mercoledì 13 aprile 2011

falsi profeti e soliti noti:Taranto


Falsi profeti e soliti noti: Taranto

I primati di Taranto sono tanti : ha l’acciaieria più produttiva d’Europa con utili per 2,5 miliardi in quattro anni senza investire nulla sul territorio ma il vero primato è quello dei dati pubblicati nel 2010 diossine con soglia minima 0,1 a fronte di effettiva produzione di 99,6 g , oppure l'ossido di azoto 12.933,3 contro i 100

numeri che non hanno bisogno di commenti, basta solo pensare che ciascuno dei numerevoli componenti che vengono sputati fuori dalle ciminiere dell'ILVA è una sostanza killer proviamo a pensare agli effetti della loro combinazione sull’organismo umano e in particolare sui bambini



La conseguenza è l’incremento del 40% dei tumori da fumo nella popolazione del posto (cfr blog del dottor Patrizio Mazza, primario del reparto di Ematologia dell'ospedale Moscati di Taranto) , senza considerare poi l’inquinamento del mare e del territorio circostante, ne sanno qualcosa gli imprenditori agricoli e gli allevatori della zona.

Per tranquillizzare le coscienze (se esistono) sarebbero stati installati dei filtri all’ILVA per privare i fumi delle sostanze inquinanti, ma a parte il fatto che non sembra che siano stati effettuati controlli , l'impianto ad urea e il depolverizzatore sono solo sperimentali nè si hanno dati certi circa la loro efficacia nella soluzione dei problemi, in ogni caso sembrano essere insufficienti sia perché sul cielo di Taranto incombe perennemente la nube rossa , ma soprattutto i dati dei morti e degli ammalati continua a salire e a detenere il triste primato a livello europeo. Ai fumi, cosiddetti “filtrati”, va aggiunta la carica dell’altoforno composta da polveri di minerali e combustibili che il vento trasporta lontano con raggio medio di 30 chilometri



I numeri degli ammalati e dei morti sono impressionanti e ci sono reparti dello stabilimento che sembrano camere a gas nella storia dell’Ilva si contano 180 morti sul lavoro, 8 mila invalidi e circa 20 mila morti di cancro e leucemia in più bisogna considerare gli effetti della raffineria Eni cementificio della Cementir, centrali elettriche ma lasciano ancora più sgomenti i Falsi Profeti incarnati dai rappresentanti istituzionali dai partiti e sindacati e dai movimenti ecologisti che cavalcando l’onda del malessere della popolazione si rendono correi del genocidio tarantino se alla denuncia dei dati antepongono l’arma velenosa del il ricatto occupazionale e la subdola tiritela dell’ammodernamento degli impianti.

A chiunque , dopo aver letto i dati ,verrebbe spontaneo chiedersi come mai il sindaco in qualità di ufficiale di governo non sia intervenuto chiudendo la micidiale zona a caldo dell'ILVA, traslocata da Genova e rifilata a Taranto, né si è mai spinto per l’ammodernamento del processo produttivo. Bagnoli i cui pezzi sono stati venduti ai coreani godeva di un impianto moderno a confronto delle vecchie e pericolosissime strutture antiche di 50 anni. C’è stato un tentativo referendario per la chiusura dello stabilimento, che ha messo in allerta i promotori pro ILVA, tutta la classe politica si era dichiarata decisamente contraria dalla Confindustria ai Sindacati - alla stessa Regione Puglia, con il rieletto Presidente Nichi Vendola e l’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente evidenziando come le questioni relative all’impatto ambientale della grande acciaieria “stiano trovando ormai da tempo efficaci soluzioni grazie ai massicci investimenti sinora realizzati dal Gruppo Riva “ , in ogni caso l’escamotage è stato trovato e a pochi giorni il referendum è stato bloccato con la scusa che nel quesito non erano chiariti i criteri per il reimpiego dei lavoratori.

Ma anche molti partiti radicali e movimenti ambientalisti si sono mostrati contrari alla chiusura della grande industria influenzati e condizionati da una serie di domande a cui è difficile rispondere: Potrebbe Taranto e la sua provincia, qualora si dismettesse il suo sito siderurgico, privarsi di 12.859 posti di lavoro diretti, cui si aggiungono 2.703 unità fra gli indiretti? E il solo capoluogo può privarsi di 4.021 dipendenti dell’Ilva, cui si uniscono 676 indiretti residenti in città? E quali concrete alternative offre oggi il mercato del lavoro cittadino e dell’hinterland a chi perdesse il lavoro in questa fabbrica?

Ma soprattutto la provincia può rinunciare a 219 milioni di stipendi netti,? E il territorio può rinunciare ad un impianto che dal 1995 al gennaio 2010 ha corrisposto ben 2 miliardi e 437 milioni di euro di subforniture a favore di 929 aziende iscritte alla locale Camera di Commercio?

Ed ancora, si può dismettere un opificio che alimenta il 76%, ovvero i ¾ della movimentazione del porto, che assicura gettito anche agli Enti locali per il pagamento delle imposte ad essi dovute, e le cui vendite all’estero rappresentano ormai da anni la prima voce dell’export pugliese, nonché il cardine di una sezione strategica dell’industria meccanica italiana?

A domande così complesse le risposte possono solo essere molto semplici , il Diritto alla VITA e il Diritto al Lavoro perchè ai numeri ad alta intensità della Grande Industria si devono anteporre quelli del tracollo economico di centinaia di imprese del settore primario, del turismo e della cultura ,anche i contadini e gli allevatori e i loro dipendenti sono lavoratori che vanno tutelati . In termini di perdita poi ci sarebbe da fare i conti con i costi sanitari e con l’abbattimento degli animali e le terre ormai rese improduttive, rimane solo l’olio d’oliva anche se anche questo sarà oggetto di controllo e allora addio all’olio extra vergine pugliese tarantino

Ma i difensori della Grande Industria ,Profeti e Sindacalisti e falsi ambientalisti di fronte alle pressioni collettive sempre più insistenti rispondo accusando gli ecologisti radicali di demagogia e intravedono come unica soluzione mediata l’ ecosostenibilità di un polo siderurgico, non c è bisogno di chissà quale analisi complicata per rilevare la non riscontrabilità , ma è anche irrealistico e irrispettoso per i lavoratori proporla come soluzione nel breve, medio o quant’anche lungo periodo

Non ci sono altre risposte se non un Radicale Cambiamento di sistema teso verso lo sviluppo di una strategia di diversificazione del sistema produttivo locale e, considerando che le produzioni “verdi” sono ad elevata intensità di lavoro, si potrebbe persino pensare di conservare i livelli occupazionali correnti

Basta avere come modelli i paesi che hanno un livello maggiore di investimento nei settori “verdi” ottenendo risultati economici migliori

E’ giusto però fare i conti con il grande nemico della disorganizzazione imperante in questo campo prodotta dalla proliferazione di associazioni e gruppi spesso in discordanza tra di loro , un movimento confuso e dispersivo funzionale ai poteri forti che si servono anche di un sistema giuridico protettivo della Grande Industria che si estende dall’inefficace legge regionale sulla diossina, sino alle direttive europee che danno all’Italia la licenza per inquinare per anni. Come quella del 2010 che autorizza .gli impianti industriali e le centrali a carbone che finora hanno potuto inquinare senza adeguarsi alle BAT a continuare a farlo per almeno un altro decennio, con deroghe sino al 30 giugno 2020 ( attraverso la redazione di Piani nazionali da inviare entro la fine del 2013.). Tra i peggiori impianti industriali per inquinamento atmosferico troneggia tra tutti l’Ilva di Taranto, con le sue 248.000 tonnellate di monossido di carbonio, 12.500 tonnellate di ossidi di azoto (NOx), 12.700 tonnellate di ossidi di zolfo (SOx), 11,2 tonnellate di piombo, 105 kg di mercurio e i 97 grammi di diossine e furani e altro non si può dire

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