giovedì 16 agosto 2012

NO ILVA, NO NATO


Nella diatriba che avvolge lo scontro tra ambientalisti No Ilva e difensori del lavoro le grandi manovre continuano, i politici, servi ormai  inservibili, si affannano con magistrali salti a cambiare casacca, dopo essere  stati  scaricati e delegittimati , spettacolo già visto  con i vari  i cambi di guardia  consumati dalle rivoluzioni oligarchiche.
Anche oggi  a Taranto c’è una rivoluzione,  al centro l’Ilva e la sua chiusura o ipotesi di bonifica per mettere in atto l'ultima ipocrisia dell'eco sostenibilità, per non spaventare troppo chi ancora demagogicamente fa finta di essere dalla parte degli operai e della cittadinanza.
 In queste ore assistiamo  a un fronte ambientalista finalmente  compatto che si schiera a favore della magistratura e della chiusura dello stabilimento più discusso d’Italia. Nota positiva se non ci fossero  diverse ombre  e troppe coincidenze strane per non dubitare , sperando ovviamente di essere in errore, ma, come disse il “vecchio” saggio, a pensar male si evita di sbagliare o di  illudersi, puntualizzerei.
Per prima cosa  ci sarebbe da interrogarsi su a chi fa comodo ora l’emergenza ambientale e perché solo l’Ilva è sotto attacco diretto e non la Cementir o il famigerato inceneritore di Massafra, ora addirittura ampliato, e perché non mobilitarsi anche contro    il rischio ambientale del più grande deposito sotterraneo di rifornimento per  tutte le basi per aeree dell’ Italia del Sud con una petroliera che va e viene nel mar Piccolo ?

Allontanando lo sguardo dai veleni sputati dai camini dell’Ilva per soffermarci  sui mari di Taranto e sul suo immenso porto, osserviamo le grandi basi navali  , la prima è occupata dalla  La Marina Militare Italiana e dal deposito dell’aereonautica;
la seconda a comando italiano si trova nel Mar Grande in zona Chiapparo iniziata a metà degli anni Ottanta con un costo di  150 milioni di euro  di cui un terzo proveniente da finanziamenti Nato per questo  dotata di alcune infrastrutture Nato che verranno condivise con le unità militari di altre nazioni facenti parte della coalizione
Infine ci sarebbe la terza base collocata nel molo polisettoriale a ridosso del Molo Ovest , in uso dell’Ilva, con una insenatura in comune , che potrebbe essere utilizzata dai sommergibili nucleari se Taranto dovesse diventare il Quartier generale della Forza di pronto intervento marittimo delle forze navali americane come si evince dal  documento Usa, “ottobre 2002, volume 11A, capitolo 9, allegato 1 (DoD Financial Management Regulation, volume 11A, Chapter 9, Annex 1).
La dizione riportata sul documento del governo Usa è "High Readiness Force (Maritime) HQ -IT (TarantoIT)" e Taranto è contrassegnato con una stellina.
Questa ipotesi “fantascientifica” si combina con il processo economico liberoscambista  che mira a spostare il capitale produttivo verso mega-poli industriali nel Nord Europa deindustrializzando la seconda Europa del Sud ; in questo quadro di smantellamento e confusione  Taranto potrebbe accogliere la sesta flotta statunitense come, a suo tempo,  pronosticò Marescotti  sulla base di un   progetto del Pentagono risalente  al 30 settembre 1998 . Si trattava  di installare a Taranto il sistema Usa di comunicazione satellitare e di spionaggio telematico C4I che  PeaceLink rivelò pubblicamente denunciando il rischio atomico per l’intera città di Taranto, ipotesi smentita poi sia dal braccio destro di D’Alema  Marco Minniti il 20 settembre del 2002, che dalla marina militare, ma poi confermata da un documento  ufficiale del Pentagono, reso pubblico sul sito : http://www.defenselink.mil/contracts/1998/c09301998ct507-98.html
Si evince quindi  l’enorme importanza del collegamento diretto di Taranto all’interno del sistema di comando americano come  terminale per le operazioni militari confermano che la città jonica  viene accreditata come base certificata come HQ HRF NATO ad accogliere il comando della VI Flotta nella direzione Sud-Est ,ottima postazione per controllare i Balcani , ma soprattutto occhio vigile e operativo sugli scenari di guerra in medio Oriente.
 In questo quadro angosciante i tristi camini  dell’Ilva si potranno pure spegnere ma si  profilerà per la città un aumento del rischio atomico e una servitù perenne al padre padrone made in USA, d’altronde non siamo un paese orgogliosamente  a sovranità limitata e  in n modo o nell’altro dobbiamo pur sempre morire? (DAlema docet)

Nessun commento:

Posta un commento