domenica 1 aprile 2012

LAUREA D’ANNATA Ovvero l’eliminazione di qualcosa di legale



VLTSU è Il valore legale titolo di studio universitario che il nuovo pensiero liberale, ritornato di moda, e il governo vogliono eliminare sulla base dell’ inesauribile numero di sedi e sotto-sedi occasionali, in cui primeggia il Meridione, distintosi in quanto a offerte formative decentrate ; fenomeno surreale mai denunciato né dagli accademici né tanto meno dalle forze politiche locali , che anzi hanno favorito il dilagare di questo arcipelago di presidi a loro consenzienti come pattuglia d’avanguardia di credenziali cultural-politico-ideologiche. Ovviamente una realtà discutibile ,che ha ingenerato la costituzione di mega-atenei accreditati e piccole isole formative dequalificate, sfrangiando il sistema nazionale,accentuando le divaricazioni tra atenei e determinando una diversità di valore delle lauree, che ben conosce le imprese, ma che, d’altro canto, non legittima la liberalizzazione dei titoli di studio basata su valutazione di mercato. La soppressione del valore legale del titolo di studio o la valutazione del titolo di studio sulla base di una classifica è una operazione oltre che sbagliata alquanto pericolosa, poiché implica in sé la discrezionalità del titolo sulla base della sede accademica e dell’anno, nel senso che un diploma di laurea del 2004 sarà più appetibile di quello conseguito nel 2012nella stessa università e per lo stesso percorso formativo universitario. Laurea d’annata per la quale ci sarebbe pure da capire a quale organo verrebbe affidato l’onere di formulare la graduatoria di qualità discriminando o premiando Atenei che verrebbero, comunque,rinchiusi nel culto della selezione, prigionieri del potere economico,seguendo per contro la strada delle due velocità, la ricerca scientifica – tecnologica , incentivata e riconosciuta , in quanto funzionale al mercato, e quella umanistica che vedrebbe trasformati gli Atenei in scuole di specializzazione post liceo.Altro punto di riflessione sono le premesse della riforma universitaria e dell’eliminazione del valore legale del titolo che si incentrano su due punti fondamentali la concorrenza e il merito individuale, in termini pratici verrebbero imposte da un lato la liberalizzazione delle tasse e dall’altro un sistema di borse distudio legate al merito; queste ’ultime, già previste nella Costituzione, hanno avuto “il merito” di premiare i capaci e meritevoli che “dichiaravano” sulla carta di non avere mezzi,penalizzando i ricchissimi dipendenti della pubblica amministrazione il cui reddito non può essere oggetto di evasione.La liberalizzazione del sistema di tassazione universitario, secondo la volontà dei riformatori, indurrebbe a una “virtuosa” competizione,poiché verrebbero selezionati i docenti più capaci e si fronteggerebbero meglio le spese legate alla didattica svincolando definitivamente lo Stato dalla sua funzione, inoltre i ragazzi sarebbero indotti a scegliere gli Atenei migliori poichè più appetibili, determinando un sistema universitario basato su una restrizione delle opportunità formative con costi sempre più elevati.Se ciò dovesse realizzarsi lo Stato non solo rinuncerebbe al suo ruolo costituzionale di predisposizione di un’offerta formativasuperiore uguale per tutti , ma si avvantaggerebbero solo coloro che potranno permettersi scuole di eccellenza riservando inevitabilmente la formazione superiore ai ricchi, penalizzando, quindi, non solo i ceti più poveri, ma soprattutto i giovani meridionali poichè le sedi accademiche più titolate saranno sicuramente collocate nel Nord Italia e magari oltre le Alpi con la inevitabile selezione naturale dei più fortunati economicamente che potranno trasferirsi in Atenei più autorevoli. Tra l’altro togliere il VLTSU significa anche colpire il diritto all’emancipazione femminile, pensiamo alla caduta delle frontiere rosa nel mondo accademico in particolare nel Meridione.Con questa operazione i governi consolidano l’inganno del rilancio scuola -università , un po’ come si fa per salvare il mercato del lavoro abolendo l’articolo 18, non è altro che l’ennesimo escamotage per abolire qualunque forma di controllo, in modo da differenziare le Università di eccellenza , per pochi eletti, e tutelare il mercato delle certificazioni facili a “pagamento”; tutto secondo il principio ispiratore del rinnovamento dell’istruzione che passa attraverso la competizione aziendalista aggiungerei delle “cricche”, un modello che inevitabilmente mette in concorrenza i privati che hanno per definizione scopi di “lucro”, snaturando la natura stessa della formazione che si poggia sulla solidarietà in materia di cultura e di istruzione così come per le altre risorse fondamentali come l’acqua ,l’aria, la salute ecc , risorse che per definizione non possono permettere la competizione e la concorrenza ma devono passare sotto il controllo dello Stato per garantire un servizio basilare di qualità crescente , garantendo per l'istruzione che tutti i percorsi di studio , pubblici o privati che siano, debbano “valere ciò che promettono” ; in pratica una garanzia di competenze accumulate che solo un titolo di studio legale può assicurare, in pieno rispetto di un sistema di equilibrio tral’identità nazionale - unitaria e le peculiarietà territoriali.
La vera anomalia invece sussiste proprio nella mancanza di un sistema pubblico che certifichi le competenze, infatti senza valore legale ognuno sarebbe autorizzato ad autocertificare cosa sa fare , al contrario un titolo di studio legale riconosciuto comunque rimane un punto di partenza essenziale e certificabile, poi il vero valore del titolo andrebbe verificato attraverso l’accertamento di merito , competenze ed etica professionale utilizzando un sistema di meccanismi e strumenti che vadano a riscontrare e ad individuare anche corresponsabilità in chi certifica .Questa ennesima diatriba, in realtà poco dibattuta, nasconde l’insidia del controllo dell’istruzione giustificata dall’incapacità del sistema di rispondere alla sua missione istituzionale, alla qualità della formazione, sbilanciata e inadeguata di fronte alla dimensione di massa della formazione superiore ,un sistema che non ha saputo o voluto trovare un punto di equilibrio tra la moltiplicazionedei compiti e la l’identità unitaria della formazione precipitando l'intero comparto della formazione superiore nella ragnatela degli intrecci ,degli accordi e delle intese tra il mondo politico e quello delle imprese con i docenti trasformati in sacerdoti adoranti di questo oscuro medioevo ipercapitalista

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