giovedì 21 ottobre 2010

I pannicelli caldi



Come i pannuccelli caldi che nascondono senza guarire il danno, la Regione Puglia, in rispetto delle linee guida pubblicate con decreto ministeriale 10A11230 sulla G.U. n. 219 del 18 settembre in materia di rinnovabili , frena il limite per l’assoggettabilità alla VIA degli impianti che sorgono in aree protette con la delibera 2084 del 29-09-2010 del Consiglio regionale approvata dalla maggioranza, compresi l’Udc, mentre si sono astenuti i Moderati e Popolari, decisamente contrario il centrodestra.

Il provvedimento nasce dall’esigenza di “un riequilibrio in favore della salvaguardia dei territori”, bloccando l'incidenza dei grandi impianti sui territori, ma soprattutto di disegnare un quadro di certezze dopo che la Corte Costituzionale aveva bocciato quasi tutte le disposizioni prese in esame della Valle d’Aosta, Calabria, la Basilica, il Molise e in particolare la Puglia la cui legge 31 del 2008 era stata dichiarata incostituzionale incostituzionalità degli articoli 2 e 3. Ora, che le linee guida sono state pubblicate, alle regioni resta il compito di determinare l’iter burocratico degli assensi per la costruzione, modifica e potenziamento di tutte le fonti rinnovabili, esclusi quelli offshore, la copertura economica, ma soprattutto i criteri essenziali per la localizzazione degli impianti sul territorio mitigandone l’impatto.

La Puglia, che attualmente vanta il primato di essere la regione in testa alla classifica nazionale, per potenza fotovoltaica incentivata con il Nuovo Conto Energia e che grazie allo sviluppo dell'eolico e del fotovoltaico, produce più energia di quanta ne consuma, ha favorito nel corso di questi anni la corsa al mega impianto. L’energia elettrica “green”, si attesta su 161 mW prodotti (e un aumento del 37,3 per cento dell'intera crescita nazionale rispetto al 2008: vale a dire 72 gW in più), davanti a Lombardia (che con 77 mW si attesta davanti all'intera Spagna, produttrice di 69 mW totali) e Piemonte. In pratica la Puglia ha prodotto nel 2008 come potenza fotovoltaica in mW 53; nel 2009 ha più che raddoppiato con 214 con una media nazionale del 18,8 seguita dalla Lombardia con l’11,1. Un primato che è costato caro in termini di cannibalizzazione del territorio, è sotto gli occhi di tutti il danno paesagistico che una politica poco attenta ha prodotto localizzando a macchia di leopardo impianti eolici e fotovoltaici espiantando vigneti, deformando il profilo dei centri storici senza contare gli stupri ambientali nella Daunia, nel Salento e sull’alta Murgia.
Le facili autorizzazioni, giustificate dall’alleggerimento della burocrazia, vedi la legge regionale n.31 del 2008, la deriva speculativa, i rimbalzi di responsabilità hanno favorito le società o meglio le cordate societarie che hanno già avuto la loro grossa ricompensa con gli incentivi utilizzando vaste aree su cui impiantare folte boscaglie di pale eoliche o distese di specchi, ma anche i comuni “virtuosi” hanno realizzato introiti notevoli, grazie alle royalties incassati dalle società che gestiscono i parchi. Non dimentichiamo, inoltre, che qualsiasi operatore, era autorizzato, con la DIA e nel rispetto delle norme regionali, ad installare impianti fotovoltaici in zona agricola, a prescindere dalla Delibera di Giunta ed a prescindere dalle più severe e vincolanti condizioni che un Regolamento avrebbe potuto introdurre.

E temo che il businnes non finisca qui, perché ancora nessuno ci ha parlato con chiarezza di cosa avverrà per esempio tra 29 anni, quando bisognerà procedere allo smantellamento degli impianti fotovoltaici ormai inefficaci, non si parla di costi né dei luoghi dove i residui andranno dismessi, qualcuno tempo fa aveva parlato dell’ipotesi Africa, o meglio del riutilizzo dei pannelli lì dove il sole è più intenso e non si determina la necessità dell’ utilizzo a pieno ritmo delle celle fotovoltaiche; si sorvola, inoltre, sulla fine dei terreni che per quasi trent’anni non hanno visto la luce del sole, ceduti da agricoltori ormai ridotti alla fame, e speriamo non diventino discariche occulte come quella scoperta a Soleto, né qualcuno ha specificato nei dettagli la totale incapacità di nuocere sulla salute dei vari elementi che compongono gli impianti soprattutto in fase di rimozione.

Un’ultima considerazione rispetto al tardivo provvedimento retroattivo di 180 giorni che, a quanto è dato sapere, quanto è dato sapere, quanto lascia aperte ancora alcune domande fondamentali come per esempio la definizione di chi ha la responsabilità delle autorizzazioni e degli istituti e dei criteri che devono stabilire le aree da tutelare. Chiudendo con una nota ottimistica e sperando in ogni caso che questo provvedimento porrà un argine alla speculazione selvaggia in nome dell’ecologia, una domanda è d’obbligo “questo surplus di energia contribuirà a tenere bassi i costi dell’elettricità?
 
Adele Dentice

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