martedì 23 febbraio 2010

Da dove viene il grano pugliese?


Il 27 gennaio si è tenuto un "sit in", indetto dalla Cia e dalla Copagri, dinnanzi alla sede della Divella, a Rutigliano, per protestare contro le importazioni di grano duro straniero in Italia.

Da tempo la Cia si è fatta portavoce del disagio che i produttori cerealicoli italiani stanno vivendo a seguito dell’invasione nel mercato italiano di grano duro importato in particolare dal Nord America, U.S.A. e dal Canada. L'azzeramento del dazio di grano duro di qualità nell’Ue e la riduzione dei dazi per i prodotti di media e bassa qualità ottenuto dalla Canadian Wheat Board ha contribuito notevolmente a peggiorare la già critica situazione dell’economia cerealicola italiana.

I prezzi di vendita al consumo durante l’anno sono rincarati per diversi prodotti agroalimentari, ma la situazione dei cereali e della pasta è sicuramente la più allarmante. Nel corso del 2009, a quanto affermato dalla Coldiretti, il prezzo della pasta è aumentato del +3,4 per cento con andamento opposto a quello del grano duro, le cui quotazioni si sono ridotte del 28,2 per cento: di conseguenza mentre il costo del grano al chilo è pari a 0,18 euro, quello della pasta corrisponde a 1, 4 euro al chilo. I lavoratori del settore si sono visti costretti a correre ai ripari riducendo le semine di grano duro, con un calo che si aggira attorno al 25 per cento.

Le nuove generazioni di agricoltori hanno acquisito consapevolezza dell’importanza della variabile “qualità”, che deve essere elemento di differenziazione dei prezzi e soprattutto dei prodotti: un prodotto italiano non è OGM, al contrario il grano importato dagli USA lo è.

Inoltre il grano italiano non necessita di migliaia di chilometri per il trasporto come avviene per quello importato dal Canada, il quale, durante l’attraversata in nave, è sottoposto a grandi quantità di umidità che rendono inevitabile l'utilizzo di prodotti chimici, al fine di bloccare lo sviluppo di micotossine, le quali a loro volta producono aflatossine altamente cancerogene. Se si continuerà a perseguire una politica che tende a non premiare la qualità del grano italiano sarà inevitabile quel processo degenerativo che vede la riduzione dei terreni seminativi italiani destinati alla coltivazione del grano come unica soluzione immediata e concreta.

Al fine di tutelare la pasta di grano italiano e le altre produzioni “made in Italy” la Coldiretti si sta attivando per la realizzazione di una “filiera agricola tutta italiana”, che si prefigge, attraverso il sostegno ottenuto dalle imprese agricole, dai mercati degli agricoltori, dalle cooperative e dai Consorzi Agrari, i quali hanno recentemente riconosciuto l'holding “Consorzi Agrari d'Italia”, di abolire qualsiasi tipo di speculazione e frode che potrebbero danneggiare sia il produttore agricolo che il consumatore.

Non è più sufficiente inserire in etichetta la dicitura “made in Italy”, che indica soltanto il sito in cui è stato realizzato un prodotto, piuttosto si rende necessario, oramai, specificare il luogo d’origine delle materie prime che lo compongono e dunque, nel caso specifico, la località in cui il grano è stato coltivato e raccolto.

Bianca de Laurentis

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