Nella diatriba che avvolge lo scontro tra ambientalisti No
Ilva e difensori del lavoro le grandi manovre continuano, i politici, servi
ormai inservibili, si affannano con magistrali salti a cambiare casacca, dopo essere stati scaricati e
delegittimati , spettacolo già visto con
i vari i cambi di guardia consumati dalle rivoluzioni oligarchiche.
Anche oggi a Taranto
c’è una rivoluzione, al centro l’Ilva e la
sua chiusura o ipotesi di bonifica per mettere in atto l'ultima ipocrisia dell'eco sostenibilità, per non spaventare troppo chi ancora demagogicamente fa
finta di essere dalla parte degli operai e della cittadinanza.
In queste ore
assistiamo a un fronte ambientalista
finalmente compatto che si schiera a
favore della magistratura e della chiusura dello stabilimento più discusso
d’Italia. Nota positiva se non ci fossero diverse ombre
e troppe coincidenze strane per non dubitare , sperando ovviamente di essere
in errore, ma, come disse il “vecchio” saggio, a pensar male si evita di
sbagliare o di illudersi, puntualizzerei.
Per prima cosa ci sarebbe da interrogarsi su a chi fa
comodo ora l’emergenza ambientale e perché solo l’Ilva è sotto attacco diretto
e non la Cementir
o il famigerato inceneritore di Massafra, ora addirittura ampliato, e perché
non mobilitarsi anche contro il rischio ambientale del più grande deposito sotterraneo di
rifornimento per tutte le basi per aeree dell’ Italia del Sud con una petroliera che va e viene nel mar Piccolo ?
Allontanando lo sguardo dai veleni
sputati dai camini dell’Ilva per soffermarci
sui mari di Taranto e sul suo immenso porto, osserviamo le grandi basi
navali , la prima è occupata dalla La Marina
Militare Italiana e dal deposito dell’aereonautica;
la seconda a comando italiano
si trova nel Mar Grande in zona Chiapparo iniziata
a metà degli anni Ottanta con un costo di 150 milioni di euro di cui un terzo proveniente da finanziamenti
Nato per questo dotata di alcune
infrastrutture Nato che verranno condivise con le unità militari di altre
nazioni facenti parte della coalizione
Infine ci sarebbe la terza base
collocata nel molo polisettoriale a ridosso del Molo Ovest , in uso dell’Ilva,
con una insenatura in comune , che potrebbe essere utilizzata dai sommergibili
nucleari se Taranto dovesse diventare il Quartier generale della Forza di
pronto intervento marittimo delle forze navali americane come si evince dal documento Usa,
“ottobre 2002, volume 11A, capitolo 9, allegato 1 (DoD Financial Management
Regulation, volume 11A, Chapter 9, Annex 1).
La dizione riportata sul documento del governo Usa è "High Readiness Force (Maritime) HQ -IT (TarantoIT)" e Taranto è contrassegnato con una stellina.
La dizione riportata sul documento del governo Usa è "High Readiness Force (Maritime) HQ -IT (TarantoIT)" e Taranto è contrassegnato con una stellina.
Questa ipotesi “fantascientifica” si combina con il processo economico
liberoscambista che mira a spostare il
capitale produttivo verso mega-poli industriali nel Nord Europa deindustrializzando
la seconda Europa del Sud ; in questo quadro di smantellamento e confusione Taranto potrebbe accogliere la sesta flotta
statunitense come, a suo tempo, pronosticò Marescotti sulla base di un progetto del Pentagono risalente al 30 settembre 1998 . Si trattava di installare a Taranto il sistema Usa di
comunicazione satellitare e di spionaggio telematico C4I che PeaceLink rivelò pubblicamente denunciando il
rischio atomico per l’intera città di Taranto, ipotesi smentita poi sia dal
braccio destro di D’Alema Marco Minniti
il 20 settembre del 2002, che dalla marina militare, ma poi confermata da un
documento ufficiale del Pentagono, reso
pubblico sul sito : http://www.defenselink.mil/contracts/1998/c09301998ct507-98.html
Si evince quindi l’enorme importanza del collegamento diretto
di Taranto all’interno del sistema di comando americano come terminale per le operazioni militari
confermano che la città jonica viene
accreditata come base certificata come HQ HRF NATO ad accogliere il
comando della VI Flotta nella
direzione Sud-Est ,ottima postazione per controllare i Balcani , ma soprattutto
occhio vigile e operativo sugli scenari di guerra in medio Oriente.
In questo quadro angosciante
i tristi camini dell’Ilva si potranno pure spegnere ma si profilerà per la città un
aumento del rischio atomico e una servitù perenne al padre padrone made in USA, d’altronde
non siamo un paese orgogliosamente a
sovranità limitata e in n modo o nell’altro dobbiamo pur sempre morire? (DAlema
docet)
Nessun commento:
Posta un commento