mercoledì 30 giugno 2010

Piazza Umberto e il consumo del territorio



Diventa improrogabile necessità la tutela, la salvaguardia e il rispetto nei confronti dell’ambiente in cui si vive, come dovrebbe avvenire a Bari, dove le scelte politiche e programmatiche stravolgono la tipicità e l’identità storica, sociale, artistica del paesaggio barese, scritte sui muri da generazioni.

Si tratterebbe di frenare una colonizzazione di tipo capillare, che sta distruggendo a vari livelli la città, come dimostrano da un lato la proliferazione degli innumerevoli ipermercati con le necessarie nuove tratte stradali, le circonvallazioni, i raddoppi stradali e quant’altro, causati di riflesso dalla frantumazione delle proprietà e dall’urbanizzazione diffusa, e dall’altro dalla poltica di riqualificazione che mira alla distruzione di un bene storico - culturale quale Piazza Umberto, storia e memoria collettiva della città.

Non ci vuole certo molto per comprendere come le maggiori responsabilità di un tale sviluppo non sostenibile sia imputabile ad una classe politica vecchia, che non seppe a suo tempo affrontare le tematiche connesse al boom economico, chiudendo gli occhi davanti agli effetti da questa provocati, ma che continua ad occupare ancora oggi gli scranni del potere decisionale, facendo dei proventi dagli oneri di urbanizzazione la panacea ad ogni male, dimenticando che tutto ciò che viene “maltolto” all’ambiente, alla cultura, alla storia che ci circonda prima o poi lo si deve restituire, e con gli interessi. Una politica che castra sul nascere ogni tentativo “altro” di trovare soluzioni alternative, in linea con il pensiero neoliberista che spinge verso la “modernizzazione sfrenata” facendo diventare la città luogo di segregazione e di esclusione, perdendo ogni carattere proprio della comunità e ogni funzione aggregativa o di stimolo alla coesione sociale.

Così sta diventando Bari, anch’essa sta subendo l’effetto del capitalismo selvaggio, un sistema basato sulla disuguaglianza e non sulla solidarietà. Un sistema in cui la città continua a crescere aggredendo il territorio e modificando la sua natura. Si parla di riqualificazione , in realtà non è che un’opera di maquillage superficiale, e speriamo non distruttivo, che nel caso specifico viene destinato al salotto buono della città, via Sparano e piazza Umberto, mentre le periferie si riempiono di situazioni artificiali, come lo spropositato numero di centri commerciali, che progressivamente stanno svuotando la città, soprattutto delle piccole attività commerciali cancellando con una firma la tradizione economica e culturale di Bari.

Anche se confuso, si percepisce un senso di dissenso nei confronti di scelte che perseguono la logora e vecchia logica globalizzante e neoliberista, ma per avere voce bisognerebbe che si rafforzi nella mentalità e sensibilità della società civile il “senso di appartenenza” accompagnato dal bisogno di “partecipazione attiva”, dove la cultura l’arte, la storia “natura” non vengano misurati solo sul piano economico, ma anche in termini di convivenza civile per continuare ad essere, per continuare ad esistere.

Adele Dentice

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