venerdì 15 giugno 2012

INVALSI: la mutazione genetica della scuola


“Non bisogna avere fretta nelle risposte, bisogna riflettere bene e a lungo”.

Questo era il vecchio modo di fare scuola che da sempre ha distinto l'Istituzione scolastica italiana , in particolare quella primaria, tra le migliori del mondo, per la sua attenzione alla sfera affettiva-relazionale  Andava bene in altri tempi  oggi, grazie anche all’apporto  dell’ex ministro Fioroni che ha introdotto l’obbligatorietà di un quiz in terza media che pian piano si è esteso a tutti  i livelli d’istruzione , la consapevole cautela con cui si interveniva nel rapporto formativo con i minori è stata sostituita da una prova oggettiva asettica che annulla, di colpo, la soggettività non solo dell’alunno, ma anche dell’insegnante.
Nella completa disinformazione  di genitori e docenti divisi tra scettici, assertivi e finalmente esplicitamente contrari, la prova oltre a mirare allo stravolgimento  della relazione didattica ed educativa, con la pretesa di “valutare “ in modo standardizzato e “oggettivo” le Competenze, si è andata    arricchendo di invasività
trasformandosi pian piano in schedatura di massa, propedeutica alla promozione di un nuovo modello di società; la questione , quindi, non può più limitarsi a considerazioni solo di natura didattica educativa, moralmente irrilevanti,  ma  diventa  prioritariamente politica.
Il nuovo sistema valutativo, moderno ed europeo, si inserisce a pieno titolo come ultimo atto   nel processo di  Privatizzazione, con la trasformazione radicale della funzione storica della scuola pubblica, e di anglosizzazione, sostituendo la relazione intersoggettiva con performance e valutazione oggettiva, come soluzione finale di controllo dei cervelli  che affollano le nostre scuole pollaio. Per chi non è del mestiere , ma anche per gli addetti ai lavori ormai persi e abbacinati dalla scuola tecnocratizzata, la valutazione è una
relazione bidirezionale ricorsiva che crea rimbalzi di messaggi  e, soprattutto, si basa sulla fiducia. Una attività educativa complessa e asimmetrica, poiché si fonda anche sull’autorevolezza del docente, che ha bisogno di conferme e il cui giusto valore  si riscontra nell’accettazione del giudizio, per poi procedere e migliorarsi.
Cosa ci ’azzeccano i test a tempo con tutto questo?, le repliche dei pro-Invalsi le possiamo già prevedere ,si vorrà dimostrare che anche l’invalsi è biridezionale poiché i ragazzi si aspettano il responso, rigoroso , senza appelli, uguale per tutti, ma l’apprendimento non si può valutare allo stesso modo nei diversi contesti, e  gli insegnanti ne sono consapevoli , per questo si confrontano e producono molteplici offerte didattiche, cambiano idea, ascoltano gli allievi e le allieve e  ci parlano; è questa didattica, flessibile e individualizzata, che fa la differenza  definendo la qualità dell’insegnamento, «I test scolastici sono un mezzo per misurare il grado di banalizzazione. Se lo studente ottiene il punteggio massimo, ciò è segno di una perfetta banalizzazione: lo studente è completamente prevedibile, e quindi può essere ammesso nella società. Non sarà fonte di sorprese, né di problemi» ( Heinz Von Foerster, Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma 1987 pag. 130).
A questo poi va aggiunto lo stress da competizione che coinvolge alunni e docenti portati a dover rivaleggiare tra loro, eludendo le buone pratiche dello scambio e della condivisione, le prove pensate per risposte in velocità, non tengono conto  dei diversi  ritmi di apprendimento delle intelligenze multiple  che è doveroso rispettare, invece per la classe Seconda della scuola primaria (7 anni) l’invalsi propone la prova cronometrata di lettura, non solo ma se in una scuola prevalgono talenti artistici, e quindi intelligenze intuitive non ingabbiabili in schemi precostruiti, questi incideranno negativamente sulla valutazione globale dell’istituto
Ci sono poi altri elementi che devono farci essere dubbiosi e guardinghi rispetto a questa nuova frontiera didattico-educativa ed è la disuguaglianza e la discriminazione verso le fasce più deboli della popolazione giovanile, particolarmente odiosa  quella rivolta verso i diversamente abili nei confronti dei  quali la scuola  italiana si è sempre distinta per la sua attenzione, intendendo le diversità come valore, lo testa l’eliminazione delle barbare scuole speciali e delle classi differenziali (L. 517/77). La disabilità invece non rientra nel sistema di valutazione Invalsi, ignorando da un lato l’impegno delle scuole affinchè i disabili raggiungano le piene  competenze secondo le loro potenzialità, e dall’altro si rimette alle scuole la decisione di far partecipare gli alunni disabili i cui risultati dovranno essere elaborati in maniera a sè stante così da non incidere sul risultato
medio della scuola o della classe. Non ci sono parole! 
Altra discriminazione si cela dietro la falsa meritocrazia slegata da ogni criterio di promozione e uguaglianza sociale, ennesima svalutazione  dei principi fondanti della nostra Costituzione, che per logica conseguenza prevedono l’intervento dello Stato lì dove ci sono criticità e debolezze, essendo la scuola e l’istruzione  strumenti a servizio del cittadino; invece, snaturando questi i diritti principali espressi e voluti dai padri costituenti, saranno le scuole che otterranno risultati maggiori ad avere più soldi, criterio apparentemente logico, forse condivisibile per una fabbrica di bottoni, ma, quanto meno, iniquo se si parla di adolescenti e bambini, aprendo squarci di disuguaglianza sociale spaventosi; saranno le scuole più ricche frequentate dai figli del benessere ad avere maggiori riconoscimenti economici e saranno questi ragazzi ad ottenere la medaglietta del merito, “l’alunno d’oro o l’alunno dell’anno”, realtà raccapricciante poiché vengono esclusi i figli delle periferie, coloro che apparterranno a vita alle scuole di serie B , che nonostante il loro impegno e quello dei docenti, avranno un titolo di studio che varrà di meno. Se si ha la pazienza di leggersi  i documenti di Sintesi dell’INVALSI sulla valutazione degli apprendimenti ciò che salta agli occhi è l’ampia disuguaglianza dei risultati scolastici nelle regioni meridionali che viene associata all’alta disuguaglianza del reddito e alle caratteristiche strutturali dei singoli sistemi scolastici.
A questa discriminazione si lega la doppia schedatura di docenti e alunni, i primi sottoposti a un controllo diretto per differenziare le retribuzioni, sulla base del merito pubblico (vedi Brunetta-Aprea), e già si esplicitava tra le righe del progetto Gelmini dove gli INVALSI dovevano servire a misurare le scuole nel loro complesso, mentre per premiare il singolo docente era previsto un nucleo interno di valutazione che  dovrebbe valutare, sulla base di dati non meglio precisati, per cui il panorama futuro sarà costituito da  docenti che gareggeranno per meglio adattarsi  a questa didattica moderna ed europea, burocratica e di regime.
Se, in teoria, i docenti potrebbero rimanere indifferenti rispetto a questa schedatura e ritenersi  liberi di essere considerati più o meno premiabili sfuggendo al ricatto della diversificazione delle carriere, per i giovani alunni questo non può avvenire, dopo aver eliminato i diversamente abili, fuori mercato e non produttivi, per gli altri si è creato un sistema di falsa anonimità, nome cognome scuola e collocazione geografica sono rintracciabili attraverso un codice identificativo che seguirà il cittadino dai 7 anni in poi, con il quale si potrà, volendo, costruire un portfolio fruibile nel “mercato” delle competenze. Se non è schedatura di massa questa...
La scuola del futuro è una ben miserabile realtà , infarinatura di qualche lievissimo contenuto erogato da testi invalsizzati (“stiamo invalsizzando i nuovi testi”, tranquillizzano le case editrici) gli statuti delle discipline sono mutati alla radice : il tema, nel quale si esercitava la complessità delle competenze, saperi e soggettività dello studente  ha perso centralità a favore della comprensione del testo preferendo una prova completamente decontestualizzata. Gli insegnanti saranno sostituiti da erogatori di servizi educativi, professione di bassa qualità per la quale l’OCSE fin dal 1996 sostiene che non sia necessaria una laurea, per cui la professione docente è inessenziale anche perché la scuola informatizzata non ha bisogno di capacità particolari basta un’aula i pc e magari per i più fortunati un grande schermo, questo serve per creare cittadini  acquiescenti nel
lavoro e nella società, colmi di “spirito aziendale e di gestione”, la cui massima flessibilità cognitiva deve essere quella richiesta dalla impresa capitalista. “La valorizzazione del capitale umano deve essere un aspetto centrale: sarà necessario mirare all’accrescimento dei livelli di istruzione della forza-lavoro, che sono ancora oggi nettamente inferiori alla media europea, anche tra i più giovani. Vi contribuiranno interventi mirati sulle scuole…anche mediante i test elaborati dall’Invalsi e la revisione del sistema di selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti” Monti. La drastica riduzione degli investimenti, condotta da tutti gli ultimi
ministeri, il taglio di scuole, materie, orari e posti di lavoro, l’espulsione dei precari, il blocco di contratti e scatti di anzianità, il furto delle pensioni tutto ciò rientra in una strategia che non è stata determinata dalla crisi, arriva damolto lontano nel tempo e nello spazio, alla base vi è una volontà precisa, quella di modificare il pensiero partendo dalle generazioni future , non è un caso che nel processo di destrutturazione della società , il primo feroce attacco al mondo del lavoro con la sperimentazione del primo licenziamento di massa della storia è partito dalla scuola, una massa immane di precari inoffensiva e ricattabile.

Adele Dentice

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