martedì 27 novembre 2012

L' inessenzialità dell'ILVA


Non ci sono prove che possano documentare un nesso tra i procedimenti di chiusura e quelli giudiziari, che si stanno abbattendo sull’Ilva, e le ipotesi di ampliamento delle basi NATO in Italia, però ci sono documenti e diverse coincidenze che fanno pensare e accendono doverosi dubbi.

Lungi dal voler difendere l’Ilva e dal suo carico di morte, non si può non considerare che questa bomba inquinante prima pubblica poi svenduta al  100% per 1929 miliardi al Gruppo Riva sotto il governo Dini, imparentato con la famiglia Riva, ha da sempre costituito la spina dorsale del sistema produttivo italiano, poiché dall’acciaio dipendono decine di migliaia di imprese e migliaia di lavoratori. Rimane per altro un mistero insoluto  come il più grande impianto siderurgico d’Europa , che con le tasse che paga diventa essenziale per il paese, lo si è lasciato deteriorare a tali livelli, portando al collasso l’intero stabilimento e con inusitato cinismo mettere da un giorno all’altro sul lastrico migliaia di famiglie. Come mai, c’è da chiedersi, in tutti questi anni e con l’alternarsi dei vari sindaci e governi regionali e nazionali non si è provveduto a dotarlo di tecnologie disinquinanti, esistenti già da diversi anni e utilizzati in varie parti del mondo, anche per il riciclo delle acque.
Possibile che la risposta sia da ricercarsi solo nel risparmio di quelli che, tutto sommato, sono pochi spiccioli rispetto al volume d’affari che circonda l’Ilva? Senza parlare  del tragico elenco di malati e morti che da decenni vengono denunciati, si è parlato del 419% di aumento di tumori, dalle accorate e inascoltate voci disperate delle vittim alle quali troppo spesso se ne sono mescolate altre  funzionali a raggranellare qualche misero consenso, le stesse che esultano oggi di una vittoria che tale sarebbe se almeno per i lavoratori - vittime ci fosse stata la dovuta attenzione e non come per le pecore alla diossina mandati al macello.


Solo ora ci si accorge all’ improvviso che l’Ilva inquinerebbe, se ne accorgono in una fase storica in cui la cura Salva Italia dell’uomo grigio, vede chiudere per fallimento circa 1000 aziende al mese, inasprendo il drammatico scontro sociale tra il diritto alla salute il diritto al lavoro facendo precipitare la città in un caos senza ritorno. Date le circostanze c'è da pensare altro e prende sempre più forza l’ipotesi di Cossiga del 2004 “..la cosa che suscita forse maggior scalpore  è stata la conferma che Taranto – acquisendo il nuovo status di base Nato, la più grande del Mediterraneo  - diventa “Headquarter” (quartier generale) della Nato candidato ad ospitare la flotta americana che dal 2005 si dovrebbe trasferire da Gaeta per trovare una sistemazione più avanzata a sud-est” (Cossiga  4 febbraio.2004 Apcom) ipotesi che trova conferma nei documenti ufficiali del Pentagono per la costituzione di una “High Readiness Force” (Maritime)  (comandi proiettabili ad alta prontezza) HQ -IT (TarantoIT)" e Taranto è contrassegnato con una stellina (vedi vecchi articoli del blog su ILVA e NATO).

C’è da aggiungere un altro particolare e riguarda il sistema operativo C 4I, funzionale al nuovo modo di fare la guerra, che renderebbe l’intera operabilità di Taranto integrata e complementare con il Pentagono e il centro militare navale di San Diego in California, questo sistema avanzatissimo permette l’accesso a tutte le informazioni utili in tempo reale controllando chiunque anche il singolo soldato.


Personalmente non sono esperta di geopolitica militare , ma non penso ci voglia molto per capire che  se la Tav potrebbe essere un corridoio che unisce Lisbona a Kiev, nulla ci impedisce di pensare che nella logica di  ampliamento delle basi Nato, Taranto è logisticamente il sito ideale come base di sottomarini e centro intercettazioni, in vista di un accerchiamento della Russia o comunque di un controllo diretto sui Balcani e sul medio oriente, lì dove, da bravi sudditi fedeli, collaboriamo alle guerre umanitarie per smaltire, tra le altre cose, quelle migliaia di tonnellate di scarti di uranio radioattivo, che altrimenti non si saprebbe dove mettere.
E con Taranto super base  di una organizzazione internazionale ed extraterritoriale la magistratura italiana non potrebbe neanche intervenire se nel mare prospiciente per “caso” dovessero essere seppellite scorie radioattive, tutto sarebbe in ordine e la città godrebbe di un’aria sana e limpida a parte le residuali emissioni dell’ENI, Cementifici di Caltagirone in espansione, dei vari megainceneritori e discariche velenose.
E andando più in là con la fantasia, e  mi auguro che siano solo miei personalissimi e strambalati voli, non ci sarebbe da meravigliarsi se un triste giorno da Taranto, ultimo presidio ai confini dell’Impero, partissero dei missili per esempio contro la Russia  a cui si risponderebbe inevitabilmente e distruttivamente, mentre, come al solito, gli affari si fanno altrove, tanto per occupare definitivamente l’Asia e governare il mondo!



Adele Dentice

Nessun commento:

Posta un commento