Se i sindacati coincidono storicamente con i progressi della condizione operaia, che scopriva e trasmetteva la consapevolezza che la forza lavoro è un elemento imprescindibile per la produzione di beni, secondo un’equazione tra ricchezza e prodotti “umanamente” gestibile e controllabile; oggi, dopo una fase di esuberanza produttiva , e in ragione di una ricchezza svincolata da ogni fattore tangibile, poiché regolata dai flussi finanziari, il dipendente , non più inteso come risorsa ma come “costo” improduttivo, viene abbandonato dagli stessi sindacati che hanno sostituito la loro funzione di contropotere con quella normante e legislativa asservita ai poteri forti, ne danno prova i famigerati accordi utilizzati come veri e propri strumenti di assoggettamento a servizio delle elite dominanti.
La sospensione e l’isolamento a cui sono appesi i lavoratori impediscono che la gente dia corpo o creda a un soggetto politico che non sia schiacciato dall’ideologismo o dalla devastante pratica del neocapitalismo; gli stessi movimenti,che stanno colorando il nostro panorama politico in cerca di un facile consenso, non sono in grado di prospettare una strategia in grado di arginare il mutamento del sistema produttivo con tutti i suoi nefasti effetti; i partiti sopravvivono grazie all’assimilazione di istanze e idee dal volto“nuovo” saccheggiandole a movimenti spontanei, mentre questi ultimi convergono verso prospettive, ormai superate dall’esperienza, che continuano a caratterizzare i partiti tradizionali; in buona sostanza nonostante il cambio di immagine alla fine gli orizzonti, in particolare quelli economici, rimangono invariati. E’ l’effetto della mondialità che ha assottigliato la forza lavoro rendendo irreversibile la disoccupazione e la precarietà , disegnando una società diseguale che priva il singolo di qualsiasi forma di reddito come diritto alla vita In questa fase pre-elettorale molto si parla del reddito minimo di cittadinanza, un diritto incondizionato e inalienabile che rappresenta il primo punto di partenza per uscire dalla miseria a cui gli schieramenti destra-sinistra, ormai privi di alcun senso storico,ci hanno condotto,un diritto che consentirebbe tra l’altro anche una redistribuzione della ricchezza più equa, ma si può incorrere nella trappola della pura demagogia se non si riesce a separare il ceto politico dal potere economico, che lo orienta.
Ci vuole un fatto nuovo, o forse vecchio, come voler ricostruire una piattaforma politica almeno coerente, che dia per certo la sovranità popolare monetaria, che sia protezionista, per la tassazione progressiva e riduca la spesa improduttiva aumentando quella per la ricerca, sviluppo, educazione, per il sostegno ai settori strategici nazionali
Un fatto nuovo che implichi una coscienza e una volontà collettiva,unica precondizione “scientifica” irrinunciabile del cambiamento stesso, una operazione difficile poichè moltissima gente non crede ci sia via di scampo per via del terrorismo dei mass media che inducono a far accettare la macelleria sociale come unica possibile via di salvezza.
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