lunedì 11 luglio 2011

Lotta per la sopravvivenza: OM Modugno-Bari


Continua la strage dovuta alla crisi dell’economia mondiale, a Bari in pochi minuti si è decisa la sorte di 320 persone , sono i dipendenti dell’OM elevatori (gruppo Kion) a cui si devono aggiungere i posti di lavoro dell’indotto per cui i numeri salgono a 500 o poco più , questo dopo 36 mesi di cassa integrazione e alternanze di promesse di risanamento e recupero occupazionale.

La storia di questo stabilimento, che è un pezzo della storia economica di Bari, risale a moltissimi anni fa, 1969,e alla volontà dell’allora Ministro Moro di aprire un nodo economico in questa città con l’istallazione della fabbrica Fiat –Iveco .Un’operazione che ha dato slancio alle opportunità occupazionali della zona la cui gestione dal 1971 e fino al 1993 si contraddistinse per eccellenza e per bilanci puntualmente in attivo


Nel 1993 la Fiat-Iveco per ragioni strategiche di alleggerimento cedette il 50% delle azioni alla Linde Agv. che aveva l’obiettivo di sottrarre la progettazioni di carrelli con alimentazione elettronica,cosa che avvenne nel 1994 con l’acquisto del 100% del pacchetto azionario divenendo proprietaria unica della OM Carrelli Elevatori Modugno. La Linde Material Handling GmbH, è società di diritto tedesco controllata al 100% da Kion Group, a sua volta controllato da Kion Holding 2 GmbH, controllato da Kion Holding 1 GmbH. Quest’ultimo fa capo ad un fondo di investimento, Kohlberg Kravis Roberts & Co LP (KKR) e a Goldman Sachs Group (GS).

Con questo passaggio di proprietà si darà il via al trasferimento di mano d’opera ,che veniva importata dalla Cina (Shanghai) e dalla Germania (Schaffenburg) - sempre di proprietà tedesca della Linde - fino a raggiungere quasi la completa importazione nel 2004 e una riduzione di circa un centinaio di unità.

Nel 1998 la Linde accetta l'importazione della componentistica del diretto concorrente Giapponese Komatsu, che voleva acquisire lo stabilimento OM di Modugno , per l'assemblaggio di circa 1800 unità di carrelli annuali che sarebbero stati venduti nel mercato Europeo,ma , nel 2008, la Linde decide di non continuare ad essere la sponda del mercato Komatsu in Europa e le 1800 unità di carrelli elevatori vengono così meno con una riduzione ulteriore di circa 12 unità. Nel frattempo il gruppo Linde Agv si divide e la parte dei carrelli elevatori passa al gruppo KION (cioè Linde Material Handling, STILL, and OM Carrelli Elevatori S.p.A).


(Il Gruppo, ha stabilimenti in Europa e Cina, impiega oltre 22.000 dipendenti con un fatturato più di 4.3 miliardi di Euro nel 2007.. Con sede centrale a Lainate (MI), 7 filiali e 2 stabilimenti in Italia, 3 consociate in Europa ed 1 in Cina, OM impiega 1.276 dipendenti e dispone di un network qualificato composto da 2.800 tecnici specializzati e 1.350 venditori. Le consociate sono la Linde, che opera prevalentemente in CinaLa Still brasile n.2,OM n.iItaliaBaoti Top 10 domestic brand in China,FENWICK • No. 1 in France,Voltas No. 2 in India).


Intanto sopraggiunge la crisi le aziende tutte drammatizzano il quadro chiedendo la cassa integrazione per un numero di lavoratori che cresce di giorno in giorno. il capitalismo stesso, nel suo anonimo ed impersonale meccanismo autoriproduttivo ,impone scelte ingiuste e feroci sottomettendo i dipendenti, che ormai vivono fatalisticamente la percezione quotidiana e generalizzata del fatto di essere in preda a meccanismi che non possono in alcun modo essere modificati , rendendoli più facilmente ricattabili.

L’onda dell’ emergenza globale si abbatte come una mannaia improvvisa anche sulla fabbrica barese il 5 luglio scorso, quando il management del gruppo OM (gruppo Kion),Ettore Zoboli (responsabile vendite e servizi di Om Italia), annuncia la chiusura dello stabilimento e il licenziamento di 320 lavoratori , nonostante le promesse del piano di rilancio annunciato il 14 aprile dal ministero del lavoro, mettendo in luce , se mai ce ne fosse stato bisogno, tutta l’arroganza dei poteri economici e dei loro servi ,ben pagati.

La giustificazione addotta si innerva nella crisi strutturale e di produzione che già da dieci anni non rende più competitiva l’azienda pugliese «La crescita lenta nella produzione di Modugno ha ostacolato seriamente ogni tentativo di riorganizzare l’impianto che non ha mai superato di recente gli 8.340 carrelli del 2008. Il sito non ha, quindi, mai raggiunto la capacità produttiva teorica di 15.700 unità. Livelli così bassi rendono lo stabilimento non competitivo e non più economicamente sostenibile a causa dell’incidenza elevata dei costi fissi. Dal 2008 al 2010 lo stabilimento ha infatti accumulato 23 milioni di euro di perdite».

Si evince dalle dichiarazioni ufficiali e non, che le cause economiche e strutturali sono da addebitare principalmente ai dipendenti che non hanno saputo lavorare di più e valorizzare il capitale , inoltre l’assetto interno all’azienda è stato indebolito fatalmente dall’inadempienza organizzativa della Direzione di Stabilimento , che non ha provveduto a un corretto rinnovamento delle maestranze, gli anziani, infatti, venivano mandati in pensione senza che i nuovi potessero affiancarli per recepirne l'esperienza trentennale. Da qui la necessità di razionalizzare concentrando altrove i rami di produzione ,per cui la inevitabile decisione , scongiurata dalla stessa direzione pochi mesi fa ma intuibile dal mancato rinnovo contrattuale del Direttore a giugno, di trasferire il ramo d’azienda ad Amburgo

Contro queste dichiarazioni si levano all’unisono le voci dei dipendenti che rigettano le accuse di scarse qualità professionali , che non trova alcun fondamento dal momento che questa è una delle pochissime aziende dove si progetta e si produce, inoltre l’improduzione ,più che altro, va inquadrata nel fenomeno più vasto del generale blocco economico che ha generato questa paurosa crisi. Piuttosto,affermano , a indebolire l’azienda è stata la strategia di esternalizzazione di molti dei lavori che, invece, avrebbero potuto svolgersi all’interno dell’impianto alle porte di Bari

Risposte ancora non sono state date , rimane solo un cinico atto unilaterale con cui si decide del destino di centinaia di persone e si brucia un pezzo dell’economia barese , come fu per l’Adelchi di Tricase , in provincia di Lecce, o per la Franzoni di Trani e altre tante fabbriche pugliesi e italiane chiuse per interessi di mercato e beffate dalle istituzioni e dai sindacati che, a parole, si sono mostrati solidali con gli operai, ma nei fatti hanno patteggiato con i responsabili delle aziende e contemporaneamente diviso i lavoratori , indebolendoli con la cassa integrazione e poi isolandoli nella quotidiana lotta alla sopravvivenza.

La strategia è sempre la stessa per le grandi fabbriche come per quelle più piccole e la KION carrelli elevatori di Modugno –Bari non fa eccezione, d’altronde è un anello inessenziale nella catena di trasmissione degli interessi del gruppo Kion anch’esso ingranaggio di un sistema più vasto che riconduce tutto ai fondi d’investimento a cui fa capo dei Kohlberg Kravis Roberts & Co LP (KKR) e a Goldman Sachs Group (GS)

Nel frattempo a Bari già si sono aperte le danze politico – istituzionali con le dichiarazioni di solidarietà, che come sempre quando gli eventi ottengono rilevanza mediatica non mancano . La Provincia, la Regione, i sindacati , partiti , tutti dicono le stesse frasi vacue e inconsistenti, parlano di repressione, di norme che penalizzano i lavoratori , della mancanza i garanzie, della precarietà del lavoro, come se non fosse noto a tutti che questo stato di cose è il prodotto di anni di politica volta a tagliare qualunque voce di spesa per incrementare il guadagno, puntualmente seguirà la sceneggiata del tavolo di concertazione e, finita l’onda mediatica, tutti a casa, ovviamente per primi a casa andranno i lavoratori.

La politica di facciata è un crudele inganno inutile girare attorno alle questioni, truffando le persone con ipocrite ed eleganti perifrasi, la Om carrelli elevatori non è altro che un delle tante espressioni del capitalismo che se ne infischia del diritto civile e riconosce solo la legge del mercato , un potere economico che stabilisce le regole della politica che nella scala dei poteri è quello più basso insieme con i sindacati che replicano al’infinito lo stesso duplice copione, firmare accordi capestro che schiavizzano i lavoratori dipendenti o evitare di prendere alcuna decisione , e ,nella fattispecie, sarebbe interessante avere un quadro complessivo delle intermediazioni sindacali quando già si profilavano i primi segnali negativi nel 2004 4 poi nel 2008

Ma c’è un altro inganno che si sta preannunciando in cui sguazzeranno i demagoghi della politica ed è il possibile intreccio “occupazionale” tra la questione OM e la Getrag che proprio a Bari sta avviando un processo per concentrare alcune produzioni dell’automotive "Sarà un cambio - dice Buchelmaier con un po' di ritrosia" - a sei marce per motori con 4-6 cilindri sia diesel sia benzina. L'implementazione di questo progetto sara` della Getrag Spa, assistita dal nostro centro di innovazione tedesco". La produzione verra` realizzata in Puglia: si potra` arrivare, comprese le trasmissioni gia` esistenti, a raggiungere i 600mila pezzi l'anno. Secondo le prime ipotesi i nuovi investimenti Getrag a Bari potranno arrivare fino a 80 milioni di euro e l'occupazione potra` crescere di un centinaio di persone”. Non si informano le persone che lo stabilimento barese Getrag sta attraversando un periodo di crisi e che circa 400 dei 723 dipendenti sono in cassa integrazione straordinaria e che nel caso di rilancio l’industria tedesca potrà assorbire parte dei suoi dipendenti, e credo a questo punto che i licenziati dei carrelli levatori non abbiano alcuna speranza, a meno che non si apra una feroce lotta per la sopravvivenza.

Adele Dentice

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