domenica 20 giugno 2010

Scuola e globalizzazione: guai ai Deboli!



Per capire le ragioni dei cambiamenti delle politiche educative e scolastiche non basta semplicemente ricondurre tutto all'attuale crisi economica ,quanto piuttosto legarle alla ridefinizione della natura dello Stato e del suo rapporto con la società civile; un processo abbastanza lento poichè, da un lato bisognava creare i presupposti perchè l’opinione pubblica digerisse la perdita di diritti, dall’altro il sistema scuola andava trasfigurato nella sua sostanza e nei principi costituzionali su cui si poggiava, un processo che ha visto come edificatori e complici tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni e tutte le aree politiche che, al di la di slogan preelettoralistici, per sopravvivere devono adeguarsi al dominio della rete dei poteri forti guidati dalla Confindustria.
I cambiamenti sono stati prodotti dal processo generale di globalizzazione, che ha posto dei vincoli alla concezione dell’istruzione come bene comune , di cui beneficia non solo l’individuo ma tutta la collettività e che ha come obiettivo da raggiungere l’uguaglianza delle opportunità. Con la globalizzazione questi principi di eguaglianza sociale e dell’istruzione/formazione, interpretato come ascensore sociale, non sono coincidenti, poichè l’idea di Stato, che promuove la “modernizzazione” della società, ha come obiettivo principale quello della promozione delle attività economiche sia all’interno che al’esterno rendendole competitive, e l’obiettivo principale è quello di cercare di risolvere prioritariamente i problemi economici orientandosi verso la manovra dell’offerta, del’innovazione ed del rafforzamento della competitività nazionale, relegando tutta la politica del welfare a un ruolo di secondario interesse. Se ne deduce, quindi, che questa trasformazione, introdotta dalla globalizzazione neoliberista, si fa accompagnare da un’altra di ordine culturale che vede la subordinazione del discorso educativo formativo a quello economico e ai bisogni della flessibilità centrato sull’efficienza.

L' istruzione deve essere considerata come un servizio reso al mondo economico (ERT, 1995). In questo scenario la scuola viene ridefinita in termini di "capitale umano", dando priorità all’apparato economico dell’istruzione ,eliminando completamente ogni implicazione di ordine educativo; in questa logica si spiegano la dissoluzione della scuola primaria ,riconosciuta tra le migliori del mondo, il sovraffollamento delle classi e l’eliminazione di ore di laboratori e di discipline curriculari; provvedimenti tutti funzionali alla legge del mercato del lavoro centrate sui costi e sui guadagni, così gli studenti sono clienti /prodotti e la scuola produttore. Anche il dirottamento dei fondi economici statali dalle scuole pubbliche verso le scuole private rientra nell'ottica del processo del risparmio, che condurrà all’eliminazione della scuola pubblica, se n on in forma residuale di scuole-contenitore in zone ad alto rischio socio-culturale, con grande contrazione dei costi dello Stato poichè il contributo dato ai privati, per quanto oneroso, non sarà ma imparagonabile ai finanziamenti utili per tenere in piedi le scuole pubbliche (stipendi dei dipendenti, corsi di formazione e, strutture ecc).

Gli effetti immediati, già distinguibili, sono la disuguaglianza educativa e lo scarso interesse rispetto alle politiche sociali ,cambia infatti l’interpretazione dell’uguaglianza e tutto riconduce al binomio elite-utilitarismo. Non solo ma la globalizzazione, accentuando i processi di atomizzazione individualistica, elimina anche ogni possibilità di solidarietà sociale, soprattutto perchè la scuola, trasformata in azienda e impoverita della democrazia, è stata depotenziata in questa sua funzione sostanziale.

A sbilanciare in senso antidemocratico la funzione educativo formativo della scuola è proprio l’ introduzione del concetto di "merito" che conduce al fallimento del giovane più debole sul piano socio-culturale , approfondendo il divario tra classi sociali in aperta contraddizione sia con i principi della Costituzione che con la pratica educativa, che testimonia come esperienze consolidate,finalizzate al recupero e al potenziamento individuali , si sono rilevate strumenti efficaci e indispensabili di prevenzione del disagio e della devianza.
Per concludere è da rimarcare come lo smantellamento della scuola pubblica che trova la sua giustificazione nella necessità di porre un argine al deflagrare della crisi, racconta anche qualcosa di diverso: la riforma Gelmini rappresenta nel suo insieme il punto di equilibrio precario di accordo tra la classe politica, di governo e di opposizione. Andando oltre il tema della riorganizzazione del sistema dell’istruzione e del welfare l’indegno gruppo dirigente del Pd e di tutta l’area della sinistra ha già da molto tempo deciso: qualche piccola modifica, qualche contentino, poi si va avanti “insieme”.

Tutti sono d’accordo nel progettare una scuola che costi molto meno e che prepari dei cittadini a livello di buoni consumatori. I dissidenti falsi o in buona fede che siano, anche loro sono funzionali servono come valvole di sfogo, da stritolare o riciclare poichè ognuno ha il suo il prezzo, mentre la politica del saccheggio sociale continua la sterilizzazione dei salari per i lavoratori di tutti i settori pubblici e privati passa senza prese di posizioni decise, la scusa è sempre la solita le perdite e i debiti vanno socializzati , già solo che vengono scaricati sulle classi popolari nella logica tutta darwiniana della selezione delle specie più deboli. Guai ai deboli, solo che i deboli sono numericamente tanti!

Adele Dentice

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