E’impropria per due ragioni sostanziali, perché non trova fondamento legislativo e non è descrittiva della situazione che si realizzerebbe se fosse attuato quanto previsto dalla Costituzione e, secondariamente, è una soluzione che tende ad esasperare le differenze , basti pensare alla formazione professionale , affidata alle Regioni , con 21 sistemi diversi per livelli di efficacia ed efficienza.

L’evocazione del federalismo nasce dall’equivoco ingenerato da quella egemonia culturale che propone la risoluzione delle criticità, legate alla costruzione di un “moderno” efficace ed efficiente sistema educativo adeguato al nuovo scenario introdotto dall’attuazione del Titolo V, che serve a creare la Repubblica delle Autonomie.

ISTRUZIONE E COSTITUZIONE
Art. 34 della Costituzione

"La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso

L’istruzione quindi cessa di essere privilegio, ma diritto di tutti, non più appannaggio esclusivo delle categorie più in alto nella scala sociale. L’istruzione è gratuita e obbligatoria: diritto-dovere che prefigura e sottende l’obbligo dell’alunno all’istruzione e il dovere dello Stato a predisporre i mezzi per raggiungere lo scopo.
Il diritto allo studio indica il diritto a raggiungere i gradi più alti in base alle proprie capacità, merito e “appartenenza a famiglie in condizioni disagiate”, per i quali la Repubblica è obbligata a PROVVEDERE.

Con la riforma del Titolo V le competenze in materia d’istruzione sono ripartite in maniera differente, poiché aumenta la responsabilità delle istituzioni locali con il grave rischio che “il diritto allo studio” sia garantito in maniera diversa tra le diverse regioni in base al loro peso economico, in tal modo le disuguaglianze si accentuerebbero maggiormente e andremmo incontro alla balcanizzazione del sistema scolastico

I CAMBIAMENTI DOPO L’ATTUAZIONE DEL TITOLO V

Conflitto Stato - Regione

La scarsa chiarezza della legge costituzionale del 2001 ha alimentato, più che dirimere, lo scontro tra Stato e Regioni e le polemiche tra i vari schieramenti , il centro sinistra ha accusato il centro destra di aver ostacolato l’attuazione del dettato costituzionale, mentre il centro sinistra è rimasto totalmente inattivo.
L’unico punto di chiarezza è il capovolgimento del principio distributivo delle competenze tra Stato e Regione, aumentando quelle della Regione nell’ottica della semplificazione, ma aprendo numerose occasioni di conflittualità; ragion essenziale per cui la Corte Costituzionale è stata chiamata in causa spesso e sono state le numerose sentenze e le linee interpretative della complessa materia, che hanno ridefinito la confusione legislativa in merito alla necessità della conciliazione tra le esigenze di uniformità su tutto il territorio nazionale e le esigenze autonomiste sul piano locale, facendo riferimento ai criteri di discrezionalità ,diretta a garantire la presenza delle Regioni nel disciplinare il servizio scolastico sul territorio, e di programmazione e gestione “rilevante”. Nella fattispecie è stata la sentenza n. 13/04 della Corte Costituzionale che finalmente ha chiarito in 13 punti quelle che sono le Funzioni delle Regioni in materia di istruzione direzionate a gestire le disposizioni dello Stato.

Le Funzioni delle Province rimangono inalterate nella programmazione e gestione dei servizi scolastici (edilizia, politiche dell’impiego, scuola secondaria di secondo grado) così come per i Comuni, fino all’istruzione secondaria di I grado.
Rimane, comunque, ancora deficitario il serio coinvolgimento delle parti sociali in questo quadro, come del tutto assente un governo unitario della Ricerca pubblica, un assetto a maglie larghe pericoloso che rischia di degenerare in una ulteriore frammentazione, essendo completamente assente l’individuazione di obiettivi e priorità.

Il Federalismo

Si contestualizza in un quadro legislativo e politico contrassegnato dalla politica dei tagli soprattutto nel sistema pubblico dell’istruzione, dalla manovra Tremonti-Gelmini 2008 (alleggerimento del comparto scuola di 130 mila unità) alla Tremonti 2010 (impoverimento di 2 miliardi delle retribuzioni del personale e un altro taglio lineare al Ministero dell'Istruzione), facendo dipendere la sopravvivenza della scuola pubblica (così come noi la conosciamo) dagli andamenti economici del sistema Italia. A questo si aggiunge l’assenza di una visione strategica e la definizione di un piano di cooperazione inter-istituzionale oltre l’esclusione dei sindacati e delle comunità scolastiche in quel processo decisionale operato da pochi esperti. Tutti elementi questi che hanno paradossalmente fatto arretrare il disegno costituzionale, tra l’altro mai attuato.
Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione fortemente contraddittoria, da un lato si parla di federalismo e dall’altro, vedi i provvedimenti di Brunetta, abbiamo leggi che accentrano le competenze e irrigidiscono la disciplina dei rapporti di lavoro pubblico riducendo drasticamente gli spazi della partecipazione democratica.

Altro aspetto fondamentale e critico è costituito dal finanziamento. In uno stato centrale esiste prevalentemente un solo bilancio dello Stato e, per ogni territorio, la spesa è determinata dagli esecutivi locali, più facilmente controllabili dai cittadini, mentre le risorse sono ricavate dalla imposizione locale o da fondi perequativi di varia natura. In questo scenario la scuola pubblica risulta essere più curata e più dotata di risorse economiche. Si rivela, quindi, fondamentale, prima di parlare di riforma della scuola in senso federalista, capire e stabilire il tipo di federalismo fiscale che assicurerà risorse certe alle varie sovranità. Il pericolo reale a cui si va incontro è che l’avanzare del federalismo, architettato a uso e consumo leghista, produca un’inevitabile “regionalizzazione” che avrà come primo effetto quello di accentuare gli squilibri fra le diverse aree del paese. Questo è il limite della attuale riforma, che in effetti più che federalismo è regionalismo, poiché affida ruoli parziali di sovranità alle Regioni, mentre mantiene la funzione amministrativa per Comuni e Province. In questo scenario una scuola affidata a un livello di governo sbagliato o inefficiente ricadrà sugli utenti, fondamentale per arginare questa deriva sarà garantire l’unitarietà del sistema a fronte di una situazione che si sta pericolosamente deteriorando e differenziando.

La garanzia dei diritti di uguaglianza e cittadinanza sanciti dalla Costituzione, il diritto universale all’istruzione è tutta nell’unitarietà dei sistema nazionale dell’istruzione, così come il percorso per la ricomposizione del conflitto Stato-Regione sta nel rafforzamento unitario del sistema superando l’esasperato centrismo statale e la tendenza pericolosa alla regionalizzazione e alla frammentazione del settore della conoscenza.

domenica 21 novembre 2010

I giovani



Sono i potenti sogni di emancipazione e trasformazione; i partigiani che nella seconda guerra mondiale contribuirono a riscattare una nazione che altri giovani avevano trasformata in dittatura. Ora è un dato ineludibile che i giovani provino un sempre maggiore allontanamento dalla politica, che percepiscono non come “il servizio per il bene comune”, ma uno spazio inessenziale confinati come sono nel limbo consumistico, considerati al più interlocutori solo dai pubblicitari che devono vendere canzoni, videogiochi o scarpe alla moda. La conseguenza è che l i luoghi tradizionali della partecipazione si svuotano le assemblee studentesche sono presenziate solo dai soliti accoliti dei vari partiti.

Sempre con meno idee e più spinelli.

Di fronte a questo quadro, che può apparirci desolante, le scelte che il mondo della scuola può operare sono due: arrendersi, e lasciare che tutto continui ad esistere cosi com’è, oppure impegnarsi per rilanciare la partecipazione e l’impegno politico e civile, fuori e dentro le mura della scuola Ma per questo I giovani hanno bisogno di testimoni coraggiosi.

E chi sarebbero questi testimoni i professori? Il "PROFESSORE", che ormai primeggia solo fra le professioni in declino scivolato lungo la scala della mobilità sociale figura sbiadita e lamentosa che ripropone stancamente la consueta difficoltà a relazionarsi con questi giovani bulletti, i cui padri sicuramente sono più ricchi, importanti, belli ed eleganti di loro, che sono ai limiti storici del salario di fame, ma comunque almeno i più fortunati possono contare su quei 1200 euro. Questi giovani che non riconoscono l’autorità paterna , stritolati dalle promozioni di massa e dalla sparizione definitiva della serietà degli studi eredi della mistificazione del pensiero di Don Milani che al contrario proponeva una scuola seria e difficile.

Come unico strumento di rivoluzione sociale, una scuola seria. Oggi più di ieri basterebbe solo una scuola seria, non nuova o antica o moderna o severa, semplicemente seria, dedicata alla trasmissione della conoscenza e dei saperi e non anticamera della disoccupazione.
Ma la scuola nell'attuale periodo dominato dal neoliberismo, è percepita dagli enormi poteri economici intollerabile per la dilagante legge del profitto, in particolare La scuola pubblica, roccaforte di conoscenza e di cultura critica, va disarticolata e ridimensionata; ma d’altro canto sarebbe un errore imputare alla riforma Tremonti-Gelmini la perdita di centralità e di autorevolezza dei docenti e dell’istituzione, bisogna piuttosto pensare alla responsabilità di una sinistra italiana che non ha saputo resistere alla pressione mondiale dell’ultra-capitalismo. Ripensiamo al fatale quinquennio di Luigi Berlinguer e di Tullio De Mauro (1996-2001) rappresentativi solo dell’atto finale di un processo di smantellamento avviato con precisione dopo che era stato raggiunto il punto più alto della democratizzazione della scuola il 1964 , anno in cui viene eliminata la classista odiosa scuola media d’avviamento professionale. Ma la sinistra italiana non ha saputo nemmeno arginare il triviale monopolio dei linguaggi della televisione contagiata anch’essa da turpiloquio generalizzato Bersani il 22maggio del 2010 in un comizio pubblico è scivolato su un bel “la Gelmini gli rompe i coglioni” . ma questo è gossip e sarebbe divertente se non ci fosse la drammatica realtà di una generazione di nuovi schiavi troppo occupati a sopravvivere per pensare a qualcosa di utile, per sè come per la comunità.

Adele Dentice

mercoledì 17 novembre 2010

Idoli e idoletti - parte 2: l'orgoglio dell'ignorante



La peggiore celebrazione dell’ignoranza si recita con l’orgoglio di esserlo, Le televisioni in primo luogo, tra le più disdicevoli del mondo, che veicolano contenuti inessenziali recepiti passivamente con la sola leggera pressione di un tasto, creando l’illusione delirante di poter saltare da un mondo all’altro, da un’epoca all’altra.

Segno tangibile della perdita del patrimonio culturale costruito anche dalla proliferazione dell’ alto numero di gruppi e movimenti che, nella loro fase iniziale, erano stati spirito di rivolta nell’ambito di un processo di crescita collettiva, poi fatti precipitare, ridicolizzati e travolti dalla globalizzazione e dalle sue derive populiste e demagogiche.

Uno tzunami che ha annientato la massa critica oscurando le menti più brillanti incapsuladole nei miraggi della necessità dell’istituzionalizzazione per combattere il nemico dall’interno, in realtà una manipolazione del sistema capitalistico che è penetrato nel DNA dei nuclei fondativi dei movimenti trascinandoli in una deriva qualunquista. In questo clima di ripiegamento individualista la società è attraversata, indifferente, dai deliri dei vari Borghezio e Calderoli, il cui fondamentalismo alimenta le potenzialità reazionarie trovando humus idoneo nell’aumento dell’insicurezza della gente.

Indifferente è passata la distruzione della scuola dove , e gli insegnanti lo sanno, i giovani non imparano più nulla, perché nulla c’è da imparare , quello che si deve sapere viene veicolato dai mezzi di comunicazione di massa responsabili dello sdoganamento dell’ignoranza “colta” che alleggerisce le menti dagli sforzi di apprendimento e di interpretazione. La conoscenza , quella che “deve” essere diffusa, viene fornita attraverso le trasmissioni politiche e il variegato mondo dei telegiornali, E in questo paradosso rimane più innocuo il telegiornale di Emilio Fede mentre pericolose si manifestano le ambigue e contorte trasmissioni radical-chic dove il mercimonio della conoscenza viene affidato a compagni attori o cantautori o comici , che ormai non riempiono più i botteghini ma si ergono a giudici inappellabili del malcostume dilagante.

Servi dei servi, passano per i portatori di conoscenza , utilizzano la cultura per la criminalizzazione del dissenso e per l’integrazione di tutti coloro che si oppongono al sistema economico e politico capitalistico e quel che resta del pensiero si posiziona nella servile acritica ignoranza diffusa. Pericoloso oggi diffondere e praticare la gramsciana visione della coscienza di classe, prima ancora che la conquista del potere politico, pericoloso perché gli Idoli non amano essere messi in discussione, perché la gente potrebbe scoprire che oltre le belle parole o i litigi o le derisioni dei diversi pensieri c’è l’inganno e la vittoria del capitalismo che ha conquistato le strutture stesse del sistema.
(continua)

giovedì 11 novembre 2010

Idoli e idoletti - parte 1

Impoveriti e confusi dai continui insulti, sterili polemiche o attacchi contro chi ha il coraggio di dire la verità, indottrinati da informazioni contorte e alimentati da battibecchi tra fazioni di destra e sinistra, questi sono i cittadini che rappresentano il bacino elettorale su cui progettare un futuro politico, dove le parole cambieranno, forse, ma di certo saranno costruiti personaggi che si dichareranno “a favore dei cittadini”, ma funzionali a creare uno scenario vario e ricco di finte contrapposizioni.

Intanto tra le persone si comincia a percepire che qualcosa non quadra, la crisi è pesante, i poveri aumentano e ormai la piccola borghesia si è definitivamente proletarizzata ,mentre la classe operaia è stata disintegrata ; eppure ancora non si riesce a leggere con attenzione la realtà distratti da una pletora infinita di personaggi mediatici “colti”, che fingono di essere al di fuori del sistema ma che guadagnano consensi dalla personalizzazione, dagli attacchi antiberlusconiani, sorretti da fans adoranti che non sopportano chi non ama allinearsi o chi esprime dubbi sui propri idoli In realtà sono idoletti che lamentano poco spazio mediatico che si definiscono paladini della libera informazione , che ambiscono a ad avere un peso politico , pur rimanendo funzionali al sistema capitalistico nell’opera di addomesticamento della dissidenza, quella vera.

E’difficile, per chi ambisce ad entrare nei luoghi che contano, non essere sostenuti dai banchieri-imprenditori, è difficile eliminare quei partiti che si piegano all’imperialismo statunitense e ancora più difficile è denunciare i crimini che si commettono nel terzo mondo o in Medio Oriente.

La gestione politica, consegnata nelle mani di ambiziosi burocrati mercenari privi di qualsiasi residuo di coscienza, si serve del circo mediatico per indebolire la politica e rafforzare l’economia, che non ha preferenze tra destra e sinistra i cui screzi sono considerati come pittoresche manifestazioni di scontri fra due blocchi storico-elettorali mentre il capitalismo appoggia ora l’uno ora l’altro.
(continua)

Adele Dentice

sabato 6 novembre 2010

Decidiamo di decidere

La legge 833 del 1978 prevede “la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro” e “la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro”, (e, prima del referendum del 1992, “la identificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti dell'atmosfera, delle acque e del suolo”, obiettivo che il sistema “ambientale” si è dimostrato completamente incapace di attuare).

Ci prefiggiamo di CONTRASTARE LE POLITICHE “PRO CANCER” ed i PARTITI CANCEROGENI responsabili di una normativa inadeguata a tutelare la salute, pensiamo ai valori limite delle diossine, ma soprattutto che ignora gli effetti biologici di molti inquinanti ambientali (microparticolato, metalli pesanti ecc.).

Si vanta, la nostra classe politica, di applicare correttamente le normative della Comunità Europea, il Principio di Precauzione, in merito alla riduzione della CO2, ma nulla si è fatto per gli altri inquinanti sicuramente cancerogeni e mutageni.

Va soprattutto CONTRASTATO il NEGAZIONISMO, E L’IDEOLOGIA DELL’INEVITABILITÀ DEL DANNO, fattori culturali responsabili della DOPPIA MISTIFICAZIONE ambientalista e climatica con: l'invenzione del “recupero energetico” dei rifiuti (nato negli anni '80 negli Usa per riconvertire il settore nucleare dopo l'incidente di Three Miles Island, ed importato in Italia da Legambiente) e la propaganda dei “termovalorizzatori” che, al pari delle centrali nucleari, sono ritenute salvaguardia contro la terribile CO2 (la peggior minaccia oggi esistente).

La manipolazione mediatica della disinformazione giornalistica enfatizza i risultati, anche molto parziali, delle ricerche finalizzate all’uso terapeutico, mentre quelli, già ottenuti negli stessi campi, della ricerca, relativi agli effetti degli inquinanti ambientali sono completamente ignorati (spesso anche a livello specialistico-professionale) battistrada per imporre l’ideologia dell’inevitabilità del danno come mostra lo “stato d’emergenza campano”; emergenza che è diventata una costituente di una governabilità biopolitica all’interno di un processo di controllo sulla popolazione.

L’opinione pubblica deve accettare l’incenerimento, deve essere convinta che il nucleare e il termovalorizzatore sono inevitabili, anche incrementando la diffusione di false informazioni, come quelle sugli effetti benefici della diossina: “Vorrei poter spiegare anche che la diossina a piccole dosi fa bene: magari un'altra volta“ (dott. Franco Battaglia, di professione chimico, con testi prefatti dal prof. Umberto Veronesi, membri entrambi della associazione “Galileo 2001 per la libertà e la dignità della Scienza”, “Il Giornale” 9 gennaio 2008).

Ai dubbiosi dell’incenerimento si magnificano i nuovi impianti, dotati di filtri più efficienti (da 3 micron a 0,8 micron), che lasciano passare particolato più fine, e quindi più pericoloso per la salute, le maggiori dimensioni, quindi flussi di massa maggiori e la maggiore altezza del camino, che è vero che assicura più diluizione, a livello locale, ma l’impatto complessivo per inquinanti persistenti nell’ambiente e rimane comunque inalterato.
Il risultato della proliferazione di questi impianti negli anni è stata l’elevata diffusione di malattie oncologiche e la dequalificazione del paesaggio agrario, eppure si continua a perseverare in politiche di immagine e di assoggettamento al libero mercato pur essendo sotto gli occhi di tutti che la soluzione ai problemi ambientali impone una radicalità dell’azione politica.

Adele Dentice

martedì 26 ottobre 2010

Scuola e disabili nel 2010



L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1966 così dichiarava ... "il diritto di ogni individuo all'istruzione che deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana e del senso della sua dignità e rafforzare il rispetto per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali. L' istruzione primaria deve essere obbligatoria e accessibile gratuitamente a tutti...". D'altra parte, già la nostra Costituzione, in perfetta coerenza con quanto sottoscritto dal nostro paese in sede di Nazioni Unite lo afferma (in particolare negli art. 3 e 34).

Qualcosa invece non va se nelle scuole di Bari e provincia ci sono 5mila e 66 studenti portatori di handicap, a fronte di 2mila 964 posti per insegnanti di sostegno e se un solo docente è costretto a seguire fino a tre alunni disabili contemporaneamente. Un’altra osservazione da fare è che l’Italia è l’unico stato della comunità europea dove il personale di sostegno rientra nello stesso organico del corpo docente, mentre negli altri paesi della C.E. dipende direttamente dal Ministero alla Sanità.

A settembre di questo anno centinaia di alunni disabili della provincia barese si sono visti privati dei loro legittimi insegnanti grazie ai tagli della riforma Gelmini. A seguito del verificarsi di tale situazione l’Angsa, l´associazione nazionale genitori soggetti autistici, si è trovata costretta ad attivarsi. Il risultato ottenuto è consistito nella nomina di 188 docenti di sostegno (a fronte degli oltre 500 necessari secondo le stime dei sindacati), e le chiamate, iniziate in data 12 di ottobre, si concluderanno il 25 dello stesso mese, dopodichè la ricerca del personale sarà affidata ai singoli capi d’istituto.

La scuola costa troppo e nella logica del risparmio a tutti i costi si taglia nei settori più deboli della popolazione, i bambini e i malati, se poi sono malati e bambini o diversamente abili ancora meglio, né la logica aziendalista, all’interno della quale è stato fatto precipitare il sistema scolastico, si può porre il problema che spesso la scuola per un ragazzo diversamente abile è l'unica forma di integrazione e se gli si toglie anche questo è finita.

Tale situazione di disagio non è limitata al territorio barese, né tanto meno al sud in generale. Basti pensare, infatti, alle condizioni in cui si trovano a lavorare i docenti della scuola magistrale Agnesi di Milano, nota per la sua efficienza e disponibilità nel seguire gli alunni diversamente abili. Qui, lamenta il Dirigente Scolastico Giovanni Gaglio, le cattedre di sostegno sono cinque in meno rispetto all’anno precedente nonostante gli alunni affetti da diverse patologie non siano diminuiti. Eppure, risponde Rita Garlaschielli, coordinatrice dell'ufficio handicap, da quest’anno sono state concesse dall’Ufficio regionale 152 cattedre di sostegno in più. Evidentemente, però, tale soluzione non è ancora sufficiente per coprire il bisogno effettivo. Così pochi giorni fa l’Ufficio regionale scolastico della Lombardia ha dato il via libera per 554 posti in più, ma essendo esaurite le graduatorie degli docenti di sostegno si è optato per il reclutamento di precari non specializzati nell’insegnamento diretto ai diversamente abili creando, ovviamente, sconcerto e allarme nei genitori di questi ragazzi.

La situazione è dunque disastrosa in tutta Italia e il crollo dei finanziamenti oltre a demolire il Tempo Pieno e prolungato, impedisce di pagare e fare le supplenze quasi ovunque, con decine di migliaia di classi sovraffollate, che ogni giorno restano senza insegnanti. Eppure basterebbe che i soldi destinati alla costruzione degli F35 (i caccia) venissero dirottati sull'istruzione, almeno una parte, ma il mondo politico evidentemente ha un altro obiettivo distruggere il bene comune e il senso di collettività, e imporre ovunque il privato . Una tendenza a quanto pare trasversale a tutte le aree politiche se nella finanziaria 2008, varata dal Governo Prodi, furono stanziati qualcosa come... 23 miliardi di euro in spese militari ed oggi, nonostante le danze dei vari coordinamenti, sindacati e associazioni registriamo un vergognoso dato reale, l’abbandono dei giovani più fragili e delle loro famiglie in nome del dio mercato.

Bianca de Laurentis

giovedì 21 ottobre 2010

I pannicelli caldi



Come i pannuccelli caldi che nascondono senza guarire il danno, la Regione Puglia, in rispetto delle linee guida pubblicate con decreto ministeriale 10A11230 sulla G.U. n. 219 del 18 settembre in materia di rinnovabili , frena il limite per l’assoggettabilità alla VIA degli impianti che sorgono in aree protette con la delibera 2084 del 29-09-2010 del Consiglio regionale approvata dalla maggioranza, compresi l’Udc, mentre si sono astenuti i Moderati e Popolari, decisamente contrario il centrodestra.

Il provvedimento nasce dall’esigenza di “un riequilibrio in favore della salvaguardia dei territori”, bloccando l'incidenza dei grandi impianti sui territori, ma soprattutto di disegnare un quadro di certezze dopo che la Corte Costituzionale aveva bocciato quasi tutte le disposizioni prese in esame della Valle d’Aosta, Calabria, la Basilica, il Molise e in particolare la Puglia la cui legge 31 del 2008 era stata dichiarata incostituzionale incostituzionalità degli articoli 2 e 3. Ora, che le linee guida sono state pubblicate, alle regioni resta il compito di determinare l’iter burocratico degli assensi per la costruzione, modifica e potenziamento di tutte le fonti rinnovabili, esclusi quelli offshore, la copertura economica, ma soprattutto i criteri essenziali per la localizzazione degli impianti sul territorio mitigandone l’impatto.

La Puglia, che attualmente vanta il primato di essere la regione in testa alla classifica nazionale, per potenza fotovoltaica incentivata con il Nuovo Conto Energia e che grazie allo sviluppo dell'eolico e del fotovoltaico, produce più energia di quanta ne consuma, ha favorito nel corso di questi anni la corsa al mega impianto. L’energia elettrica “green”, si attesta su 161 mW prodotti (e un aumento del 37,3 per cento dell'intera crescita nazionale rispetto al 2008: vale a dire 72 gW in più), davanti a Lombardia (che con 77 mW si attesta davanti all'intera Spagna, produttrice di 69 mW totali) e Piemonte. In pratica la Puglia ha prodotto nel 2008 come potenza fotovoltaica in mW 53; nel 2009 ha più che raddoppiato con 214 con una media nazionale del 18,8 seguita dalla Lombardia con l’11,1. Un primato che è costato caro in termini di cannibalizzazione del territorio, è sotto gli occhi di tutti il danno paesagistico che una politica poco attenta ha prodotto localizzando a macchia di leopardo impianti eolici e fotovoltaici espiantando vigneti, deformando il profilo dei centri storici senza contare gli stupri ambientali nella Daunia, nel Salento e sull’alta Murgia.
Le facili autorizzazioni, giustificate dall’alleggerimento della burocrazia, vedi la legge regionale n.31 del 2008, la deriva speculativa, i rimbalzi di responsabilità hanno favorito le società o meglio le cordate societarie che hanno già avuto la loro grossa ricompensa con gli incentivi utilizzando vaste aree su cui impiantare folte boscaglie di pale eoliche o distese di specchi, ma anche i comuni “virtuosi” hanno realizzato introiti notevoli, grazie alle royalties incassati dalle società che gestiscono i parchi. Non dimentichiamo, inoltre, che qualsiasi operatore, era autorizzato, con la DIA e nel rispetto delle norme regionali, ad installare impianti fotovoltaici in zona agricola, a prescindere dalla Delibera di Giunta ed a prescindere dalle più severe e vincolanti condizioni che un Regolamento avrebbe potuto introdurre.

E temo che il businnes non finisca qui, perché ancora nessuno ci ha parlato con chiarezza di cosa avverrà per esempio tra 29 anni, quando bisognerà procedere allo smantellamento degli impianti fotovoltaici ormai inefficaci, non si parla di costi né dei luoghi dove i residui andranno dismessi, qualcuno tempo fa aveva parlato dell’ipotesi Africa, o meglio del riutilizzo dei pannelli lì dove il sole è più intenso e non si determina la necessità dell’ utilizzo a pieno ritmo delle celle fotovoltaiche; si sorvola, inoltre, sulla fine dei terreni che per quasi trent’anni non hanno visto la luce del sole, ceduti da agricoltori ormai ridotti alla fame, e speriamo non diventino discariche occulte come quella scoperta a Soleto, né qualcuno ha specificato nei dettagli la totale incapacità di nuocere sulla salute dei vari elementi che compongono gli impianti soprattutto in fase di rimozione.

Un’ultima considerazione rispetto al tardivo provvedimento retroattivo di 180 giorni che, a quanto è dato sapere, quanto è dato sapere, quanto lascia aperte ancora alcune domande fondamentali come per esempio la definizione di chi ha la responsabilità delle autorizzazioni e degli istituti e dei criteri che devono stabilire le aree da tutelare. Chiudendo con una nota ottimistica e sperando in ogni caso che questo provvedimento porrà un argine alla speculazione selvaggia in nome dell’ecologia, una domanda è d’obbligo “questo surplus di energia contribuirà a tenere bassi i costi dell’elettricità?
 
Adele Dentice

mercoledì 6 ottobre 2010

Mondo disabile



“Basta disabili a scuola. Non imparano e disturbano. Meglio per tutti una comunità, dove mandarli seguiti da personale specializzato”: parole dell’assessore all’Istruzione di Chieri, comune torinese. Che momento di vergogna…rassicurante è comunque che molti siano stati i dissensi che ha riscontrato tale affermazione. Questo genere di esternazioni dei nostri politici associate ai tagli che coinvolgono il mondo della scuola e in particolar modo gli insegnati di sostegno rappresentano delle profonde ferite per le famiglie che vivono tali realtà.
Ci troviamo nella società del consumo, della sovrapproduzione, del dinamismo, dell’alienazione … nella società dell’individualismo, dell’egocentrismo e della prevaricazione del forte sul debole. La società, che, per sua natura, dovrebbe rappresentare lo scheletro funzionante di una nazione, pian piano viene distrutta, annientata dai nostri gruppi dirigenziali, dai nostri politici volti a creare e a sottolineare le “diversità”… di ceto, di sesso, di nazionalità, etc. Una società evoluta dovrebbe permettere al debole di essere supportato dal più forte, avvolto e portato per mano, invece che essere soggiogato, schiacciato e annullato.

La disabilità in questo mondo viene letta come “non produttività”, quindi inutilità. Eppure bisognerebbe cominciare ad insegnare ai nostri figli a scoprire e comprendere la disabilità in termini di “altra abilità”. Del resto, poi, tra i cosiddetti disabili spiccano personaggi autorevoli che in vari ambiti si sono distinti, come ad esempio il noto campione Oscar Pistorius. Vi sono, inoltre, numerosi artisti disabili, famosi o meno che siano, che non hanno gli arti superiori, altri sono ipovedenti, molti hanno disabilità mentali (autistici). Un esempio tra tanti è rappresentato da Stephen Wiltshire: è uno degli autistici più famosi al mondo grazie all’abilità di poter creare dei disegni ultradettagliati dopo una vista soltanto (una memoria fotografica all’ennesima potenza). Ha imparato a parlare a 9 anni e a 10 ha iniziato a disegnare. Perché dunque non ambire alla ricerca di metodi per poter esprimere le potenzialità di queste persone al fine anche di migliorare la società in cui viviamo? Forse è chiedere troppo?

Per poter capire e accettare la disabilità bisognerebbe anzitutto immedesimarsi in chi è costretto a viverla tutti giorni, tralasciando qualsiasi forma di pietismo e pensando, invece, agli sforzi continui e alle difficoltà che deve cercare di superare attimo per attimo e al sacrificio delle famiglie coinvolte, sacrificio non solo emotivo e morale, ma anche materiale ed economico. Facile credere che questi siano problemi lontani da noi e che riguardino solo una piccola fetta della società: ci sbagliamo alla grande! Disabile non sempre si nasce… questo dovrebbero impararlo soprattutto i nostri politici!

Dove andremo a finire se costruiamo classi separate per i disabili, per gli immigrati …classi separate per i “diversi” da noi? Alla fine ci saranno classi per i belli e ricchi da una parte e poveracci dall’altra? Del resto, però, come meravigliarsi se già oggi in quasi tutte le scuole esiste la cosiddetta sezione d’elìte?
Poi, alla fin fine cos’è questa normalità di cui tutti parlano? Qualcuno sia in grado di darci una definizione!

Bianca De Laurentis

giovedì 30 settembre 2010

L'acqua e l'aria fritta



Dell’"imminente" ripubblicizzazione della società per azioni Acquedotto Pugliese si parla da febbraio. Il 4 febbraio viene approvato dalla giunta regionale (ormai allo scadere del mandato) il disegno di legge n. 7 per la costituzione dell'azienda pubblica regionale “Acquedotto pugliese - AQP” (ancora scaricabile sul sito del Consiglio regionale della Puglia) caratterizzato da molti punti significativi. L'art. 2 stabilisce che il servizio idrico integrato pugliese "è da considerarsi servizio pubblico locale di interesse generale, ai sensi dell’art. 1, comma 3 della presente legge, perciò privo di rilevanza economica e sottratto alla regola della concorrenza" e si precisa che la sua gestione viene affidata "esclusivamente a un’azienda pubblica regionale in grado di garantire la gestione dell’intero ciclo con criteri di efficacia, efficienza, trasparenza, equità sociale, solidarietà, senza finalità lucrativa e nel rispetto dei diritti delle generazioni future e degli equilibri ecologici".
L'art. 5 del DDL prevede invece la costituzione dell’azienda pubblica regionale AQP, non avente finalità di lucro e subentrante nelle attività e in tutti i rapporti attivi e passivi alla società Acquedotto Pugliese Spa (che dunque sarebbe diventata un ricordo).

Eppure questo DDL è una seconda versione di un'altra bozza, risalente a un anno prima, in origine contenente anch’essa la dicitura "azienda pubblica regionale, soggetto di diritto pubblico". Questa bozza, frutto del lavoro di un tavolo tecnico paritario tra governo Vendola e vari movimenti e gruppi, andava approvata da parte della giunta entro il 31 dicembre 2009 e poi passata in Consiglio regionale, per diventare definitivamente legge. Ma la giunta in quel caso aveva modificato il disegno eliminando l’espressione "soggetto di diritto pubblico” e lasciando solo “azienda pubblica regionale", sollevando già proteste da parte di membri del Comitato Acqua Bene Comune, movimento impegnato per antonomasia sul fronte dell’acqua pubblica.

Solo in tempo di campagna elettorale (e siamo tornati al 4 febbraio) la Giunta approva il DDL n. 7 reintroducendo la definizione “soggetto di diritto pubblico” (fondamentale, perché una società per azioni non è una vera persona giuridica pubblica, anche se partecipata interamente dalle regioni Puglia e Basilicata come nel caso in esame, ma può diventarlo solo se sottratta alle leggi del diritto privato). Ormai però la legislatura è agli sgoccioli e manca il tempo per presentarlo in Consiglio, ove la maggioranza possa votarne la conversione in legge regionale. Ma appunto siamo in campagna elettorale: e così già il 5 febbraio si diffonde la news (tratta dall’archivio stampa del sito web della Regione Puglia) dell'approvazione del DDL da parte della giunta, riportata anche su alcuni siti di Sinistra Ecologia e Libertà. Il principio dell’acquedotto pubblico, oltre a quello dell’acqua bene comune, non è ancora diventato legge; tuttavia l’ok della giunta (esecutivo), monco del voto in Consiglio (legislativo), viene quasi fatto passare per approvazione definitiva.

Ma è una dichiarazione dello stesso Vendola la riprova che “è tutto da rifare”: a marzo il governatore uscente prende l'impegno di ripubblicizzare l'acquedotto nei primi cento giorni di legislatura in caso di rielezione. Peccato che non sia questa (ennesima) promessa a campeggiare sui manifesti per le strade, ma la filastrocca ambigua “Giù le mani dalla brocca, l’acqua è nostra non si tocca!” dei creativi delle “fabbriche”. Certo, il sottotitolo parla di tutt’altro (“ridotte del 20% le perdite dell’Acquedotto”), ma tutto fa brodo e per tanti vendoliani icono-videodipendenti, che ingaggiano quotidianamente le battaglie di commenti online, “con Nichi l’acqua è diventata pubblica”. Del resto in quel periodo riscuote successi il Comitato per l’acqua, che sta per approntare una raccolta firme per un referendum (contro alcune norme del governo sulla privatizzazione dell’acqua); allora si mette in moto la giostra della propaganda di SeL e del centrosinistra, volta a conquistare voti col pretesto di aiutare il comitato; in alcuni servizi del Tg3 nazionale si è persino parlato dell’iniziativa referendaria associandola al placet di Vendola stesso e alle immagini dei dirigenti SeL ai banchetti delle firme, oscurando al massimo il comitato (in quanto tale un organismo plurale).

Dopo la rielezione di Vendola a fine marzo, una nuova tempesta di dichiarazioni e proclami. E’ del 25 aprile una dichiarazione dell’Assessore regionale alle Opere Pubbliche Fabiano Amati, firmatario fra l’altro per il referendum del Comitato: "la Giunta regionale ha già approvato il disegno di legge sulla ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese elaborato dal tavolo tecnico congiunto” e “non appena il Consiglio s’insedierà, lotteremo con tutte le forze per approvarlo immediatamente”.
Altro mese, altra "approvazione". L’11 maggio la giunta riapprova “un disegno di legge finalizzato a regolare governo e gestione del servizio idrico integrato attraverso la costituzione dell’azienda pubblica regionale" come si legge nell’ennesima news del giorno dopo. Viene fatto anche riferimento esplicito al futuro nuovo volto dell'Aqp (da Spa partecipata dal pubblico ad azienda del tutto pubblica, con tanto di acquisto di quote dalla Basilicata).
Ma la storia, secondo un recente articolo da “Liberazione” (quotidiano del Prc, partito membro della maggioranza in regione), finisce il 21 luglio quando il DDL “viene spedito alle commissioni competenti. […]. Il tempo passa e non sono ancora state calendarizzate le audizioni. L'obiettivo dei 100 giorni pare sfumato. Nella migliore delle ipotesi la questione slitterà a dicembre”. Intanto, l'azienda ridimensiona le unità territoriali di Brindisi e Trani, con a rischio 170 lavoratori.

Insomma, siamo stati bombardati da una serie di trionfalistici annunci di “approvazioni” doppie e triple a mezzo stampa, che dopo mesi fanno la loro porca figura su internet confondendo...le acque. Ma se si volessero trovare disposizioni vere e proprie nella normativa regionale, scandagliando l'archivio dei bollettini postati dall'inizio del 2010 ad oggi sul sito internet del BURP Puglia (e il sottoscritto lo ha fatto) si rimarrà delusi. Neanche l'ombra della tanto agognata legge; e compare ancora la dicitura "Acquedotto Pugliese Spa" o "AQP Spa" nei testi di altri atti che si riferiscono all'Aqp. Da chi fece il gran gesto di cacciare nel 2006 Petrella dai vertici aziendali, non ci si aspetta altro.
Per giunta (e citiamo ancora “Liberazione”) i comitati acqua osano scocciare il poeta scrivendogli di difendere i lavoratori e le unità locali dalle scelte dell’azienda di Monteforte. Queste le parole testuali di Vendola: “non rispondo alla lettera del comitato Acqua bene comune. Posso soltanto affermare che non siamo in Unione Sovietica”. Una prova scandalosa dell’adesione totale e incondizionata ai desideri ultraliberisti imposti dai grandi poteri economici a danno della collettività, dello spregio derisorio e spavaldo verso ogni coerenza ideologica e verso i “poveri fessi” che credono ancora ai colori delle bandiere. Il capitalismo (al di là delle chiacchiere “filoprecarie” à-la “Ballarò” o “Parla con me”) ringrazia Nichi, l’americano, che anche sull’acqua ha potuto conservare il suo scranno e cominciare la scalata alla leadership della sinistra ammucchiata antiberlusconiana.

Riferimenti:

- Il DDL n° 7 (4 febbraio 2010): www.consiglio.puglia.it/applicazioni/cadan/aula/public/VIII/legislativi.asp (cliccare sul numero 390 per scaricare)

- I primi “annunci” (5 febbraio 2010): www.sinistraelibertacapitanata.it/2010/02/05/governo-vendola-giunta-approva-legge-su-acqua-bene-comune (con in calce link alla press-regione)


- Dichiarazione di Amati (25 aprile 2010): www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17077

- Altra “approvazione” (12 maggio 2010): www.barilive.it/news/news.aspx?idnews=17260

Andrea Russo

martedì 28 settembre 2010

Oggi, 28 settembre 2010, tutti noi aderenti del movimento Per il Bene Comune Puglia e di Bari ci stringiamo in un forte abbraccio al nostro caro amico Nino Cimino nel difficile momento della scomparsa di suo padre.

mercoledì 22 settembre 2010

Allarme Radon nelle scuole



Il radon è un gas radioattivo molto dannoso presente nel suolo e nei materiali da costruzione,come il tufo. E' stato classificato come uno degli 87 agenti di cui vi è evidenza certa di cancerogenicità per l'uomo.E' uno dei fattori scatenanti del cancro al polmone. E' ubiquitario sulla terra e deriva dalla disintegrazione dell'uranio 238. E' la seconda causa di morte per tumore al polmone dopo il fumo di tabacco.

Sono stati effettuati dei rilievi su 420 scuole del Salento e questi rilievi hanno confermato che il radon imperversa in tutta la provincia di Lecce. Ma soprattutto ci sono 37 scuole contaminate dal radon.

Bisogna intervenire presso gli Istituti di competenza e le rispettive amministrazioni comunali dove ci sono gli istituti scolastici a rischio affinchè si attivino immediatamente misure di tutela del corpo amministrativo docente e scolastico. Già ma in quale istituti scolastici intervenire?

E' veramente difficile comprendere per quale ragione i nomi degli istituti scolastici interessati siano stati secretati in ragione di questa rilevazione del radon, potenzialmente gravemente nocivo,e ancora non siano state già prese misure preventive. Delle 37 scuole contaminate dal radon si sa solo che 5 sono di competenza della Provincia e tutte le altre ricadono sotto la giurisdizione dei rispettivi Comuni.

La legge prevede diverse tipologie di intervento: per gli edifici nei quali si riscontra un valore compreso tra i 400 e i 500 Becquerel (bq) è necessario ripetere le analisi a distanza di tempo ed aerare gli ambienti,mentre se si superano i 500 bq è obbligatorio procedere con interventi strutturali,che sono di due tipi: impermeabilizzazione dei pavimenti e realizzazione di un pozzetto sui 4 lati degli edifici interessati allo scopo di creare corrente d'aria e far fuoriuscire il gas dai pozzetti grazie all'ausilio di ventole aspiratrici. Questi interventi vanno fatti in collaborazione con la Provincia di Lecce, Provincia che ancora non ha mosso un dito. Provincia di Lecce che dovrebbe far sapere subito quali sono gli istituti scolastici nei quali si è registrato uno sforamento dei limiti di radon consentiti dalla legge e quali concrete iniziative intende adottare.

E intanto nelle scuole interessate (materne, elementari, medie e superiori) continuano ad andarci i nostri figli...

Davide Falsanisi

Gli errori giusti degli ignari-consapevoli



Il culto della personalità, nemico di ogni pensiero politico nuovo e liberato dai dogmi, si riafferma continuamente. Quando la libera ricerca della verità e l'inchiesta sociale diventano una fatica da scansare, è più comodo muoversi al seguito dei "miti" che esistono già. E da qualche tempo i miti, gli idoli, puntano a costruirsi un immagine immacolata, di candida purezza e passione romantica, più che ad apparire come uomini forti. Perchè così si impressionano di più le coscienze.

Non siamo sorpresi dalle critiche che ci rimproverano l'"ossessione" per il governatore della Puglia Nichi Vendola. Siamo sorpresi dal fatto che nessuno riconosca che la nostra "ossessione" negativa è una reazione, uguale e contraria, alla Nichimania assillante che si è scatenata sui mezzi di comunicazione e informazione (che uniforma i comportamenti di massa): una pubblicità poco subliminale che ci dice che, con i pro e i contro, "Nichi è pur sempre Nichi", come la Coca Cola, Mike Bongiorno e la canzone napoletana.

Tanti hanno ormai fissato in mente l'immagine del poeta dall'animo sensibile, dell'angelo innocente sceso in mezzo ai comuni mortali che non lo comprendono, e lo trafiggono senza pietà: a toccare Nichi, codesti animi eccitati si sollevano, si sentono togliere l'unica speranza di salvezza terrena. E applicano tale modo di "ragionare" - in negativo - anche ai rivali del pollaio politico di sistema (antiberlusconismo: ovvero dimostra loro che i droni della Nato in Afghanistan sono ben peggio delle battute di Sua Emittenza e, come se volessi uccider loro un parente, ti recrimineranno l'amicizia di fatto con la P2, la mafia ecc.). Si capisce che chi si fa prendere da questa fede, butta a mare ogni barlume di logica e di coerenza per difendere in prima persona l'idolo "liberatore" della propria tribù d'appartenenza.

Ne ha avute di ombre la "rivoluzione gentile" del 2005-2010, e si è costretti ad ammettere qualche peccatuccio. Ma, si sostiene, quelli di Vendola non sono "errori" suoi. Ecco il tipico esempio abusato di questi tempi: nel 2005 il neopresidente Vendola avrebbe nominato assessore alla Sanità Alberto Tedesco, poi salito agli onori di cronaca perchè al centro dello scandalo Tarantini e responsabile di un pesante deficit di bilancio, per il fatto che lo stesso Tedesco gli sarebbe stato imposto "dall'alto" (dal PD, gli allora DS e Margherita).

Premessa: nella questione non dovrebbero rilevare i guai di Tedesco. È vero, casualmente in quel tempo il futuro assessore risultava anche proprietario di aziende sanitarie private (col rischio di conflitto di interessi dietro l'angolo) ed era stato coinvolto anni prima in inchieste giudiziarie sulla sanità insieme tra gli altri all'ex-re delle cliniche private Cavallari condannato per mafia. Senz'altro, non fa male ricordare che per i quadri dei partiti locali questi fatti erano di dominio pubblico 5 anni fa come lo sono oggi, e il dirigente PCI di lungo corso Vendola non poteva fare eccezione (a maggior ragione perchè Fitto si disse contento di avere un suo assessore nella nuova giunta del rivale). Ma questi soli fatterelli non sono la chiave per comprendere il problema Vendola, che è di ordine politico e rimarrebbe tale anche se Tedesco e simili avessero vinto per 50 volte consecutive il premio per la fedina penale più bianca d'Europa. Per comprenderlo non occorrono invocazioni alla legalità tradita (cosa sia legalità o no lo stabiliscono come vogliono le istituzioni e le lobby) ma una buona memoria e una conoscenza profonda della cultura politica di chi è oggetto della propria critica.

Bisogna chidersi con che dignità nel 2005 la sinistra radicale (e non solo quella vendoliana) abbia potuto illudere migliaia di pugliesi con il miraggio di una stagione nuova che era in partenza impossibile, perchè basata su di un'alleanza con forze tutt'altro che "rivoluzionarie", dai programmi lontanissimi dai propri e ovviamente con un peso politico tanto maggiore da determinare per forza l'azione concreta della nuova giunta - come appunto ammettono a denti stretti gli stessi Nichi-fans. "Purtroppo si sapeva che gli uomini di D'Alema e Pinco Pallo avrebbero preso il comando" dicono. Si sapeva? E si è continuato a non opporre resistenza, a non pensare per l'euforia?

Se davvero Vendola fosse stato uno sproveduto tale da accorgersi, all'ultimo momento, d'essere sotto schiaffo del blocco partitico che lo sosteneva (ma noi pensiamo che un presidente di regione sia grande e vaccinato per fare nomine e scelte da solo!) avrebbe dovuto dare la prova autentica di essere diverso come si autodefiniva: lasciando la guida della coalizione e rinunciando alla poltrona di governatore (avete letto bene: r-i-n-u-n-c-i-a-r-e) per non cadere in contraddizione con gli obiettivi dichiarati. E anche tutti gli altri fedelissimi avrebbero dovuto mettere in discussione i propri scranni per fare la stessa scelta etica.

Si sa come vanno queste cose. La vittoria elettorale contingente con tanto di folla in festa sugli schermi televisivi (ecco la vera americanizzazione della politica, altro che berlusconismo e altre scemenze) e l'intronizzazione del reuccio (travicello per giunta) hanno contato più dell'etica e della coerenza. Certo, si è  mancati di rispetto verso la dignità dei cittadini pugliesi (a cominciare da quelli che credevano alle sue promesse di pulizia e di discontinuità): tant'è che alle ultime regionali ben il 71% dell'elettorato attivo (tra cui un 37% di astenuti) non ha affatto votato per Vendola, e ciò dà l'idea della grande fiducia popolare di cui gode. Ma vuoi mettere questi dettagli insignificanti con la tournee per i talk-show di Raitre o La7 tutti dedicati al "leader di popolo"?
 
Andrea Russo

La collina dei Fanciulli e delle Ninfe



Quando l'armonia della natura si coniuga con la ricchezza dell'arte e della cultura.questo è la collina dei Fanciulli e delle Ninfe, un luogo fatato che ha ospitato Ovido e Nicandro di Colofone, suggestionato, quest'ultimo, dalle rocce straordinarie raccontò leggende fantastiche. Questo luogo speciale in una terra speciale, il Salento, si appresta ad ospitare 12 Pali aerogeneratori che si alterneranno agli ulivi millenari e alla bellssima chiesetta rupestre di San Giovanni.

Uno dei tanti sfegi a cui è stato condannato il Salento, tra le zone più belle dell'Italia, che un'amministrazone realmente sensibile all'arte e alle politiche del lavoro avrebbe dovuto in toto destinare alla sua natuale vocazione, il turismo, che ben presto, nonostante le ciifre, sarà un bel ricordo.

Questo è l'ultimo fenomeno della cannbalizzazione del territorio a cui è stata sacrificata l'intera regione Puglia con la scusa dell'energia pulita, che nasconde l'assalto delle multinazionali agl investmenti per via della triplicazione degli incentivi, cifre da capogiro se i dati sono di 344 milion euro nel 2009, in pratica una media del doppio dell'energia prodotta; e noi utenti ignari degli imbrogli perpetrati ai nostri danni paghiamo il doppio se non il triplo e, se entro il 2020 si raggiungerano i parametri previsti, le nostre bollette raggiungeranno cfre stellari. Intanto siamo tutti contenti produciamo più energia in partcolare quella solare del resto d'Itala addtittura pù della Cina, mentre la nostra terra vinene mangiata da distese specchiate, terra sottratta ai contadini, che allettati da incentivi cospicui rinunciano volentieri al duro lavoroagricolo.

D'atronde i dati sono inquietanti la Puglia felix, set cinematografico a cielo aperto, contiene 497 impianti su una superficie di 358 ettari e una produzione di energia solare di 87 megawatt, di tutto questo ben 76 su terreni agricoli, e stiamo parlando degli impianti attivi, poi ci sono quelli già realzzati e non collegati e poi ci sono quelli in via di attuazione... e poi tra qualche anno ci dovranno spiegare l'euforia delle cifre legate non solo al turismo, o all'efficienza sanitaria o al superamento della cassaintegrazione e alla fine dell'emigrazone dei giovani, ma quelle relative alla perdita irrimediabile del territorio, dell'arte, della salubrità dell'aria, già perchè in tutto questo non abbiamo ancora parlato degli inceneritori, e delle centrali che nonostante gli specchi e le pale continuano a funzonare ed a dispensare tumori.

Adele Dentice

La spirale della povertà



L'ultimo rapporto Istat sulla diffusione della povertà in Italia dimostra che c'è un peggioramento delle condizioni di vita di moltissime famiglie italiane, prevalentemente residenti nel Mezzogiorno.

Per l'Istat sono povere quelle famiglie che si collocano al di sotto di una linea di povertà quantificata in termini di consumi medi pro-capite. Nel 2009 la linea di povertà relativa è risultata pari a 983 euro,17 euro in meno rispetto a quella del 2008. Nel 2009 le famiglie in condizioni di povertà relativa risultano essere 2 milioni 657 mila, pari al 10,8% delle famiglie italiane. Si tratta di 7 milioni 810 mila individui poveri, il 13,1% dell'intera popolazione.

La maggior parte sono giovani individui inoccupati o con impieghi precari, o assunti in nero. In questo caso non si tratta di bamboccioni perchè sono individui alla ricerca del lavoro e sui quali si scaricano 2 contraddizioni di questo modello di sviluppo. La prima, alla quale il governo ha saputo rispondere con la social card, consiste nella trasmissione ereditaria della povertà. Nel contesto italiano chi nasce povero, non solo è destinato a rimanere tale,ma è destinato ad impoverirsi ulteriormente. Ciò accade perchè i posti di lavoro disponibili si sono drammaticamente ridotti e sono diventati nella gran parte dei casi precari, e poi perchè la caduta dei salari reali ha ridotto i risparmi e la possibilità di effettuare trasferimenti di reddito.

Il Mezzogiorno è sempre più un'area di desertificazione industriale, popolata da imprese di piccole dimensioni, con alta incidenza di economia irregolare. Così è ovvio che la domanda di lavoro sia bassa, riguardi essenzialmente individui poco scolarizzati, e i salari siano bassi e decrescenti.

Si è in presenza di un modello di sviluppo e di una politica economica dalla quale non c'è da attendersi una riduzione della povertà in Italia e soprattutto nel Mezzogiorno. Un obiettivo questo che dovrebbe essere ritenuto prioritario e che potrebbe essere raggiunto evitando misure assistenziali di breve periodo, e abbandonando l'idea che la crescita economica si possa conseguire con politiche di austerità e di riduzione dell'intervento pubblico in economia.

Davide Falsanisi

La fuga dei cervelli dall’Italia



Anche gli antichi romani investivano in cultura: i giovani venivano inviati ad Atene per essere formati nello studio dell’oratoria, per poi ritornare in Patria. Nell’Italia di oggi, purtroppo, il capitale umano “in fuga” difficilmente riesce a tornare per reintegrarsi nel mondo del lavoro e il sapere acquisito rimane una risorsa “lontana”. Per usare le parole di Claudia di Giorgio, autrice del libro “Cervelli export”: “l’Italia esporta gratuitamente cervelli all’estero”.

Oggi, con il processo di mercificazione dei saperi, si è imposta una nuova linea di pensiero che vede la ricerca scientifica come una “perdita di tempo e di soldi”, molto più semplice quindi far fare il “lavoro sporco” ad altri e ritagliarsi, invece, un segmento di mercato sicuro all’interno della produzione dei beni di largo consumo che prevedono non a caso una bassa intensità di innovazione. Nonostante sia iniziata la “world brains war” (la battaglia globale per i cervelli), che vede protagonisti Stati Uniti e Gran Bretagna, seguiti da numerosi altri stati (ben 36 in tutto il mondo), i quali hanno appoggiato nuove riforme politiche per attrarre “cervelli” dall’estero, l’Italia rischia di affiancarsi a quei cinque paesi (Arabia Saudita, Bhutan, Botswana, Egitto e Giordania) che si sono attivati in senso contrario per scoraggiare l’immigrazione di persone altamente qualificate.

Eppure, a due passi da noi, abbiamo un esempio illuminante di ottima gestione del “capitale umano”, ovvero la Svizzera, tra i Paesi leader mondiali nell’innovazione e nella ricerca, perché investe molto nel settore della formazione. La classifica internazionale delle università del Times Higher Education colloca ben 4 università svizzere tra le 100 migliori al mondo, oltre a vantare un elevato grado d’internazionalizzazione. Si calcola che oltre il 70 per cento degli studenti svizzeri è formato in una delle 200 migliori università al mondo (Shanghai Ranking).

Scoraggiante è, invece, la situazione dell’Italia, che per la formazione investe meno della media non solo europea, ma del mondo. Scarseggiano sia i finanziamenti pubblici che quelli privati. Nella citata classifica internazionale, l’università italiana che si posiziona meglio, quella di Bologna, è solo al 174° posto e la seconda, l’Università di Roma La Sapienza, è al 205° posto. Il grado d’internazionalizzazione, poi, delle università italiane è bassissimo. I dottorandi stranieri rappresentano una percentuale minima, poco più di un terzo della media Ue, meno di un quarto della media OCSE.

La nota contraddittoria è che le Università, ovvero Enti pubblici, finanziano la formazione e la crescita di queste giovani menti destinate a trovare occupazione in altre nazioni, in primis Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, incrementando lo sviluppo tecnologico ed economico di queste ultime, senza che si determini un beneficio economico di ritorno.

In Italia, inoltre, i privati tendono non investire più sulla ricerca come attesta l’associazione AIR, secondo cui il numero di ricercatori pubblici (ca.90mila) in rapporto a quelli privati (ca.60mila) in Italia è 3:2, contro una media UE 1:1. Ciò significa una ennesima contrazione dei posti di lavoro nell’ambito dell’industria, mentre la ricerca migliorando il sistema produttivo permetterebbe l’assorbimento di nuove risorse umane.
I tagli previsti dalla Finanziaria del 2008, estesa anche al 2009/2010, ovviamente non fanno altro che peggiorare il quadro complessivo della situazione e non si tratta di pura casualità se una forte maggioranza dei progetti vincitori italiani provengono da centri di ricerca o università del calibro della Bocconi di Milano o della Normale di Pisa, invece assai scarsi sono quelli provenienti da semplici dipartimenti universitari.

I giovani ricercatori non sfuggono, però, solo alla mancanza dei fondi, ma anche ai sistemi alquanto ambigui, molto spesso soggetti a meccanismi nepotistici e clientelari, che regolano il reclutamento e la carriera degli stessi. Dunque stiamo parlando di uno Stato malato che non fa altro, con le sue riforme, che danneggiare una università altrettanto in decadimento, senza comprendere che, pure in un momento di forte crisi, l’unico strumento per realizzare il progresso di una nazione é finanziare la ricerca e la formazione, intese come investimento per il futuro. In caso contrario tale malessere segnerà il declino irreversibile dello Stato italiano, vittima di sé stesso.

Bianca de Laurentis